Quattro ragazzi e una suora un giorno decidono di uscire per le strade della città per incontrare le persone che vivono ai margini della società e offrire una merenda, un tè caldo ma soprattutto dare loro visibilità, ascolto, dignità.
È così che quasi dieci anni fa alla Spezia è nato il gruppo dei “sabati della Carità”, grazie a suor Elisabetta Castellani delle Figlie della Carità, promotrice, guida e anima del gruppo.
Il gruppo ha ottenuto per l’anno 2019 il “premio diocesano della solidarietà”, assegnato a persone o gruppi che si siano distinti per quella che potrebbe essere definita una “bontà contagiosa”, tale da poter rappresentare un esempio virtuoso per tutti.
Il premio è stato consegnato lunedì scorso, solennità dell’Epifania, dal vescovo diocesano Luigi Ernesto Palletti, dopo che il direttore della Caritas don Luca Palei ne aveva letto le motivazioni. Decine di ragazzi e di ragazze festanti, insieme alle loro educatrici, hanno così assiepato il presbiterio della cattedrale di Cristo Re, posando poi con il vescovo per la tradizionale foto ricordo.
Con loro, anche i responsabili del club Lions “Host”, che ogni anno con il proprio contributo rende possibile l’assegnazione del premio, che si avvicina ormai al proprio quarantacinquesimo anno di vita.
Ma come si svolge l’attività di questi ragazzi e ragazze, di età diverse, e di quattro diverse parrocchie, che sono Santa Rita da Cascia, Santa Maria Assunta, Sacro Cuore di Gesù e Santi Giovanni e Agostino?
Un sabato ogni quindici giorni tutti si ritrovano nel cortile della scuola di salita Quintino Sella, la Pia Casa di Misericordia delle suore vincenziane Figlie della Carità: ed è il punto di partenza della “missione”.
Merenda, gioco, breve momento di preghiera e poi divisione in gruppi: i più grandi, a gruppi di due o tre, si recano presso le famiglie in difficoltà per portare loro un pacco di viveri e, dove sono presenti anche dei bambini in età scolare, per aiutarli a fare i compiti. Altri gruppi vanno a loro volta a trovare a casa anziani soli, i “nonni”, per far loro compagnia, per ascoltarli e per condividere il loro tempo come dei veri nipoti. I “meno grandi” – quelli che hanno appena ricevuto il sacramento della Cresima – guidati da alcuni giovani ed accompagnati dagli adulti, percorrono le strade della città e cercano le persone sedute davanti alle chiese, ai supermercati, agli angoli delle strade.
Si piegano, mettendosi alla loro altezza per poterle guardare negli occhi, chiedono il permesso di parlare con loro, mettendo alla prova, a volte, le loro conoscenze della lingua inglese, e si mettono in ascolto di tante storie di vita, lasciandosi così trasformare. A fine giornata, tutti tornano al luogo di partenza per un momento di condivisione delle esperienze vissute o per una breve formazione. Poi, dopo una cena insieme, si gioca, si balla, si canta.
Ma le attività dei “sabati della Carità” non si esauriscono in tali giornate. Due volte all’anno, in collaborazione con la “Mensa duemila”, i poveri, o meglio “gli amici”, vengono invitati alla Pia Casa per una cena e per qualche momento di svago. E poiché la povertà non è solamente quella materiale, ecco ogni tanto gli incontri con il gruppo spezzino detto “di Padre Alfonso”, che si occupa delle persone disabili, e con la casa di riposo “San Vincenzo”, dove i ragazzi intrattengono gli ospiti con canzoni, con giochi di prestigio e con conversazioni sempre interessanti.
Tutto questo, ci tengono a precisare ragazzi ed educatrici, "non lo facciamo per un vago sentimento di bontà, di amore, di sollecitudine verso il prossimo, anche perché, come dice Papa Francesco, il cristianesimo non è una ong. E come sta scritto nella Lettera agli Efesini “Dio ci ha scelti prima della creazione per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. La carità perciò è riconoscere una Presenza, vedere il volto di Dio in ogni persona che incontriamo".
testo di Maria Grazia Domenici