"Il 30 giugno 1960 centinaia di spezzini riempirono i treni e parteciparono alla grande manifestazione a Genova contro il Congresso del MSI - previsto dal 2 al 4 luglio al Teatro Margherita, a poche decine di metri dal Sacrario dei Caduti partigiani - e contro il Governo Tambroni, eletto ad aprile con i voti del MSI.
Sfilarono con i gonfaloni la Provincia - ancora governata dalle sinistre, mentre in Comune si era già insediato il centrosinistra, uno dei primi in Italia - e i Comuni di Sarzana, Santo Stefano Magra e Arcola, presenti i Sindaci. Con loro c’erano tanti partigiani e giovani operai e studenti con le magliette a strisce, allora di moda.
Alla Spezia la CGIL proclamò lo sciopero generale per il 1° luglio, CISL e UIL lasciarono i loro iscritti liberi di aderire. Si tenne, ai Giardini, una grande manifestazione. I partecipanti vennero violentemente caricati dalla polizia.
Marco Manciulli aveva sedici anni: “Era la mia prima manifestazione. La partecipazione fu davvero imponente, erano presenti tutte le forze della sinistra. Poi iniziarono pesanti cariche immotivate. Abitavo in via Piave, mentre correvo per rifugiarmi a casa vedevo i poliziotti che picchiavano i manifestanti in via Veneto, dentro i portoni”.
A Sarzana una grande folla si riversò, al canto di “Fischia il vento”, in piazza Matteotti. Per il 2 luglio era stato programmato un altro sciopero, poi revocato per la sospensione del Congresso missino. Nel pomeriggio si tenne una manifestazione delle sinistre ai Giardini. Alla sera il Consiglio Comunale approvò, ad esclusione del MSI, l’ordine del giorno predisposto dal Comitato della Resistenza, che chiedeva l’attuazione del divieto costituzionale di ricostituzione del partito fascista.
Domenica mattina, 3 luglio, si tenne un’altra manifestazione, questa volta indetta dal Comitato della Resistenza, al Teatro Civico. Intervennero il Sindaco, il democristiano Federici, e il Presidente della Provincia, il comunista Galantini, introdotti dal partigiano liberale Fortelli. Tutti chiesero lo scioglimento del MSI. L’antifascismo divenne da allora parte integrante della cultura egemone, un orientamento fortemente radicato nell’opinione pubblica.
In quei giorni emerse inoltre, anche a Spezia, una nuova generazione, così descritta dallo storico Agostino Giovagnoli: “Erano le avanguardie di un’Italia povera, fortemente motivata a uscire da condizioni di miseria secolare, in cui rabbia sociale e aspirazione al benessere apparivano fuse in un’unica spinta esistenziale”.
Una nuova generazione che entrò in campo sull’onda dell’antifascismo e diede nuova linfa ai partiti democratici. Molti protagonisti della vita politica spezzina dell’ultima fase del Novecento cominciarono proprio allora le loro esperienze: non solo nel PCI, ma anche nel PSI e nella DC.
Sia Fanfani che Moro ribadirono la inconciliabilità tra DC e neofascismo: bisognava respingere il comunismo senza identificarsi con un “blocco nazionale” di destra, comprendente il MSI. Il 1960 spinse la DC a riaffermare la sua collocazione centrista, ma in una prospettiva che ormai guardava al centrosinistra. Nata alla Spezia, la formula si impose in tutto il Paese.
Il giugno-luglio 1960 fu dunque una “rottura storica” rispetto al quindicennio precedente, agli anni della divisione tra DC e sinistre e della discriminazione delle sinistre. Ma si creò una nuova divisione: a sinistra, tra PCI e PSI. Presto, però, il centrosinistra esaurì la sua carica riformatrice.
Non si fermò, invece, la spinta dei giovani e degli operai, che proseguì fino alla “rottura storica” del 1968-1969. Concilio Vaticano II, Beat generation, generazione del Vietnam: tutto fu influenzato dalla “rottura” precedente. Il “nuovo biennio rosso” fu dunque preparato dai moti del 1960.
Alla radice di entrambe le “rotture” ci fu una ribellione morale, una rivolta etica per la fratellanza, intesa come sintesi tra eguaglianza e libertà".
Giorgio Pagano
già Sindaco della Spezia, autore con Maria Cristina Mirabello di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia e in Provincia”