La Caferri nel suo libro "Il paradiso ai piedi delle donne" cita lo studioso egiziano Abu Zyad, che ha avuto tanti fastidi per avere trovato nel Corano elementi in favore della parità dei diritti uomo-donna. Ma presta anzitutto attenzione alla "rivoluzione" delle femministe islamiche. Alcune animatrici di questa rivoluzione, in realtà una scuola di pensiero divisa in tante correnti, rifiutano il termine femministe, mentre altre rifiutano di essere definite islamiche. Per motivi opposti, entrambe ritengono inconciliabili le due espressioni. Ma in generale sostengono che Islam e parità dei diritti non sono in contraddizione. E che una corretta interpretazione dei testi religiosi, non più di impronta maschile, possa legittimare la coabitazione. Si tratta in realtà di far convivere Islam e democrazia. Uno dei grandi problemi posti dalle Primavere arabe che le femministe islamiche possono aiutare a risolvere.
Seguire i passi delle donne nel mondo islamico è fondamentale, sostiene Giorgio Pagano, Presidente dell'Associazione: "Perché se la sfida sui diritti femminili è ancora aperta in molti paesi, in nessun luogo è importante come nel mondo musulmano: è dall'esito di questo braccio di ferro 'tra riscatto e sottomissione' che si capirà chi vincerà lo scontro fra conservatori e riformisti". E quali scenari futuri si apriranno per questa regione del mondo così densa di contraddizioni e così importante per il destino di tutti noi.
Del progetto "Mediterraneo diviso. Prove di dialogo" fa parte anche la mostra fotografica "Paesaggi e luoghi della civiltà mediterranea", allestita agli Archivi Multimediali "Sergio Fregoso", che sarà visitabile fino a sabato 15 ottobre. Per ogni informazione sul progetto e sul cartellone autunnale dell'Associazione si può visitare il sito (qui)