Lo ha detto il vescovo Luigi Ernesto Palletti, celebrando ieri la messa del pellegrinaggio del primo sabato del mese, che a Luglio ha fatto tappa al santuario della Madonna della Speranza, a Ziona di Carro, nel verde ormai estivo dei monti della Val di Vara.
«Oggi siamo venuti ad un santuario che porta nel nome il legame di Maria con la virtù della speranza», esordisce Mons. Palletti, che sottolinea da subito il legame tra speranza e sapienza. La vera speranza «non è uno “speriamo che vada bene, che non mi succeda questo o che mi succeda quello”. Questa è la casualità, non la speranza. La speranza del vangelo è altra cosa. Si basa sulla sapienza e viene da Dio. Non è legata al caso, ma a Qualcuno che dà stabilità. E’ Gesù la speranza che si concretizza nella nostra vita». Parafrasando Giovanni, potremmo dire che “Dio si è fatto speranza”.
«Guardando a Gesù vediamo che la speranza richiede anche un cammino da compiere verso di Lui, che è la mia certezza. La nostra speranza si basa sulla certezza della Sua morte e resurrezione».
La speranza di essere salvi non è legata al caso, ma alla certezza della selvezza seguendo Gesù. «Il Signore compie per noi le promesse del Vangelo – spiega Palletti. Ma chiede di seguirlo (“se sarete miei discepoli”, “se vuoi”, “se uno mi ama”, “se segue i comandamenti”, etc.)». Le promesse sono certe, ma sfidano la nostra libertà. E lì inizia il cammino della speranza. «La promessa è certa. Ma bisogna camminare con atti di fede e di carità (“qualsiasi cosa fatta al più piccolo l’avete fatta a me”). Speriamo nella Sua misericordia, provvidenza e amore. Non abbiamo ancora una visione completa. Serve un cuore che si affida alla Sua parola e cammina nella Sua parola. Maria è madre di speranza perchè è madre di sapienza. La speranza è già certezza: “fate quello che vi dirà”. La speranza è sicura, ma va abbracciata giorno per giorno».
Il vescovo ha poi concluso ricordando l’intenzione principale dei pellegrinaggi mariani del primo sabato del mese. «La nostra chiesa spezzina ha una speranza particolare, che Gesù chiami nuovi sacerdoti e che chi è chiamato sappia dire il proprio “sì” senza tentennare. Sappiamo quanto bene c’è nella Chiesa e quanta necessità nelle nostre comunità».
Di Francesco Bellotti