Gli accadimenti si portano dietro sempre un certo portato di simbolismo. Ecco perché mi sono soffermato a guardare la foto del crollo di intonaco nella scuola di Melara. Uno scatto che racchiude, tutte insieme, le anomalie di questo momento. Non voglio entrare nel merito della querelle politica, non è questo il mio intento e da diverso tempo neanche il mio ruolo. Saranno accertati i fatti e definite responsabilità politiche o giudiziarie laddove se ne rilevino gli estremi.
Intendo focalizzare l’attenzione su ciò che quei calcinacci ci dicono. Ci stanno dicendo che non accadrà niente neanche questa volta. Come se tutto ciò che accade avesse la capacità di arrivare, salutare e andarsene. L’epifania come fenomeno irreversibile di tutto ciò che ci circonda, il sensazionalismo come forma testimoniale di risposta (prodotto in parte del linguaggio della disintermediazione tecnologica) hanno fatto sì che oggi tutto si discuta e nulla si discuta. È come ci fossimo abituati a questa danza solipsistica per la quale alla fine è bello parlare senza ascoltare perché la forma massima di libidine è diventata l’autoerotismo del darsi ragione da soli o al massimo tra pochi pochissimi intimi. Le bolle di discussione dei social network ci hanno resi più vulnerabili e suscettibili.
L’intransigenza che si confonde con la determinazione e l’approccio testimoniale confuso con il coraggio dell’azione. Il tutto che ci conduce a confondere la funzione delle regole del gioco. Il gioco che diventa regola e la regola che diventa gioco. Ecco perché siamo di fronte ad uno svuotamento sempre più drastico del ruolo della democrazia come regime realmente riconosciuto e sostenuto da tutti. Siamo di fronte ad un principio di crisi di ciò che si intende per regole (la democrazia) e per gioco (la vita quotidiana delle persone). I calcinacci di intonaco simboleggiano questo caos tragicomico nel quale ci siamo infilati.
Siamo dentro al perenne e infinito loop dell’infingardo. Troppo distratti per poter reagire e troppo poco allenati per dare una risposta all’altezza di ciò che accade.
La fotografia politica di questa fase lo testimonia.
Se da una parte la destra (in Città, in Liguria e al Governo del paese) rivendica con un certo orgoglio la presa del potere che assume i connotati di una “nuova liberazione”, dall’altra parte l’opposizione prova nei confronti dei principali attori di governo (locale, regionale o nazionale non cambia) una sorta di seccatura dettata dall’idea che se è all’opposizione è perché è caduta vittima di un qualche complotto. Il celebre e profetico “anche stavolta non ci hanno visto arrivare” è la sintesi perfetta di ciò che è realmente accaduto, prigionieri di un risentimento che sottintende un vecchio retaggio.
Tutto ciò che arriva dall’esterno della “chiesa” rappresenta una volgarità, bene che vada, oppure un nemico del popolo (quale popolo?) al quale consegnare la patente di? Scegliete voi, ce né per tutti i gusti.
Sui calcinacci della scuola di Melara e sulla testa di quei ragazzi si assiste ancora a questo balletto. Potremmo parlare di questi calcinacci di intonaco o di altro, non è questo il punto. Rimane la grande confusione della distinzione tra le regole e il gioco, tra cause ed effetto, tra mezzo e fine. Regole e consuetudini che sembrano essere scomparse nel nulla. Potrebbero anche essere sotto i calcinacci di quell’intonaco ma nessuna ha la forza, la voglia o forse neanche l’interesse di cercare. Perché alla fine va bene così. Faccio un bel post, scrivo che mi sono indignato e vado a dormire contento e sereno.
E la politica? La politica in questo momento è scomparsa. Ecco perché non succederà nulla. Qualcuno potrebbe rispondermi che è stata fatta un’interpellanza su questi calcinacci o un roboante tweet. E quindi? E quindi niente di niente. Siamo in un vicolo, non so se cieco, ma certamente stretto si, molto stretto. L’indignazione senza la politica è un esercizio teatrale. L’equivalente di comprarsi uno yacht per far vedere la propria ricchezza dimenticando però di assemblarlo con l’elica perché tanto è meglio stare ormeggiati in porto per farlo vedere a tutti anziché navigare in mare aperto.