La nostra provincia, si sa, come tutta la Liguria, gode di un territorio unico. In pochi chilometri c’è tutto: mare, collina, monti.
Spesso però ci dimentichiamo quanto sia importante proteggere il nostro territorio, sia a livello locale che nazionale. I cambiamenti climatici in corso, come il riscaldamento globale e la modifica dei regimi di precipitazione, stanno producendo effetti pericolosi, che nel futuro anche prossimo potrebbero avere conseguenze disastrose sui nostri territori già fragili.
Uno dei fenomeni più rilevanti è quello dell’erosione delle coste.
L’erosione è un fenomeno che contraddistingue da sempre le aree costiere, per ragioni naturali e antropiche, ma che sta diventando sempre più importante ed urgente, in considerazione dei cambiamenti climatici che già caratterizzano il Mediterraneo e sempre più lo caratterizzeranno, con innalzamento del livello dei mari e fenomeni meteorologici con impatti sempre più rilevanti.
Un tema globale, certamente, che non coinvolge solo la Liguria e l’Italia, ma che pesa particolarmente su un territorio, come quello italiano, che ha circa 7.500 km di costa. L’estensione della costa ligure è di 350 km.
In occasione della “Giornata del mare” (11 aprile 2023) la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni scrive in un tweet "L'Italia è una Nazione, allo stesso tempo, continentale e marittima, ma ha spesso dimenticato questa sua duplice identità, si è percepita come una 'Patria senza mare' e non è stata pienamente consapevole di quanto il mare possa essere una risorsa geostrategica, ambientale, culturale ed economica”.
Già si sono registrate situazioni di emergenza: a Hemsby, in Inghilterra, la ritirata della costa ha costretto all’evacuazione di una parte della popolazione e la demolizione delle case ormai a rischio di precipitare in mare; situazione analoga in Normandia, dove negli ultimi anni si sono fatte sempre più frequenti le frane della scogliera con le zone residenziali lungo la costa sempre più a rischio.
E, guardando in casa nostra, tutti ricordiamo nel 2021 la frana del cimitero di Camogli che fece finire sugli scogli 200 bare. Un crollo che sarebbe stato provocato dall'erosione della falesia, aggravata dalle violente mareggiate che hanno colpito la Liguria negli ultimi anni.
E poi ricordiamo alle Cinque Terre la “vecchia” spiaggia di Corniglia che oggi non esiste più. Era una piccola lingua di sabbia e ciottoli protetta alle spalle da un’imponente scogliera rocciosa. Nel giro di pochi decenni la spiaggia è scomparsa, a causa dell’erosione del mare.
Uno studio di Legambiente di due anni fa, ha elaborato un quadro dell’evoluzione dell’erosione delle nostre coste tra il 1970 e il 2020: quasi il 50% delle nostre coste sabbiose è attualmente soggetto a erosione, un fenomeno che negli ultimi 50 anni si è mangiato 40 milioni di metri quadrati di spiagge.
Si tratta di un vero e proprio disastro ambientale, paesaggistico, economico e sociale. Le cause principali sono da ricercare soprattutto in quanto avvenuto negli ultimi decenni sulle coste dal consumo di suolo, con la costruzione di edifici e di nuove opere infrastrutturali portuali o di opere rigide a difesa dei litorali; e poi, i cambiamenti climatici in atto rendono il fenomeno sempre più drammatico.
Di fronte a questo disastro, le cronache nazionali ci parlano del problema delle concessioni balneari.
Le spiagge e le coste italiane sono un territorio demaniale di proprietà esclusiva dello Stato. Fino ad ora le concessioni sono state date dal Demanio a costi irrisori a gestori spesso a conduzione familiare per la durata di 6 anni, rinnovabile automaticamente per altri 6 anni.
La normativa europea (Direttiva europea 123, detta “Bolkestein”) impone che gli stabilimenti siano dati in concessione tramite gare per tutelare il libero mercato. La normativa porta la data del 2006 ma per molti anni i vari governi europei, tra cui quello italiano, hanno posticipato l’attuazione della riforma tramite rinvii.
Anche l’attuale governo con la legge 14/2023 ha prorogato le concessioni demaniali. Tuttavia, non potendosi disapplicare ulteriormente le norme del diritto europeo, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’attuale proroga delle concessioni demaniali è priva di effetto e che dal primo gennaio 2024 le concessioni dovranno essere riassegnate con bandi pubblici.
La preoccupazione è, in particolare, per i piccoli imprenditori che ora temono la concorrenza delle grandi società. Per evitare la crisi economica di molte famiglie, il governo, riprendendo i criteri dettati dal governo Draghi, ha già preparato la legge con la quale le Regioni dovranno emanare le ordinanze e i Comuni espletare le gare, in conformità con la Direttiva dell’Unione. Sono previste modalità di protezione per la messa a gara, introducendo criteri quali l’anzianità e l’affidabilità dimostrata dai concessionari nella qualità del servizio fornita all’utente negli anni pregressi.
Inoltre, sarebbero previsti indennizzi economici per i concessionari uscenti a carico del concessionario subentrante per ammortizzare gli investimenti, compreso l’avviamento dell’attività, nonché la possibilità di accedere a finanziamenti tramite la SACE, la società statale che assicura il credito.
Con l’allineamento dell’Italia al diritto comunitario si pone fine alle proroghe dei rinnovi automatici delle concessioni. Inoltre, si eviterà la procedura di infrazione da parte della UE, che potrebbe far perdere 200 miliardi del PNRR.
Il maggior guadagno con le gare lo avranno soprattutto i Comuni, che finora hanno applicato canoni annuali irrisori alle concessioni. Infatti, i canoni annui di concessione di tutte le spiagge italiane equivalgono al 2% del fatturato degli stabilimenti.
Inoltre, potranno trarre vantaggi dalle gare le grandi imprese strutturate, che potrebbero riuscire ad accaparrarsi diversi stabilimenti nelle diverse località marine, formando vere e proprie catene imprenditoriali.
Se invece le gare dovessero andare deserte, il vantaggio sarebbe per tutti quegli italiani che, volendo risparmiare, riuscirebbero più facilmente a trovare un accesso al mare senza dover pagare.
E quello della penuria di spiagge libere è un altro tema scottante.
Lo certifica il rapporto 2021 di Legambiente, secondo cui trovare una spiaggia libera è diventato difficile. “Le concessioni sul demanio costiero sono arrivate a 61.426, mentre erano 52.619 nel 2018 - spiega l'associazione - Di queste, 12.166 sono per stabilimenti balneari, contro le 10.812 del 2018, con un aumento del 12,5%”
In Liguria la percentuale di costa sabbiosa occupata da stabilimenti arriva al 69,9%. Numeri da record.
Eppure, le spiagge sono un bene pubblico ed andrebbero salvaguardate, garantendo a tutti la possibilità di godere di una giornata in spiaggia, anche a chi non ha la possibilità di mettere mano al portafoglio.
Concludendo: le spiagge in concessione verranno affidate secondo la nuova normativa, le spiagge libere si riducono sempre più, ma la cosa più allarmante è che le spiagge continuano ad erodersi e la loro superficie diminuisce. La prospettiva futura non sembra allettante.
Per approfondire l’argomento delle erosioni delle spiagge, abbiamo contattato l’esperto ambientale spezzino Marco Grondacci. Prossimamente sarà pubblicata l’intervista integrale, nella quale ci illustrerà, in particolare, le criticità a cui è soggetto il litorale spezzino.
(fotografia presa dai social network)