Tempo quasi scaduto per il mister aquilotto, dopo la sconfitta dell'Olimpico prende sempre più campo la convinzione che tra il tecnico e lo spogliatoio si sia creata una frattura difficile da gestire.
Partiamo dalla prestazione di ieri sera, contro una Roma priva di capitan Pellegrini, Zaniolo, El Shaarawy, Mancini e Spinazzola ma soprattutto di ferocia agonistica le Aquile non mettono l'impegno necessario, o meglio la "garra" che dovrebbe contraddistinguere il carattere di una squadra che deve lottare per la salvezza: 7 falli fischiati contro i 13 dei giallorossi spiegano da soli il concetto. Con questo non si pretende che le Aquile facciano collezione di cartellini, ma nemmeno che affrontino una partita importante come quella di ieri con un approccio a tratti (vero Strelec e Manaj?) svogliato, indifferente alle esigenze di sacrificio e di lotta viste in campo.
E all'uscita del – nessuno si offenda - riadattato Sala, nel ruolo di mediano Motta ha preferito l'inedito (nel ruolo) Kiwior ai centrocampisti a disposizione, il neo-acquisto Nguiamba oppure Sher, evidentemente ritenuti non adeguati per sostenere l'impegno, ma quindi comprati per quale motivo?
Una cosa è sicura: la situazione dello Spezia non è tutta farina di Thiago Motta, anzi. Il tecnico italo-brasiliano, campionissimo da calciatore e praticamente debuttante in panchina si ritrova ad allenare un gruppo non studiato a tavolino insieme a Pecini, impossibilitata a rinforzarsi a gennaio a differenza di Genova, Cagliari e Salernitana, con evidenti lacune tecniche (ancora più accentuate dal suo recente passato da fuoriclasse nel Psg, nell'Inter e nel Barcellona) e caratteriali, come dimostrano gli alti e bassi nelle convocazioni non sempre dettate da ragioni tecniche.
È il caso del 2001 Antiste, lodato da Motta a inizio campionato e poi improvvisamente sparito dalla scena, scarse notizie anche per Salcedo, mentre su Nzola il mister delle Aquile non ce l'ha fatta a trattenersi, lasciandolo a casa per motivi disciplinari (ma forse se lo portava in tribuna a Roma anziché lasciarlo a zonzo era meglio per tutti).
Sul piano più squisitamente tecnico, fanno cadere le braccia le dichiarazioni di resa di Motta nel dopo-partita: la constatazione di non avere mai avuto la chance di riaprire la sfida da un lato denota onestà intellettuale, ma dall'altro mette a nudo la scarsa qualità tecnica: non è bello ricordare lo Spezia di Italiano ma un paragone minimo è doveroso.
L'ex mister con una squadra comunque di basso livello rispetto al girone l'anno scorso giocava solo ed unicamente con un modulo (4-3-3), facendo esercitare ogni giorno a Follo la squadra su precisi schemi e movimenti, che venivano imparati praticamente a memoria tanto che i giocatori in partita si trovavano a occhi chiusi. Poi lo Spezia comunque vinceva e più spesso perdeva ma era chiaro ed inequivocabile l'imprinting di gioco del mediocre uomo ma ottimo tecnico Italiano.
Thiago Motta sta facendo l'esatto contrario, squadra sempre mediocre – anzi, con meno esperienza dopo le partenze improvvide di Ricci, Estevez e Acampora – ma approccio tattico sempre diverso, con risultati sotto gli occhi di tutti.
Motta è blindato da un triennale ben retribuito, ma lui stesso da campione qual è dovrà decidere le sorti del suo percorso professionale da tecnico: come ha sottolineato il suo amico Mourinho ieri sera, al pari di Sheva è un campionissimo che con scarsa o nulla esperienza in panchina si è messo in gioco con una squadra piccola, avendo solo da perdere. L'esempio di Pirlo è abbastanza lampante: con una Ferrari da guidare si arriva più lontano che con una 500, poi alla fine quello che conta sono solo i risultati e gli obiettivi che ogni società si è data.
Motta si fermerà contro l' Empoli? La sfida di domenica contro una squadra tradizionalmente progettata sui giovani, ma evidentemente pensata meglio viste le performances e i 26 punti in classifica – sopra Lazio, Verona, Sassuolo e Torino - potrebbe segnare una svolta nella guida tecnica delle Aquile, senza considerare ovviamente la successiva trasferta al Maradona contro il Napoli di Spalletti: è vero che la palla è rotonda, ma per una "piccola" ogni sfida deve essere affrontata con spirito di sacrificio e un pizzico di spregiudicatezza, l'esatto contrario di quanto visto ieri sera a Roma.