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di Massimo Guerra- Per cercare di analizzare i motivi degli 11 punti, sopra di una sola lunghezza dalla B-zone, può essere opportuno riavvolgere il nastro della stagione.

Spezia a un passo dal baratro dopo la sconfitta di ieri contro il Bologna, che va a sommarsi alle altre otto sconfitte su 14 gare con la peggior difesa (32 gol al passivo) e con 15 gol terzo peggior attacco dietro il fanalino Salernitana e il neo-promosso Venezia. Ma per cercare di analizzare i motivi degli 11 punti, sopra di una sola lunghezza dalla B-zone, può essere opportuno riavvolgere il nastro della stagione.

A cominciare dalla decisione della società di puntare su Riccardo Pecini, stimato talent-scout con scarsa esperienza come direttore sportivo, e qui sorge la prima domanda: non è che oltre ai soldi la decisione di Italiano di lasciare lo Spezia per la Fiorentina abbia avuto origine anche dalla non condivisione del progetto tecnico impostato dall'ex dirigente della Sampdoria e approvato dai Platek?

Tanti giovani, forse troppi: vincere la classifica di squadra più giovane d'Italia e oltre non fa punti in classifica, anzi forse sortisce l'effetto opposto. È probabile che la capacità riconosciuta a Pecini sul lungo termine porterà a recuperare gli investimenti su sicuri prospetti - leggi i circa 4 milioni spesi per il 2002 Antiste - così come le scelte meno onerose, operate nelle serie B d'Italia e Francia - con Nikolau, Hristov e Amian su tutti, o nelle selezioni giovanili - come lo stesso Antiste, Strelec o Podgoreanu - ma nel frattempo c'è bisogno di una squadra attrezzata per cercare di salvarsi: tagliare Ricci e Estevez, finiti in B non certo con compensi stellari, per non citare Acampora dall'ingaggio irrisorio rispetto alla categoria, ovvero tre centrocampisti che avrebbero apportato la loro esperienza e tecnica un ottimo mix con i ragazzini, invece di puntare tutto su Leo Sena - ottimo giocatore, ma già l'anno scorso in clamoroso ritardo – e ripescare Bourabia non è sembrata la scelta più adeguata per fronteggiare un campionato spietato come la A, impossibile da affrontare con giocatori contati e riciclati come Sala e Kovalenko, per non parlare dell'attacco interamente sulle spalle di Nzola, dove magari 3 milioni di ingaggio per Caputo - il bomber finito alla Samp - potevano bastare per rimettere la squadra nel giusto equilibrio di reparto offensivo.

Invece si è preferito perseguire la linea "Evergreen" che sta mostrando tutta la sua insufficienza, e per la quale Motta ha responsabilità solo parziali, anzi forse la sua colpa maggiore è continuare a dirsi super-soddisfatto della rosa che ha avuto in dote da Pecini dopo l'addio di Italiano, forse non può dire altro e forse questo avrà alla fine un prezzo, al netto della mancata preparazione, del Covid e degli infortuni che hanno sicuramente peggiorato la situazione, per non parlare del macigno derivante dalla sentenza FIFA che - a meno di ardue ma sperabili novità a febbraio -marzo dalla sentenza inappellabile del TAS - congelerà le trattative in entrata e in uscita per quattro sedute di mercato, a partire sicuramente dal mercato di riparazione di gennaio.

Ieri Motta si è detto triste per la sconfitta ma non arrabbiato, rammaricato perché lo Spezia a suo parere non ha disputato una buona prestazione: ci sia permesso di non essere d'accordo, lo Spezia anche ieri ha giocato al massimo delle sue possibilità a parità di giocatori in campo, è chiaro che se una squadra di metà classifica come il Bologna può schierare una batteria offensiva con individualità come un Arnautovic veterano della Premier League, un Barrow o un Orsolini è chiaro che con i giocatori giovani e inesperti che ti ritrovi fai poca strada, ma è una constatazione oggettiva senza offesa per nessuno. Piuttosto Motta dovrebbe spiegare perché lascia a casa il "vecchio" '96 Verde, capocannoniere in rosa con 3 gol e autore di ottime prestazioni quando è stato schierato.

Motta – campionissimo da calciatore, una scommessa da mister malgrado la tesi da 110 a Coverciano perché quanto a gavetta sta quasi a zero - continua a ripetere che nel calcio non si inventa nulla, quindi le conclusioni dovrebbe tirarle anche da solo: non si inventa una squadra dal nulla, un Ds dal nulla e perfino un mister dal nulla o quasi, tutto questo si chiama scommessa, lecita nello sport ma non sempre vincente: il confronto con il mercato della neo-promossa Venezia è illuminante. Come lo Spezia neo-promosso due anni fa, i lagunari hanno mantenuto l'ossatura della serie cadetta, impreziosendola con alcuni inserimenti di qualità, due su tutti tra difesa e attacco il portiere Romero – ex Manchester ma anche ex Samp, tra l'altro in buoni rapporti con Pecini – e la punta Okereke, ex amatissimo del Picco prima di essere venduto da Volpi al Brugges, e proprio come lo Spezia dell'anno scorso stanno disputando un campionato tutta grinta e umiltà, ritrovandosi a 15 punti in fiducia per la lotta salvezza, almeno fino a questo punto della stagione.

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