Mercoledì 20 settembre 1865, esattamente 155 anni fa, veniva inaugurata nel monastero di Santa Croce di Punta Corvo a Bocca di Magra una stele a ricordo della presenza di Dante Alighieri in quel luogo.
In quei giorni era in corso a Spezia il convegno nazionale degli scienziati e naturalisti italiani (l’Italia istituzionale esisteva da quattro anni) e i partecipanti – tra i quali si trovava anche l’abate Antonio Stoppani, l’autore del “Bel Paese” – avevano ritenuto di dedicare una giornata proprio a raggiungere via mare il monastero, allora di competenza del capitolo della cattedrale di Sarzana al quale lo aveva assegnato Papa Niccolò V, e a rendere omaggio al poeta.
Quell’anno correva il sesto centenario della nascita di Dante, avvenuta a Firenze nel 1265. L’anniversario attuale merita una considerazione particolare dal momento che siamo invece alla vigilia di un altro centenario dantesco, il settimo dalla sua morte a Ravenna (1321), e che il governo italiano ha invitato tutte le realtà istituzionali e culturali del paese a ricordare in modo adeguato la figura dell’autore della “Divina Commedia”.
Noi non sappiamo con certezza se Dante sia stato al Corvo, ma dobbiamo ritenerlo molto probabile (così come lo ritennero 155 anni fa gli scienziati di tutta Italia), essendo difficile che Giovanni Boccaccio abbia inventato di sana pianta l’incontro del poeta con il monaco benedettino frate Ilaro. Nella lettera attribuita a Ilaro, come è noto, questi si sarebbe trovato di fronte un uomo sconosciuto, al quale avrebbe chiesto che cosa cercava in quel luogo, ottenendo come risposta una parola soltanto, “pace”.
Si sarebbe trattato appunto di Dante, che poi avrebe consegnato al monaco il testo originale dell’”Inferno”, da far avere al signore di Pisa Uguccione della Faggiola. Quell’episodio e l’anniversario odierno, a un anno dal nuovo centenario, ci inducono dunque a riflettere su due aspetti particolari della vita di Dante: l’importanza che ebbe per lui la Lunigiana e le profonde radici cristiane della sua esperienza sia umana sia letteraria.
Dante non fu molto a lungo in Lunigiana, ma amò questa terra, come dimostrano i numerosi e ripetuti riferimenti contenuti nella “Commedia”. Quei riferimenti, al di là del loro valore poetico e storico, sono per l’appunto intrisi di radici cristiane, alle quali l’esule fiorentino attingeva non senza fatica nella ricerca di quella “pace”, esteriore e soprattutto interiore, chiedendo la quale si presentò al meravigliato frate Ilaro. Possiamo ritenere importante, nei prossimi mesi, tornare su questi argomenti e svilupparli, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, come del resto siamo invitati a fare dalle autorità del nostro paese.
testo di Egidio Banti