Manca la volontà di riconoscere gli errori fatti e la capacità di mettersi a disposizione, con umiltà, per elaborare un’idea nuova di Sanità. Per questo non parteciperemo al presidio di martedì.
L’Ospedale di Sarzana deve essere una risorsa per la Sanità della provincia spezzina e per l’intera regione. Per questo difendere il San Bartolomeo dalla destrutturazione che è in atto è un obiettivo che perseguiamo da tempo.
Detto ciò però non può bastare dire che si organizza un presidio.
È necessario che chi ha governato la Regione sino al 2015 e il Comune di Sarzana sino alla scorsa primavera prenda coscienza degli errori fatti in passato in modo da segnare un solco di discontinuità necessaria ma che attualmente ancora latita.
Il 2010 ha segnato l’inizio della fine per un Ospedale moderno e accogliente come quello di Sarzana: la chiusura del reparto di maternità. Un punto nascite di eccellenza che aveva il pregio di offrire un servizio di qualità alla Val di Magra contenendo le fughe verso la Toscana.
Da quel momento un susseguirsi di azioni che portarono ad affievolirne sempre più il ruolo e l’importanza. Un esempio: il trasferimento senza alcuna progettualità dal San Bartolomeo verso La Spezia, nel 2015, del Polo riabilitativo del levante gestito dalla Fondazione Don Gnocchi.
La conseguenza di ciò è stato l’abbandono di strutture di qualità come la vasca per la riabilitazione e l’intera ala degli ambulatori e delle palestre del piano terra, oggi utilizzate come ripostiglio di fortuna in cui tutto è ammassato e accatastato.
Le responsabilità delle passate Giunte regionali sono dunque evidenti anche se non possono, in alcun modo, diventare un alibi per il futuro. Il cambio di passo tanto atteso dai cittadini liguri in questi tre anni di governo del Centrodestra non c’è stato. Anzi ha visto, addirittura, un aggravarsi della situazione.
Si parte dalla soppressione della struttura complessa di Chirurgia del San Bartolomeo, prevista nel Piano di Organizzazione Aziendale approvato lo scorso maggio; il collocamento a riposo di uno dei primari d’eccellenza della nostra Sanità, il Dottor Canessa direttore della Pneumologia, a inizio agosto; la soppressione della Terapia del Dolore segnata dal pensionamento del suo dirigente, nell’agosto del 2017; il Day Hospital oncologico pronto da oltre un anno e che la Direzione Sanitaria non intende più aprire; la nuova sala per la dialisi anch’essa pronta e rimasta sigillata.
A tutto ciò si aggiunge il nodo irrisolto sul Decreto Ministeriale 70 del 2015 per il quale con un bacino di utenza di 200.000 abitanti, come quello spezzino, non dovrebbero esistere né la degenza di Geriatria né quella di Pneumologia, previste per oltre 400.000 utenti. E su questo manca ancora una deroga e una chiara programmazione di questa Giunta regionale al fine di scongiurare il rischio di trovarci addirittura con due specialità cliniche in meno, con tutto ciò che ne consegue in termini di posti letto, che già ora sono ampiamente al di sotto degli standard previsti, e di servizi al cittadino.
Siamo inoltre ancora pesantemente sotto organico rispetto a ciò che prevede la normativa nazionale e anche rispetto alle altre ASL liguri abbiamo circa il 30% di personale in meno. Il bilancio aziendale ha visto, inoltre, un taglio, per quest’anno, di circa 6 milioni di euro.
La situazione è dunque sempre più drammatica ma proprio per questo il presidio ha segnato l’ennesima occasione persa: quella di elaborare un documento progettuale comune con un’idea di sanità nuova e vicina ai bisogni delle persone.
Il Partito Democratico che ha avuto grandi responsabilità nel declassamento dell’ospedale deve riconoscere gli errori fatti in passato e l’incapacità, ad ogni livello, di porvi rimedio.
Francesco Battistini - Consigliere regionale Rete a Sinistra/liberaMente Liguria
Lorenzo Forcieri - Capogruppo Avantinsieme La Spezia
Paolo Mione - Capogruppo Sarzana per Sarzana
Andrea Fantini - Capogruppo Ortonovo in Movimento