«La visita di Maria è un atto di solidarietà verso una parente. C'è anche un motivo di fede, perchè le parole con cui l'angelo Gabriele avevano annunciato a Maria il concepimento di Gesù avevano fatto riferimento anche alla maternità dell'anziana cugina Elisabetta. E il momento più bello dell'incontro tra Maria ed Elisabetta è quando i bambini sussultano nel grembo delle rispettive madri. Sono quattro persone che si incontrano e dialogano tra loro».
«E' un segno, questo, di quanto accade a noi ogni giorno. Anche incontrando un malato, come nel ventre di Maria, c'è la presenza del Signore. C'è sempre qualcosa che sta sotto, è l'indistruttibile dignità umana».
«C'è una particolare associazione tra la malattia e il mistero di Gesù sulla croce. Occorre avere uno sguardo purificato, per saper vedere queste cose. Non bisogna partire dalle proprie certezze, ma sperimentare compassione. Non è una commiserazione, ma un partecipare alla sofferenza dell'altro. Attraverso la compassione, il silenzio e altri gesti significativi possiamo arrivare al cuore degli altri. E' un condividere gli uni i pesi degli altri. Possiamo portare speranza se siamo riconciliati noi. Ogni incontro, allora, diventa un opportunità di bene, di crescita».
«La malattia non è tempo di mera passività, dove tutto ci piove addosso. Dobbiamo avere la certezza che, anche quel momento, che sembra negare il nostro desiderio di felicità, è un'opportunità, ad esempio di guarigioni sia in via ordinaria sia straordinaria, come accade a Lourdes. Il Signore appare nascosto ma ci dà le tracce per poterlo trovare. Bisogna accostarsi alla malattia con spirito di servizio e fede».
«Maria ci aiuti a scoprire suo figlio, a farci sentire la Sua grazia, proprio come avvenne a lei e Giovanni, sotto la croce, nell'affidamento reciproco chiesto dallo stesso Gesù».