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"Gli insegnanti che non si vaccinano devono cambiare mestiere? Parole arroganti, ecco perché" In evidenza

La riflessione della docente Patrizia Belardi: "La pandemia ha smascherato le violazioni della libertà che stanno affossando i basilari principi democratici che hanno portato alla scrittura della Costituzione".

Covid, vaccini e prevenzione: sull'argomento si incrociano le opinioni più disparate, così come sull'idea di obbligare a vaccinarsi particolari categorie.

Una tra esse è sicuramente quella degli insegnanti, di ogni ordine e grado, sulla quale si è espresso piuttosto duramente Lorenzo Cimino, docente egli stesso e esponente di rilievo della sinistra spezzina, per cui tra le altre cose "gli insegnanti che non si vaccinano dovrebbero cambiare mestiere".

Parole che non sono piaciute ad una sua collega, Patrizia Belardi, che ci ha chiesto di pubblicare la sua (lunga) riflessione.

"Ho sentito di voler rispondere alle sue parole arroganti e senza fondamento che, pronunciate da un sindacalista attivo nel mondo della scuola, hanno un peso e un eco. Provo a fare alcune riflessioni, certa del limite che può avere inserirle in un breve articolo, non con l'intento di convincere alcuno, ma per non lasciar cadere nel vuoto parole così pesanti.

Nella scuola, così come nella nostra società, la pandemia sta facendo circolare il virus più pericoloso: la paura che spesso diventa terrore. Si creano schieramenti, si riduce o annulla la capacità di riflettere criticamente e ci si sente spinti a cercare soluzioni immediate. Il terrore paralizza la nostra capacità di pensare, di sostenere la precarietà e l'incertezza e ci porta a dividere il mondo in buoni e cattivi con un moralismo giudicante che prende il posto dell'etica, del dialogo.

Indicando gli untori, i "non obbedienti", ci si trincera dietro l'illusione di aver in mano le chiavi per risolvere il problema. Come umani siamo eternamente di fronte alla meraviglia ma anche all'angoscia dell'esistere e possiamo solo, umilmente, incessantemente, cercare di partecipare individualmente e come comunità alla ricerca di un senso per la nostra vita trovando, di volta in volta, soluzioni provvisorie e mai definitive. Questa pandemia ha smascherato, se mai ce ne fosse stato bisogno, le violazioni della libertà che stanno affossando i basilari principi democratici che hanno portato alla scrittura della Costituzione.

Dalla Cina abbiamo importato non solo il virus ma un modello di controllo, di omologazione e ubbidienza cieca. Ho cercato di fondare la mia esistenza sul tentativo di studiare e praticare stili di vita sana. Cerco, per quanto mi è possibile e con tutti i miei limiti, di diffondere attraverso la mia professionalità un'attenzione verso la salute. Salute intesa a trecentosessanta gradi: somato-psichico-spirituale.

I dati, i numeri, vanno letti con criticità ed attenzione, altrimenti occorre restare zitti e imparare che, semplificando ingenuamente la complessità del nostro vivere, non facciamo altro che creare le premesse per nuovi disastri. Questa pandemia sta mostrando impietosamente le miserie della cosiddetta "scienza". È da un anno che li vediamo – virologi, epidemiologi, tuttologi – esibirsi narcisisticamente nel balletto dei loro pensieri in libertà. La scienza è diventata ormai la religione del nostro tempo.

Il filosofo Giorgio Agamben ha mostrato lucidamente come la medicina articola il suo sapere "in senso gnostico-manicheo, cioè secondo una esasperata opposizione dualistica. Vi è un dio o un principio maligno, la malattia, appunto, i cui agenti specifici sono i batteri e i virus, e un dio o un principio benefico, che non è la salute, ma la guarigione, i cui agenti cultuali sono i medici e la terapia". Nella situazione che stiamo vivendo "non si tratta più di assumere delle medicine o di sottoporsi quando è necessario a una visita medica o a un intervento chirurgico: la vita intera degli esseri umani deve diventare in ogni istante il luogo di una ininterrotta celebrazione cultuale. Il nemico, il virus, è sempre presente e deve essere combattuto incessantemente e senza possibile tregua".

Agamben sottolinea come questa nuova celebrazione del culto non sia più libera e volontaria, esposta solo a sanzioni di ordine spirituale – come avviene per le religioni tradizionali – ma "deve essere resa normativamente obbligatoria". Ci sono, fortunatamente, anche medici che pensano e lavorano con serietà e in modo non dogmatico. Ma quelli non vanno in televisione, non sono al soldo di interessi che con la scienza non hanno nulla a che fare. E ora rischiano di essere sospesi dall'attività perché rifiutano di celebrare il culto stabilito d'autorità.

