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La nuova centrale a gas occuperà 4 ettari: "Strategica per la rete nazionale" In evidenza

di Gabriele Cocchi - Emissioni in un raggio di 20 km. Lo studio: "Non modificheranno la salute dei residenti". Grondacci: "Ecco cosa non va". Addio a Futur-E.

Emergono nuovi interessanti particolari sul progetto della centrale a gas che sostituirà l’attuale gruppo a carbone dell’impianto “Eugenio Montale”.

Lo studio ambientale preliminare, che Enel ha affidato alla multinazionale Cesi, il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, mette in fila aspetti fondamentali per il territorio, dall’impatto sulla salute degli spezzini alle conseguenze sull’ambiente circostante.

Ma il primo dato che salta all’occhio è l’indicazione dell’area, all’interno del perimetro della centrale, che verrà interessata dal progetto della nuova unità a gas naturale, pari a circa 42.400 m2.

4 ettari su un totale di circa 72, il 5.8 per cento. Una proporzione che, stando ai numeri, non chiuderebbe necessariamente la porta ad eventuali altri utilizzi del resto dell’area. Sempre, ovviamente, in un’ottica industriale.

SPEZIA NELLO SCENARIO ENERGETICO NAZIONALE

Perché proprio la riconversione a gas? È la stessa Cesi, per conto di Enel, a spiegarne le ragioni: “La non realizzazione del progetto si tradurrebbe nella perdita di una concreta occasione di modificare la centrale termoelettrica “Eugenio Montale” di La Spezia in un impianto di ultima generazione, ai massimi livelli oggi perseguibili in termini di efficienza energetica e ricadute ambientali, con un rendimento elettrico netto della stessa più elevato di oltre 22 punti percentuali e con una significativa riduzione delle emissioni gassose rispetto alla configurazione autorizzata”.

Per il Centro elettrotecnico sperimentale italiano, la svolta si inserisce anche all’interno del quadro di importazione dell’energia elettrica nella rete nazionale: “Non intervenendo sulla centrale – si legge nello studio – verrebbe meno la funzione strategica che potrebbe avere la stessa considerando lo scenario di cambiamento che va delineandosi a livello europeo che prevede una sostanziale diminuzione dell’import di energia elettrica dall’estero (...) e per i contestuali impegni presi anche dall’Italia in termini di riduzione delle emissioni complessive di CO2 che si prevede potranno portare ad una progressiva uscita di produzione delle centrali a carbone”.

Ragioni di sicurezza e stabilità energetica, quindi, collegate alla rete elettrica nazionale. In questo scenario la centrale spezzina rivestirebbe un ruolo di grande importanza. Da qui la decisione di Enel di continuare ad utilizzarla, seppur in altre forme.

“Il nuovo gruppo Turbogas – si legge nello studio – sarà inserito in un edificio monopiano in struttura metallica e chiuso con pannelli di tipo sandwich”. I fumi verranno rilasciati in aria attraverso una ciminiera in acciaio dal diametro di 8,5 metri e dall’altezza di 90.

Durante l’attività del cantiere, verranno realizzati lavori di demolizione e costruzione di nuove opere, tutti all’interno dell’area già oggi utilizzata da Enel. Per i primi 12 mesi, Enel stima di utilizzare fino a 15 camion al giorno, mentre per il restante periodo di lavori fino a 10 camion in media.

Non viene escluso un “potenziale rischio di inquinamento della matrice suolo e acque sotterranee”. “In fase di cantiere – precisa lo studio di Cesi – saranno comunque predisposte tutte le modalità operative previste atte a minimizzare il rischio di eventuali incidenti (intesi come sversamenti accidentali)”.

“Si ricorda poi che tutte le aree di deposito e lavorazione saranno impermeabilizzate – prosegue lo studio – e i reflui saranno gestiti in modo da non interferire con le matrici acque e suolo/sottosuolo (...) Si ritiene che detto impatto potenziale sia basso e comunque a carattere strettamente locale e temporaneo”.

"VIA" E DISMISSIONE: IL COMMENTO DI GRONDACCI

Il giurista ambientale Marco Grondacci mette in luce alcuni punti delicati del progetto: prima di tutto la procedura di verifica dell’assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale a cui è sottoposto.

“Visto che la nuova unità a gas supererà ampiamente i 300 MW, a mio parere la procedura doveva essere subito sottoposta a Via ordinaria, anche se la norma in questo caso è ambigua – fa notare Grondacci – Enel avrebbe dovuto partire direttamente così: non è una questione secondaria, con la Via ordinaria ci sono parametri ambientali più stringenti. La verifica di assoggettabilità è un segnale preoccupante”.

A uscire di scena, invece, è il programma di riconversione delle centrali termoelettriche (tra cui quella spezzina) di Enel "Futur-E", di cui nei mesi scorsi si era fatto un gran parlare per la futura destinazione dell’area: “Questo progetto non rientra affatto nei criteri di Futur-E, che prevedevano, ad esempio, proposte dal mondo imprenditoriale e una concertazione per stabilire il futuro dell’area”, osserva Grondacci.

