Tra i numerosi passi della “Commedia” dedicati alla Lunigiana, uno dei più noti è di certo quello del XVI canto del Paradiso che inizia con il verso “Se tu riguardi Luni ed Orbisaglia”.
A parlare è l’avo di Dante Cacciaguida, il quale, nel descrivere la situazione di Firenze alla fine del Duecento, intende sottolineare come non solo “le schiatte si disfanno” (ovvero le famiglie si estinguono), ma anche “le cittadi termine hanno”.
Il riferimento all’antica Luni, distrutta non solo dalle incursioni saracene ma soprattutto dall’interramento del suo golfo e dall’imperversare della malaria, doveva in effetti essere per quel tempo molto significativo. Lo riprende in qualche modo, nel 1465, la bolla di Papa Paolo II con cui il titolo diocesano, da Luni che era, diventa Luni-Sarzana. Paolo II, parlando di Luni, afferma, tra l’altro, che “non esiste speranza alcuna di poterla riedificare” e così, pochi anni dopo, nel 1469, anche l’imperatore Federico III concede a Sarzana, di Luni considerata erede, il titolo di “città”.
Lo stesso titolo che oggi - certo in un contesto storico, culturale e sociale completamente diverso - un decreto del presidente Sergio Mattarella ha per così dire “restituito” a Luni: non però, come si comprende, alla città romana distrutta, che tale è rimasta, bensì al comune di Luni, che quattro anni fa, dopo un referendum popolare, recuperò quel nome da quello precedente di Ortonovo.
E’ stato il prefetto della Spezia Maria Luisa Inversini a consegnare in modo ufficiale nei giorni scorsi l’atto presidenziale all’attuale sindaco Alessandro Silvestri. Curioso dunque, al di là, come detto, del contesto profondamente mutato, che proprio nell’anno dedicato a Dante un atto ufficiale della Repubblica sembri “smentire” in qualche modo un celebre passo del Paradiso. La qual cosa potrebbe forse, come il sindaco si è augurato, rilanciare la storia e l’immagine di Luni quanto meno sotto il profilo turistico.