Chi è Daniela Delucchi?
Daniela all'anagrafe, ma per tutti ormai sono Nea. Sono una quarantenne genovese trasferitasi una decina di anni fa ad Ameglia. Attualmente sono la presidente di Associazione Vittoria e la referente della prima accoglienza e dell'emergenza del centro antiviolenza Maipiùsola di Sarzana.
Ci racconta cosa fa il centro antiviolenza?
I centri antiviolenza sono delle struture che offrono a titolo gratuito supporto, accoglienza e protezione, nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato, a tutte le donne vittime di violenza maschile o che si trovino esposte a tale rischio, congiuntamente ai loro figli. Cercano inoltre di intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile attraverso azioni di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole e sui cittadini.
Nella pratica ci faccia qualche esempio dei vostri servizi
Abbiamo un'utenza telefonica sempre attiva per chiedere aiuto, consigli e informazioni; abbiamo uno sportello di ascolto con operatrici formate che seguono passo passo tutto il percorso della donna e abbiamo avvocate, psicologhe, counsellor che possono intervenire a seconda del progetto individuale. Inoltre quando vi è un rischio elevato abbiamo anche una casa rifugio che può accogliere in maniera segreta e temporanea.
Quali sono i risultati che ha raggiunto il vostro centro?
Il CAV Maipiùsola è giovane: nasce ufficialmente un paio di anni fa dopo quasi 8 anni di gavetta come sportello di ascolto. In così poco tempo, grazie alla straordinaria squadra di professioniste, operatrici e volontarie che lo compongono, ha raggiunto quello che per chi opera in questo settore è il migliore risultato sperato: la fiducia di sempre più donne che si rivolgono a noi per essere protette e supportate nella fuoriuscita dalla spirale di violenza vissuta.
Come ci siete riuscite?
Con entusiasmo, cocciutaggine e anche un bel po' di pazzia, ma non da sole. La rete fatta dalle istituzioni e dalle forze dell'ordine è fondamentale perchè da sole non andiamo da nessuna parte. Siamo fortunate perchè abbiamo sul territorio un pronto soccorso, uomini e donne dell'arma dei carabinieri che sono attenti sia nel far emergere sia nel trattare situazioni delicate anche quando sono nascoste dietro a una "caduta dalle scale" che non è una caduta dalle scale. Un lavoro di squadra fatto di professionalità, umanità e di lavoro congiunto: ognuno con il proprio ruolo ma tutti verso un obiettivo comune.
Le donne sentono questa sinergia ed è più facile, o meglio, meno difficile instaurare quella relazione di fiducia necessaria per arrivare all'obiettivo.
Ci può raccontare una storia (mantenendo l’anonimato) di una donna che si è rivolta a voi?
Ogni storia ci rimane nel cuore. Ogni donna, ogni bambino, ogni sorriso, ogni lacrima, sono una storia da raccontare: è difficile per me estrapolarne solo una.
Ci può dare un’anticipazione sui progetti futuri?
In questi primi anni ci siamo concentrate per creare una rete di protezione nell'emergenza e nel breve periodo, occorre ora creare il cammino più lungo: quello che porta attraverso l'emancipazione e l'autonomia, alla vera libertà. Perchè ad una donna che vuole uscire da una vita fatta di violenza, sottomissione e umilizaione, non dobbiamo offrire assistenzialismo ma dignità, indipendenza e libertà.
Cosa direbbe a una donna che sta subendo o ha subito violenze?
Di tirare fuori tutto il coraggio e chiedere aiuto: non sarà mai lasciata da sola.