Altro punto fumoso è la data della dismissione del gruppo a carbone. Il termine del 2021, annunciato a più riprese, pare difficilmente rispettabile. Non fosse altro che per lo stesso cronoprogramma di Enel, che prevede circa due anni di tempo per la messa fuori servizio del gruppo, dopo l’aggiudicazione della gara per i nuovi lavori di costruzione della centrale a gas. Sembra già tropo tardi.

“Il ministero dell’Ambiente – spiega Grondacci – ha stabilito che le centrali a carbone in fase di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, come quella spezzina, dovranno comunque chiudere nel 2025. Enel ha presentato ricorso al Tar del Lazio, sostenendo che non può rispettare una data precisa perché non è in grado di prevedere l’evoluzione del mercato energetico, quindi deve riservarsi un margine di discrezionalità”.

Non solo: l’Autorizzazione integrata ambientale della centrale a carbone spezzina è del 2013, ma visto che l’impianto è eco-certificato, ha una validità di 16 anni, fino al 2029.

Un groviglio di date e previsioni che lascia intuire come il limite temporale del 2021 difficilmente potrà essere rispettato.

L'IMPATTO SULLA SALUTE

Lo studio ambientale di Gesi si conclude con l’affermazione che forse porta con sé il maggior interesse, e che inevitabilmente susciterà forti polemiche: “Complessivamente, in base alle considerazioni effettuate, si conferma che l’interferenza del progetto sulla popolazione potenzialmente esposta nell’area interessata dallo stesso sarà trascurabile, pertanto non si ritiene che il progetto possa modificare lo stato di salute della popolazione residente”.

Sì perché nello studio viene ribadito più volte come la nuova unità a gas migliorerà l’impatto sull’ambiente e sulla salute rispetto al quadro attuale. Facile l’obiezione: senza l'arrivo del gas e con l’annunciata dismissione del gruppo a carbone, non sarebbe stato necessario alcun paragone con il presente, per il semplice motivo che le emissioni sarebbero state pari a zero.

Ma Gesi e Enel presentano la riduzione delle emissioni come un valido motivo per la transizione: “I risultati modellistici evidenziano i miglioramenti derivanti dallo scenario di progetto che, prevedendo il funzionamento solo del nuovo gruppo turbogas, permette di eliminare le emissioni di biossido di zolfo (SO2) e particolato primario (PM10 e PM2.5) e ridurre di quasi di un ordine di grandezza quelle degli ossidi di azoto (NOX). In tale scenario, le ricadute attese associate alle emissioni convogliate dalla centrale risultano sempre sostanzialmente inferiori rispetto allo scenario attuale per tutti i principali inquinanti: SO2, NOX e PM. La realizzazione del progetto proposto consente inoltre, riducendo le emissioni di CO2 oltre del 60%, di ottenere un beneficio nel contrastare il cambiamento climatico”.

A controllare le emissioni dei camini sarà un apposito sistema di monitoraggio, che dovrà garantire il rispetto dei limiti di legge.

Le emissioni gassose, secondo lo studio, ricadranno al suolo in un raggio di 20 km attorno alla centrale: un’area che comprende due regioni (Liguria e Toscana), 13 Comuni (Follo, La Spezia, Sarzana, Santo Stefano, Riccò del Golfo, Arcola, Riomaggiore, Ameglia, Lerici, Portovenere, Bolano, Vezzano Ligure e Aulla) e circa 191 mila abitanti.

L’ANALISI EPIDEMIOLOGICA

Il dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università Tor Vergata di Roma ha condotto un’analisi epidemiologica sull’area in questione, raccogliendo dati sullo stato di salute della popolazione spezzina.

Rispetto alla popolazione nazionale, quella spezzina presenta “significative – seppur lievi – differenze rispetto al dato nazionale, sia per eccesso (disturbi respiratori) che per difetto (patologie cardiovascolari)”.

Ma l’incremento di mortalità per patologie respiratorie, secondo lo studio, non sarebbe da ricollegare agli effetti della centrale a carbone, quanto piuttosto agli stili di vita degli spezzini (ad esempio consumo di alcol e percentuale di fumatori), in controtendenza rispetto al resto della Liguria.

Questo il passaggio che salta all’occhio: “Basti pensare che, per quanto concerne gli stili di vita individuali, la Asl 5 spezzina presenta dati molto negativi, rispetto all’Italia e rispetto alla Regione Liguria, per molti dei principali indicatori: l’area di La Spezia presenta, infatti, una prevalenza di adulti fumatori, di alcolisti e di soggetti con eccesso ponderale (sedentari + obesi) più alte della media regionale e nazionale. I fumatori tra i residenti risultano essere il 31% dei residenti nell’area, percentuale decisamente superiore al 27% della Regione Liguria e al 28% dell’Italia”.

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