Con una sobria cerimonia svoltasi il giorno dell’undicesimo anniversario della sua scomparsa, domenica 22 dicembre il Centro sociale per anziani sito al piano terra del palazzo comunale di piazza Cavour, a Levanto, è stato intitolato ad Anna Mascardo, la professoressa di lettere mancata all’età di 58 anni dopo una lunga malattia.
Laureata in filosofia all’Università di Genova, Mascardo ha insegnato per vent’anni nelle scuole superiori. A 40 anni era entrata nel Consiglio comunale della cittadina rivierasca come indipendente nelle file del Pci. Poi aveva rivestito le cariche di capogruppo dell’Ulivo dal 1996 al 2000, di segretario della sezione locale dei Ds e, per sette anni (dal 2000 al 2007), aveva fatto parte della giunta come assessore alla cultura, alla pubblica istruzione e ai servizi sociali.
Un incarico, quest’ultimo, dal quale si era dimessa a giugno 2007 per diventare assessore provinciale alla pubblica istruzione.
Di fronte alla mamma Maria e al marito Mario, circondati dall’affetto di un nutrito gruppo di amici e parenti, domenica pomeriggio il sindaco di Levanto, Ilario Agata, nello scoprire insieme alla giunta la targa che il Comune ha apposto all’ingresso del centro anziani, ha ricordato Anna Mascardo come persona dotata di grande cultura e sensibilità, qualità che ha sempre trasmesso ai suoi studenti e messo generosamente al servizio dei più deboli e delle persone in difficoltà nella vita di tutti i giorni e nella sua attività di amministratore pubblico.
Tra le protagoniste dell’iniziativa “Levanto città dei bimbi”, Mascardo era stata in prima linea anche nella realizzazione di quel centro anziani che dal 2001 rappresenta un punto di aggregazione e socializzazione fondamentale per la comunità levantese della terza età.
Agata ha anche sottolineato l’intelligenza e la naturalezza con cui Anna Mascardo riusciva ad affrontare i problemi quotidiani inquadrandoli sempre nella giusta prospettiva, vivendoli in maniera passionale e scanzonata allo stesso tempo; sempre pacata e conciliante, pronta a sdrammatizzare gli eventi negativi e a smussare gli angoli nelle discussioni infondendo fiducia e trasmettendo positività agli interlocutori.
Forte di una serenità che non le è venuta meno (e che ha continuato a dispensare a chi l’ha circondata fino alla fine con il suo affetto) neppure nei giorni più scuri e difficili della malattia che l’ha inesorabilmente sconfitta.
Ora la sua opera, anche grazie al nome inciso in una targa affissa all’ingresso di una realtà le cui finalità sociali ben ne incarnano lo spirito, potrà assumere un significato anche per chi non ha mai avuto la fortuna di conoscerla direttamente.