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Gemma Calabresi Milite apre "Monterosso un mare di libri" In evidenza

 

Giovedì 7 luglio ore 21,30


Inizia Giovedì 7 luglio ore 21,30 la rassegna “Monterosso: un mare di libri”, giunta alla sesta edizione. Al Molo dei Pescatori, con ingresso libero a tutti sino a esaurimento posti, Gemma Calabresi Milite presenta “La crepa e la luce” (Mondadori). Interviene Emanuele Moggia, sindaco di Monterosso. Il libro è il racconto di un cammino, quello che Gemma, vedova del commissario Calabresi, ha percorso dal giorno dell'omicidio del marito, cinquant'anni fa. Una strada tortuosa che, partendo dall'umano desiderio di vendetta di una ragazza di 25 anni con due bambini piccoli e un terzo in arrivo, l'ha condotta, non senza fatica, al crescere i suoi figli lontani da ogni tentazione di rancore e rabbia e all'abbracciare, nel tempo e con sempre più determinazione, l'idea del perdono. Un racconto che, partendo dalla vita di una giovane coppia che viene sconvolta dalla strage di Piazza Fontana, attraversa mezzo secolo, ricucendo i momenti intimi e privati con le vicende pubbliche della società italiana. Un'intensa e sincera testimonianza sul senso della giustizia e della memoria ma anche una storia di amore e pace. Secondo appuntamento Domenica 10 luglio ore 21,30 con Federico Rampini


 La crepa e la luce. Sulla strada del perdono. La mia storia (Mondadori, 2022) di Gemma Calabresi Milite racconta il percorso di perdono dell’autrice, vedova del commissario Luigi Calabresi, assassinato a Milano la mattina del 17 maggio 1972 davanti alla sua abitazione. Il Commissario Capo di Pubblica Sicurezza e addetto all’Ufficio politico della Questura milanese era accusato di responsabilità nella morte di Giuseppe Pinelli. I colpevoli furono individuati e condannati solo dopo molti anni: Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, come esecutori, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, i mandanti dell’assassinio. Tutti esponenti di Lotta Continua.


La fotografia in bianco e nero di due neo sposi felici: lei in primo piano, che sorride verso l’obiettivo, il suo abito bianco è semplice e lineare, senza fronzoli; il viso dello sposo è offuscato, lontano, ma si intuisce il suo sorriso. Le mani di entrambi sono unite, si sono appena promessi di amarsi per sempre. È questa la suggestiva copertina del testo, dedicato ai suoi figli: “A Mario, Paolo, Luigi, Uber”, dove l’autrice, nel raccontare la propria vita che è anche la storia degli ultimi settant’anni del nostro Paese, dimostra che si può vivere una vita d’amore anche dopo un dolore dilaniante. Che si può credere negli esseri umani anche dopo averne conosciuto la meschinità, che si può trovare la forza di cambiare prospettiva, allargare il cuore, sospendere il giudizio. Appare quindi preziosissima la sua testimonianza di fede e di fiducia, che in queste intense pagine racconta con empatia e lucidità l’esperienza più significativa che le sia mai capitata nella vita, quella che ha dato un senso vero e profondo alla propria esistenza: perdonare.

Una strada lunga e percorsa in salita, quella del perdono, cominciata il 17 maggio del 1972, quando, in seguito all’omicidio del marito, Gemma Calabresi rimase vedova a soli 25 anni con due bambini piccoli e un terzo in gestazione. Allora umano e comprensibile era stato il desiderio di vendetta di questa giovane, che avrebbe saputo crescere i figli lontani da qualsiasi tentazione di rabbia o di rancore.

Il volume è anche l’occasione per Gemma Calabresi Milite (sposata in seconde nozze con il poeta e pittore Tonino Milite, scomparso nel 2015) per ricordare gli anni dell’infanzia, quarta di sette fratelli, figlia di un industriale di tessuti, appartenente a una famiglia numerosa, fortunata e molto religiosa, di una religiosità gioiosa e attiva. Il benessere della famiglia era frutto della fatica quotidiana, quindi i fratelli Capra erano cresciuti ed erano stati educati con la certezza che l’unico modo per stare bene nel privilegio era quello di condividerlo con chi non ne aveva affatto. Gemma, classica ragazza di buona famiglia, che lavorava come segretaria del padre, aveva conosciuto Luigi Calabresi a una festa di Capodanno, il 31 dicembre 1967, ed era diventata la signora Calabresi il 31 maggio 1969. Tornati dal viaggio di nozze, Gemma era già incinta del primogenito, Mario. Quando stava per entrare nel settimo mese ci fu un’esplosione in centro a Milano, una bomba messa nella sede della Banca nazionale dell’agricoltura uccise 17 persone e ne ferì 88.

La strage di Piazza Fontana cambiò il corso di tante cose, non solo quello della storia del nostro Paese, ma quello della vita di Gemma Calabresi e di suo marito.
La tragica morte di Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra dell’ufficio del commissario Calabresi nella questura di Milano, dove era trattenuto per accertamenti in seguito all’esplosione della bomba, scatenò una campagna di odio nei confronti del Commissario, diventato il bersaglio di un linciaggio. Una parte della stampa, capeggiata da Lotta continua, l’avrebbe accusato di avere gettato dalla finestra Pino Pinelli. Il 9 maggio 2009 le vedove Pinelli e Calabresi, invitate al Quirinale, nel Giorno della Memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi, dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che voleva dare un messaggio di pacificazione al Paese, si erano abbracciate.

«”Peccato non averlo fatto prima” ha detto la signora Licia, e io quella frase non la dimenticherò mai».

 

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