Sicurezza, termine tanto ambito ma spesso solo chimera burocratica: “Sul tema delle aree retroportuali siamo a richiamare l’attenzione del Governo, in particolare del Prefetto, che a sua volta richiami chi di dovere sulle problematiche della sicurezza, non solo degli autotrasportatori ma anche di chi transita. Che siano cittadini, imprese o lavoratori” – così si apre il documento/richiesta firmato dalle Associazioni in questione.
La problematica è conosciuta e da tempo discussa, e riguarda il caos degli automezzi pesanti che si accalcano per entrare nei terminal santostefanesi. Code che arrivano ben oltre il raccordo autostradale ed accumuli dei mezzi per mancanza di aree apposite di sosta ed interscambio dove fermarsi prima di accedere ai gates. Gli stessi poi sono considerati “insufficienti in entrata ed in uscita e con entrate ed uscite spesso appaiate, mancano poi gli spazi all’interno dei terminal e adeguata informatizzazione”, spiegano CNA e Confartigianato.
Un traffico pesante spostato da tempo dall’area portuale degli Stagnoni a quella retroportuale di Santo Stefano che, con l’aumento costante della necessità di mercato, con il crescere del porto e del trasporto su gomma (l’80% delle merci viaggia così in Italia), rischia di fare collassare in breve questa zona.
“Non sappiamo più come segnalare la problematica che cresce e non vogliamo aspettare nuovi incidenti per essere ascoltati – hanno spiegato questa mattina nel sopralluogo in zona, Stefano Crovara (Fita Cna) e Stefano Ciliento (Confartigianato Trasporti) - non è possibile continuare a lavorare in questo modo con un porto che fortunatamente cresce, ed è riferimento per le movimentazioni del Mediterraneo, ma non viene seguito da opportuni investimenti nelle aree di interscambio. Gli autisti sono costretti a passare ore in coda in situazione di forte disagio perchè le strade di accesso sono strette e non consentono soste e manovre, creando così insicurezza e inquinamento ambientale per se stessi e anche per i normali cittadini. Inoltre le lunghe attese diventano automaticamente un costo – proseguono in coro – anche i terminalisti dovrebbero attrezzarsi adeguatamente, vista la crescita di lavoro, con nuove opere sui gates e più personale, mentre ora l’aumento della mole dei traffici va a pesare solo sugli autotrasportatori trasformandosi da eventuale beneficio a puro e semplice costo”.
E in effetti girando insieme a loro nelle aree dei gates la situazione di pericolosità è evidente ed il transito nella bretella stradale mette un po’ in imbarazzo, non solo per le code dei mezzi ma per il loro muoversi costante e ansioso nelle stradine sottostanti.
Camion avanti e indietro in transito nervoso, rumore e scarichi e anche, e soprattutto, forte stress per gli autotrasportatori incolonnati confusamente tra controlli, mancanza di aree di sosta e manovra e necessità di nuove viabilità.
I tre terminal principali (e altri secondari) crescono attivi quindi, e ciò è un bene, ma non si adeguano all’aumento dei mezzi necessari per servire tale crescita, creando una situazione di pericolo per i conducenti costretti a scendere in spazi angusti tra i pochi stalli a disposizione e anche un’ovvia lentezza nei tempi di scarico e ricarico container con conseguenti code.
Sul luogo sono impressionanti le file di container accatastate verso il cielo, sino a 8 piani uno sopra l’altro tra i cui corridoi corrono veloci “muletti” futuristici e sempre attivi.
“Su chi gravano i tempi delle attese? – si chiedono Cna e Confartigianato – sulle imprese di autotrasporto serie. Richieste inevase da parte degli Enti, dopo un incontro svoltosi con il Comune di Santo Stefano ormai alla fine del 2018 siamo alle solite: ormai da oltre 20 giorni abbiamo chiesto di riconvocare il tavolo come da accordi presi a dicembre (allargandolo all’autorità Portuale, alla Polizia Stradale e ai terminalisti), ma la data fissata per il 23 è saltata e siamo ancora in attesa, malgrado gli eventi dello scorso venerdì dove la coda arrivava sino all’innesto autostradale – denunciano ancora – e la cosa singolare da segnalare è che ogni volta dobbiamo noi chiedere un incontro, come se a chi governa quel territorio la sicurezza (non solo degli autotrasportatori) non interessasse”.
Un’ulteriore problematica aggiunta, che grava sempre sui trasportatori e ne amplia tempi e sicurezza, è il “controllo container” che viene addebitato all’autista, quello stesso autista poi che, come abbondantemente segnalato in ogni terminal, ha (o avrebbe) l’obbligo di stare seduto a bordo con le mani ben strette sul volante.
In teoria l’autista dovrebbe arrivare e ritirare il contenitore idoneo, cioè precedentemente controllato dagli addetti del terminal e magari già rifornito di apposito sigillo di idoneità, e portarlo dal “punto A” al “punto B” dove è previsto il carico dello stesso.
Ma così non è, e questo controllo viene tacitamente addossato agli autisti.
Un compito che li obbliga a; scendere dalla cabina, aprire il container, entrare e controllare eventuali buchi nella lamiera, regolarità delle assi del pavimento, pulizia e odori residui (nel caso di carico alimenti), richiudere, fissare e partire.
Una evidente lungaggine che crea code e una responsabilità addossata sull’autista (cui non compete) che poi ne risponderà nel caso il container non venga riconosciuto idoneo dalla fabbrica che dovrà caricarlo.
Un viaggio quindi inutile e costoso nel caso, poi non riconosciuto e non pagato dall’armatore.
“Terminalista ed armatore debbono consegnare unità idonee secondo i criteri necessari, sono loro i periti e non i nostri autisti – concludono CNA e Confartigianato – attendiamo un incontro veloce per trovare soluzioni urgenti".