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Apre uno sportello antiviolenza nel comune di Lerici: un’occasione per parlare di Iran e Afghanistan In evidenza

di Marina Lombardi - Il primo di un ciclo di incontri sul tema delle donne e dei diritti civili. 

Una conferenza a tema donne, quella che si è svolta nel Comune di Lerici, in occasione dell’apertura dello sportello di ascolto e antiviolenza, frutto di una campagna portata avanti a livello provinciale che vedrà una serie di incontri volti all’informazione ed alla sensibilizzazione su temi attinenti ai diritti civili e alla violenza di genere.

“Una campagna attenta ai temi del femminile, questa giornata è importante sia come momento di ricordo, ma anche come attivazione di sé. Quello che succede in Iran e Afghanistan succede anche in altri parti del mondo e spesso, anche qui in Italia. Cosa possiamo fare noi ogni giorno? Possiamo capire, ascoltare, segnalare quando è necessario” ha affermato l’assessore ai servizi scolastici e all’istruzione, Laura Toracca.

L’evento di oggi “Iran e Afghanistan: le rivoluzioni che hanno fatto fare passi indietro alle donne” è il primo di una serie di incontri il cui calendario e temi verranno resi noti nelle prossime settimane.

Il punto ascolto antiviolenza è attualmente operativo il lunedì pomeriggio e il venerdì mattina e vede operative delle volontarie altamente professionali e delle professioniste avvocate e psicologhe.

“Ci vogliamo rivolgere a tutta la popolazione e vogliamo che si sappia che esiste un punto di ascolto che è stato aperto nell’ambito di una campagna che si sta facendo a livello provinciale, con il Prefetto a capo di tutto, come protocollo per il contrasto della violenza sia nei confronti delle donne che di tutte le fasce deboli”, spiega la dott. Cristina Failla, ex giudice e presidente del tribunale di Massa e attuale presidente della Consulta provinciale femminile.

All’evento hanno partecipato sei ragazze della scuola lericina ProDanza, protagoniste di un video di sensibilizzazione e vicinanza alle donne vittime di violenze, ambientato sopra il castello di Lerici, che hanno letto una lettera su questi temi di fronte al pubblico.

A seguito della proiezione di un altro video, realizzato dai ragazzi e dalle ragazze dell’istituto Cardarelli della Spezia, che racconta il tema della violenza contro le donne tramite le recenti manifestazioni di protesta svolte in tutto il mondo, interviene la Docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Pisa Marinella Neri.

Iran e Afghanistan: le donne perdono potere ma le proteste aumentano

Mai così tante sono state le proteste da parte delle donne come nell’ultimo anno, eppure, si continua a temere per la propria vita. Le ultime, le cinque ragazze iraniane che postano un video sui social mentre danzano a Teheran, sfidando il regime, adesso ricercate.

I giornali occidentali si sono riempiti negli ultimi mesi di notizie costanti sulla condizione delle donne in Iran e Afghanistan, a seguito dell’uccisione di Mahsa Amini, una ragazza curdo-iraniana uccisa dalla polizia morale a Teheran perché aveva un ciuffo di capelli fuori dal velo.

Tra l’iconico taglio di una ciocca di capelli in segno di solidarietà e vicinanza, alle strade delle città di tutto il mondo che si sono riempite di donne scese in piazza, le manifestazioni di solidarietà e protesta hanno preso campo in tutto il mondo e la sensibilizzazione sulla violenza contro le donne è un processo che si alimenta giorno per giorno, ma ancora non basta.

Ma per capire il legame tra i due paesi, spiega la Prof.ssa Neri, è necessario capire da dove tutto ha inizio. “Si tratta di due paesi molti diversi tra loro, ma che convergono per le vicende di un anno in particolare, il 1979”.

In Iran l’Ayatollah Khomeini rientrava a Teheran dopo l’esilio in Francia, accolto in maniera trionfale anche da parte delle donne, da vita all’inizio della storia della Repubblica Islamica.

Nel frattempo, in Afghanistan, la monarchia costituzionale, in cui le donne vivevano una condizione di maggiore spazio, viene rovesciata e sale al potere un regime marxista filo sovietico che regna fino al 78, introducendo anche una prima legislazione che voleva modificare le regole del matrimonio più tradizionali, alimentando presto una protesta del settore dei conservatori. Nasce quindi il timore di un’espansione del fondamentalismo islamico dell’area limitrofa che porta l’Unione Sovietica ad invadere l’Afghanistan, scatenando reazioni interne che portano alla nascita dei talebani. Il fondamentalismo islamico acquista potere e combatte l’invasore sovietico, finanziato indirettamente dalla CIA.

Dall’inizio degli anni 80 il fattore religioso irrompe nelle relazioni internazionali, interrompendo il processo di laicizzazione delle società islamiche, e scatenando le successive dinamiche estremiste nei confronti delle donne, che arrivano fino ad oggi.

Se è vero che queste condizioni implicato una privazione dei diritti umani e civili, è vero anche che la questione è molto più ampia, la Prof.ssa Neri infatti, spiega che la questione non è il velo in sé, ma l’obbligo del velo, richiamando in proposito il movimento femminista islamico, che si dissocia particolarmente da quello occidentale, poiché per le donne islamiche, definirsi femministe è spesso inteso come un collegamento ai valori dell’occidente, e quindi, parte di una cultura completamente diversa. La questione infatti, non si riduce all’essere musulmane o meno, ma alla serie di imposizioni e privazioni collegate ad una visione estremista, violenta, e patriarcale della legge islamica in vigore".

 

 

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