“La fotografia della realtà ligure impone una svolta. Il rapporto presentato oggi a Genova tratteggia un Paese e una regione che viaggiano a diverse velocità – così Maurizio Calà Segretario Generale Cgil Liguria alla presentazione del rapporto della Fondazione Ebert “Italia diseguale: disparità socioeconomiche regionali in Italia”, svoltosi oggi a Palazzo San Giorgio e attraverso il quale la Fondazione tedesca ha illustrato le profonde differenze tra le regioni italiane e, all’interno di esse, tra le province.
Per Calà è necessario un confronto costante con la Regione Liguria con un cambio di passo più dinamico “non solo sulle opere del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma sulle tante opportunità presenti nei fondi europei 2021–2027 e su una nuova capacità di programmazione delle risorse ordinarie del bilancio regionale per fare sintesi tra le diverse misure e intervenire, in modo strutturale, da un lato sulle diseguaglianze e dall’altro su una visione dello sviluppo di qualità che sappia affrontare le sfide della transizione ambientale, energetica e tecnologica e rispondendo alla crisi demografica.”
L’incontro organizzato da Cgil Liguria è stato l’occasione per mettere a confronto la Liguria con le altre regioni italiane che, secondo lo studio della Fondazione Ebert, differiscono notevolmente in termini di modelli demografici, performance economica, benessere e qualità istituzionale e dei servizi pubblici.
Per Calà anche la legge finanziaria nazionale deve dare un segnale chiaro con interventi mirati sul lavoro e sulle famiglie “A settembre verificheremo la disponibilità del Governo ad un confronto preventivo con le organizzazioni sindacali perché i costi delle crisi continuano a scaricarsi prevalentemente sul lavoro e sulle famiglie. Diversamente ci mobiliteremo. C’è la necessità di inaugurare una nuova stagione di riforme, le precarietà sono un’emergenza nazionale come evidenzia l’ultimo rapporto ISTAT, e il Governo, insieme alle Regioni, devono iniziare a ragionare su come rendere strutturali gli investimenti del PNRR per evitare che ci si ritrovi con delle grandi e nuove infrastrutture, ma senza le risorse ed il personale necessario per farle funzionare”.
Uno dei marcatori più significativi in Liguria, tra i dati presentati oggi, è quello dell’indice di dipendenza strutturale che calcola gli individui presenti in un territorio in età non attiva (la fascia sino ai 14 anni e quella over 65). Secondo questo indicatore critico le province liguri sono tutte nelle prime posizioni del Paese, e non è una buona notizia: la prima in Italia è Savona con un indice del 67%, terza Genova con il 66,3%, sesta Imperia con il 64,6% ed infine, ma in 12^ posizione a livello nazionale, La Spezia con il 63,2%.
Ad integrazione del rapporto si riportano anche alcuni dati elaborati da Marco De Silva, Responsabile dell’Ufficio Economico Cgil Genova e Liguria. Pur calando il tasso di disoccupazione nell’area metropolitana dal 9,9% del 2020 al 7,7% nel 2021 (in Liguria siamo all’8,5%), il dato del Comune di Genova è più alto, all’8,2%, e lo è anche rispetto a quello delle grandi aree metropolitane più ricche del nord. Ma le difficoltà e le diseguaglianze oggi si registrano anche su coloro che lavorano. Il lavoro dipendente nella città presenta ampi differenziali sulla qualità e stabilità occupazionale e retributiva tra i vari settori produttivi (ad esempio la retribuzione media lorda giornaliera di un lavoratore del settore portuale è pari a 103,21 € lordi, con una media di 212,1 giornate retribuite annue, contro i 51,91€ nel settore turismo, con 131,3 giornate annue retribuite).
A questo va sommato il primato di Genova sul costo della vita che è il più elevato tra le grandi città del centro-nord come Milano, Bologna, Firenze e Roma, solo per citarne alcune; al costo alto degli alloggi, che si scarica sulla popolazione più fragile, non corrisponde una politica sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica a famiglie residenti il cui rapporto a Genova è il più basso del nord: 1 ogni 30 famiglie per Genova (Milano 1 ogni 9); si registrano nuove disuguaglianze e povertà, anche tra chi lavora, e salgono i nuovi primi accessi alla Caritas del 48 per cento; e infine l’annoso problema demografico con la Città Metropolitana che nel 2021 perde 7.362 abitanti, ha una età media di 49,4 anni e una denatalità che continua inesorabile la sua corsa (- 1,4 % sul 2020).
Savona ha una età media di 50 anni e si conferma la provincia più anziana d’Italia e l’unica con un livello di ultrasessantacinquenni quasi triplo rispetto a quello dei ragazzi da zero a 14 anni (29,7 per cento contro 10,4). Dal 2019 l’occupazione ha perso 5 mila unità (di cui 4 mila nell’industria manifatturiera) e ben 10 mila dal 2009. Le giornate retribuite annue dei lavoratori dipendenti del settore privato registrano una contrazione record tra il 2015 e il 2020 di 22 giorni, praticamente un mese in meno di lavoro retribuito, evidenziando l’incremento della precarietà occupazionale.
La Spezia dal punto di vista demografico nel 2021 ha perso altri 1.008 abitanti; nell’occupazione il dato evidenziato riguarda la disoccupazione dei giovani 15-24enni, dove Spezia riscontra un tasso di disoccupazione comparabile a quello di Cosenza (50,8 contro 51%) che sale al 55% per i maschi (il dato peggiore d’Italia dopo Messina); inoltre la provincia di La Spezia ha nel 2021 il maggiore divario occupazionale di genere tra le province liguri (15,7 punti percentuali).
Imperia è l’unica provincia del Nord ad avere il tasso di occupazione sotto il 60 per cento ed il tasso di disoccupazione più elevato del Centro-Nord (11,2%). Ha il più basso livello in Liguria di offerta di nidi, di diplomati, di laureati e il livello più alto di abbandono scolastico. Questo scenario, unito a una bassa qualità dell’occupazione concentrata prevalentemente in attività di carattere stagionale e con basse retribuzioni, fa di Imperia la provincia che più delle altre si presta a infiltrazioni malavitose, come peraltro rilevato nel rapporto 2021 della DIA.