Francesco Vaccarone ha avuto un'importanza strategica nella crescita culturale, politica e intellettuale della mia generazione. Ha dato moltissimo alla sua città in termini artistici e culturali contribuendo in maniera attiva, assieme a Valerio Cremolini, alla nascita del Camec quando ero presidente dell'Istituzione Servizi Culturali.
Già nel 1966 aveva organizzato in città un convegno del Gruppo '63 con Nanni Balestrini, Edoardo Sanguineti e Umberto Eco, di cui è rimasto sempre fiero. Quando Giancarlo Fusco tornava alla Spezia io, Francesco e Gino Patroni lo attendevamo al Peola per un aperitivo. Per me è stato un amico fraterno, un uomo carico di ironia e sorrisi anche nei momenti difficili dell'esistenza. Quando festeggiò i suoi primi quaranta anni – era il 1980 – nella Trattoria dei Due Gemelli sulla Litoranea gli regalai un long play di Paolo Conte intitolato "Un gelato al limon". Corsi e ricorsi della storia il long play è tornato di moda, il gelato al limon è sempre delizioso e pure i Conte non se la passano male in politica, nella canzone e nello sport. Quel long play era una sorta di risarcimento che gli dovevo dal lontano 1972 quando il maestro mi dotò della mia prima macchina: una Fiat 500 blu con la portiera che si apriva sul davanti.
Allora ero un giovane cronista dell'Unità e con quell'auto arrivavo sul luogo del delitto e aprivo lo sportello ancor prima che la 500 si fermasse. Un gioco da ragazzi. Solo che distrattamente non mi curai dell'olio e la povera 500 blu andò a fuoco ed essendo ancora di proprietà della famiglia Vaccarone dovemmo fare un po' di carte per dichiararla defunta. In realtà altri risarcimenti li fece quando gli organizzai una mostra alla galleria comunale di Piombino, allora feudo rosso, prestigioso presidio della cultura operaia e scrissi un indimenticabile articolo su una esposizione tenuta a Firenze dall'emblematico titolo: "La dimensione assente di Francesco Vaccarone".
Rammento soprattutto un viaggio a San Marino dove nel 1978 ci recammo a bordo della sua DS Citroën. Allora ci pareva di stare dentro un film di François Truffaut.
Marco Ferrari
scrittore
