Il titolo è naturalmente provocatorio, perchè i monopattini sono già stati dati.
Ma la notizia di pochi minuti fa, che vede il Ministero della Università ridurre i numeri dell'accesso al corso di laurea in Infermieristica per l'imminente anno accademico è grave, gravissima.
Come ogni anno, anche nella primavera del 2021 gli Ordini provinciali, coordinati dalla Federazione Nazionale, hanno individuato, attraverso un accordo operativo con le sedi universitarie preposte, le cifre per la formazione di questi professionisti oggi in grave carenza nazionale (si parla di oltre 60mila in meno rispetto ai fabbisogni dei servizi sanitari).
La cifra nazionale, emersa dalle singole proposte regionali - avanzata dalla nostra Federazione, la FNOPI- di 23719 nuovi studenti in Infermieristica (che avrebbe prodotto non prima di tre anni almeno un 17-19mila nuovi Infermieri) era stata recepita dalla Conferenza Stato - Regioni integralmente, oltre a circa 200 Infermieri pediatrici.
Era stato un ottimo segnale che peraltro, alla luce della pandemia che è ancora, a quanto pare, in atto, sembrava logico, quasi scontato, anzi lascia perplessi il dover trattare per alzare i numeri di questi corsi di laurea che riguardano, sia detto col massimo rispetto per altri operatori, professionisti sanitari che non possono agire in smart working, e quindi indispensabili alla economia dei servizi.
Bene: il Ministero dell'Università ha ricondotto a quota 17394 (quasi 6300 in meno) i posti a disposizione per l'anno accademico che scatterà fra poche settimane: è infatti previsto il 14 Settembre il test d'ingresso.
A noi questo pare un grave corto circuito istituzionale; non è chiaro perchè il Ministero della Università deve smentire e diminuire le previsioni degli organi preposti a questa stima, ma ancor più incredibile è che ciò avvenga quando i risultati della carenza di infermieri sono da tempo sotto gli occhi di tutti.
Che senso ha un Parlamento che vara le norme a favore dello sviluppo dell'infermieristica di famiglia, dell'implemento delle cure professionali al domicilio, e poi altri pezzi dello Stato, il Ministero della Università, abbattono i numeri per costruire questi professionisti?
Chi andrà ad erogare assistenza nelle corsie, nelle RSA, negli ospedali di comunità e a sostenere, promuovere la assistenza domiciliare integrata, prevista dal Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza?
Questo è un Paese incredibile, dove lo stupore non è solo infinto, ma quotidiano.
Intanto, l'età media degli infermieri liguri resta elevatissima, dunque esenzioni, limitazioni e prescrizioni impediscono un impiego al 100% degli stessi, come da indicazioni dei Medici Competenti delle singole Aziende; non c'è alcuna speranza di essere coinvolti nella lista dei lavori usuranti, naturalmente il pensiero è a chi fa i turni notturni; sono state pubblicate decine di ricerche scientifiche che misurano i danni dello scarso numero di infermieri presenti nelle degenze e nei servizi, nello Spezzino le RSA private per funzionare hanno bisogno delle prestazioni aggiuntive degli infermieri pubblici e poi ci si riempie la bocca di progetti come quello dell'infermiere di famiglia che, con questi numeri sono destinati a restare al palo.
Ma proprio fermo, fermissimo.
Tutto questo è assurdo, cari cittadini: ma queste nostre segnalazioni non sono - paradossalmente- per noi, che anzi con così pochi numeri forse riusciremo finalmente ad essere, ormai rari, più preziosi che mai: ma per voi, perchè il diritto a cure sicure rischia di essere sempre più aleatorio, se continua così, e se così si può dire.