Abbiamo mai sentito in questo lungo e doloroso anno parlare di prevenzione, di cosa può sostenere il nostro sistema immunitario? Siamo in possesso di studi sugli effetti a lungo termine di questi prodotti che chiamiamo vaccini? Siamo consapevoli che siamo le cavie di una grande sperimentazione mondiale? Abbiamo il diritto di sottrarci a questo esperimento? Abbiamo mai sentito una riflessione seria sul bilancio tra costi e benefici di misure così restrittive per i nostri ragazzi? Ci illudiamo di risolvere le cose con un vaccino – di cui non si conoscono gli effetti a lungo termine e che sembra dare una copertura di sei mesi – e non ci interroghiamo a sufficienza sullo stravolgimento che si sta verificando nelle menti e nei corpi dei nostri ragazzi. Stiamo insegnando loro un pensiero critico, li stiamo accompagnando nell'apprendimento di una capacità di porsi di fronte alle sfide immense che la vita riserva?

Io, come altre persone con cui sono in contatto, non sono "contro" i vaccini. Io sono a favore di un approccio democratico, critico. Non ho certezze, ma molte domande e dubbi e cerco di muovermi in una realtà magmatica in cui invece del machete mi sembra più utile usare la lente di ingrandimento. Ricordiamoci che in Italia la prima causa di morte rimangono le malattie cardiovascolari. Ma non fa comodo a nessuno parlarne. Nessuno viene obbligato a fare movimento, a mangiare sano e poco, a stare in contatto con le proprie emozioni e a prendersi cura del proprio organismo. Si salverebbero molte vite se alcune pratiche fossero inserite nel quotidiano.

A scuola di questo parlano soltanto i docenti di Scienze Motorie, i soli ad occuparsi di stile di vita e prevenzione. Poi ci sono alcuni insegnanti illuminati che offrono ai ragazzi orizzonti di pensiero per narrare questa epoca con senso critico e vitale. Un autore letto e discusso a scuola può essere un'ispirazione, così come una bella lezione di fisica può aiutare ad inserire le nostre piccole vite in una dimensione più ampia, cosmica, dove le domande divengono il motore per evolvere.

Scriveva il grande Elias Canetti che "la diversità degli insegnanti è la prima forma di molteplicità di cui si prende coscienza nella vita [...] il loro susseguirsi uno dopo l'altro, nello stesso luogo, nello stesso ruolo, con le stesse intenzioni, esposti con tanta evidenza al confronto – come tutto questo agisce e si manifesta, è un'altra specie di scuola, del tutto diversa da quella dell'apprendimento, una scuola che insegna la molteplicità della natura umana, e purché la si prenda sul serio anche solo in parte, è questa la prima vera scuola di conoscenza dell'uomo".

Mi piacerebbe potessimo farci più domande. Mi piacerebbe potessimo avere la capacità di restare senza risposte, senza apparenti facili soluzioni a breve termine e costruire piuttosto una strada che aiuti i nostri ragazzi a riflettere su se stessi e sul mondo, a non fondare le loro vite sui principi dell'economia o del potere, ma sul bene comune, su un'altra intelligenza. Un'altra intelligenza consapevole, come ha scritto in maniera evocativa Baricco, che educare "significa proprio preparare all'instabilità. Che il sapere è riservato a intelligenze sufficientemente leggere e veloci da riallineare le regole note all'ignoto del reale che cambia. Che la conoscenza è un gesto sempre instabile, e morbido, coincide con l'arte dell'adattamento, e alla fine è riassumibile nella capacità animale e intuitiva di vedere figure provvisorie dove disponiamo solo di frammenti, che per di più non stanno fermi".

Pensare che solo il vaccino sia la soluzione ai nostri problemi, pensare che "solo così finalmente ne usciremo" significa a mio parere fuggire dalla drammatica consapevolezza che ora – ma credo sempre nella nostra esistenza – non abbiamo e mai avremo a disposizione soluzioni magiche, ma solo la possibilità di sviluppare sistemi educativi e pratiche di vita flessibili e creative. Se perdiamo la possibilità di allargare le visioni, se ci allontaniamo dal senso di bellezza e vitalità e non coltiviamo il confronto dialogico, rischiamo, a mio parere, di essere già morti in vita.

Quando entro in classe, e come me molti colleghi, in presenza o virtualmente, sto consegnando ai ragazzi la passione che mi muove e che cerco di tenere accesa. Spero li possa aiutare a coltivare il fuoco vivo della conoscenza e il desiderio di apprendere dalla vita. Questo per me è il farmaco principale per attraversare questo periodo e per prepararli alle sfide che incontreranno".

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