Giulia Chiatti, Clara Natale, lo psicologo Stefano Bianco e al candidate di Liberi e Uguali nei collegi spezzini, Valentina Bosello (Camera), Silvia Gobbetti (Camera) e Laura Canale (Senato), hanno affrontato il tema sotto diverse sfaccettature, restituendo un quadro dai difficili contorni.
L’Italia ha un tasso di disoccupazione femminile fermo al 51%; più alto di quasi 14 punti rispetto alla media europea. In base agli ultimi dati degli ispettorati del lavoro 30mila donne hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro in occasione della maternità. Secondo l’ISTAT in Italia ci sono solo 22,5 posti in asilo nido ogni 100 bambini tra zero e 3 anni, ben al di sotto dei 33 posti indicati come obiettivo strategico dall’ Unione Europea.
Non solo: secondo LeU un problema ulteriore sarebbe l'inadeguatezza dei servizi. Partendo da quelli per l'infanzia: "Gli asili nido rappresentano un elemento cruciale rispetto al basso tasso dell’occupazione femminile in Italia: proprio per il fatto che le istituzioni offrono servizi di cura inadeguati, sia in termini di posti disponibili negli asili, che in riferimento agli orari di apertura – è palese che i tempi di apertura di tali servizi siano insufficienti per coprire le ore lavorative, oltre che molto costosi- proprio per queste motivazioni le donne si trovano sempre più spesso costrette a rinunciare al lavoro anche perché, la cura dei figli, come degli anziani e di tutto ciò che riguarda la vita domestica sembra risultare ancora una questione prettamente femminile". Nella maggior parte dei casi, dunque, gli unici soggetti coinvolti sono proprio, unicamente, le donne, spiega Silvia Gobbetti: "I patner maschili non vengono mai menzionati, non viene mai messo in discussione lo “status quo” basato su una suddivisione dei compiti ancorato alla convinzione secondo cui casa e famiglia sono ambiti principalmente femminili, mentre agli uomini è più- per così dire- congeniale, andare a lavorare. E’ fondamentale quindi che la politica attui misure concrete che offrano maggiore sostegno alle famiglie, ma è altrettanto necessario il superamento culturale della radicata visione tradizionale dei ruoli di genere che va spesso a limitare desideri e bisogni non solo della donna, ma anche dell’uomo".
I DATI
Le indagini “AlmaLaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati”( che ogni anno prendono in esame 200mila studenti universitari) confermano che le donne all’università ottengono risultati migliori dei compagni di studio di sesso opposto: 6 laureati su 10 in Italia sono donne che hanno completato gli studi in tempi più celeri e voti più alti: "Purtroppo questo non diventa un lasciapassare nel mondo del lavoro infatti è stato dimostrato che, a 5 anni dalla laurea, lavora il 75% delle donne contro l’85% degli uomini e non solo; il lavoro delle donne risulta essere meno sicuro e meno pagato, c’è una differenza di stipendio del 30%. La barriera che si erge all’ingresso del mercato del lavoro costituisce una pesante discriminazione ed è necessario che sia superata.
Nel Mezzogiorno la questione si aggrava- prosegue Gobbetti- anche a fronte della crisi, giovani, mogli e mamme accettano lavori anche dequalificanti pur di risolvere i problemi economici della famiglia; inoltre il part-time involontario, cioè quello stabilito dalle aziende, è una condizione sempre più diffusa tra le lavoratrici".
Liberi e Uguali come intende affrontare questi problemi, così profondi e di difficile lettura? "Vogliamo mettere in campo una politica in cui ogni donna possa essere realmente sullo stesso piano di ogni uomo per poter esprimersi e per poter esporre alla collettività le proprie aspirazioni perché sono fermamente convinta che noi (donne) possiamo contribuire attivamente alla costruzione di un mondo migliore".
C’è un altro punto che Gobbetti ritiene sostanziale: "Nel nostro Paese interrompere una gravidanza in modo sicuro è un diritto sancito da una legge che sta per compiere 40 anni. Tra le mansioni previste per un medico che opera nel servizio pubblico c’è anche quella di praticare interruzioni volontarie di gravidanza: noi vogliamo garantito quel diritto! Proprio per questo non è ammissibile concedere l’accesso ad un servizio pubblico a quelle persone che, per motivi di coscienza, non possono garantire l’espletamento di mansioni proprie di quella professione. Troppo spesso abbiamo sentito voci di uomini sentenziare sul corpo delle donne e sempre troppo spesso è stata drammaticamente assente proprio la voce delle donne che vogliamo, invece, rimettere al centro.
La voce la alziamo forte per urlare che i diritti lesi sono quelli delle donne che, a causa dell’obiezione di coscienza, sono costrette a spostarsi di provincia o di regione per riuscire a trovare una struttura che pratichi l’IVG, che si mettono in fila alle 5 del mattino per riuscire a rientrare fra le poche a cui sarà garantita la prestazione quel giorno, che sono costrette a trascorrere la degenza insieme a partorienti e neonati dopo un aborto terapeutico, che non possono quasi mai accedere all’aborto farmacologico.
Credo anche che , se si vuole realmente ridurre il numero di interruzioni ,si dovrebbe fare una seria educazione sessuale nelle scuole, garantire l’accesso libero e gratuito alla contraccezione- inclusa quella di emergenza- ma soprattutto potenziare e non smantellare i consultori".
"Uno stato che si fonda sull'uguaglianza sostanziale delle cittadine e dei cittadini che lo compongono- conclude Silvia Gobbetti- non può continuare a tollerare le insopportabili inuguaglianze delle opportunità che percorrono la società e colpiscono ancora oggi le donne.
Non si tratta di annullare le differenze, di rendere "uguale" la condizione dell'uomo e della donna, ma di andare più nel profondo dell'analisi, per cogliere un punto fondamentale, ovvero comprendere le differenze per costruire le opportunità che oggi mancano.
Manca il punto di vista femminile nel lavoro, nel walfare, nella politica, nella società in generale, proprio perchè sull'altare della falsa uglianza di condizioni tra uomo e donna, si eludono sistematicamente i nuovi bisogni e le nuove esigenze che ermergono in tutti i vari aspetti della società.
Qui emerge con chiarezza il dramma della sinistra, che dinnanzi alla società neoliberista, basata sulla forza, sull'affermazione individuale, sul primato della finanza, non ha saputo contraporre con forza una visione della società fondata sull'uguaglianza sostanziale e sulla solidarietà, perchè solamente una società basata su questi principi può trasformare il ruolo della donna da "problema" a risorsa fondamentale, restituendo ruolo e valore a tutto ciò che le donne spesso si trovano costrette a fare, senza nessun riconoscimento e aiuto.
Contro l'arroganza, la prevaricazione, il mito dell'uomo forte e del successo individuale dovremmo contrapporre, per crescere i nostri figli nella cultura del rispetto e della solidarietà, la lezione di Pierpaolo Pasolini che ci esorta a educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All'umanità che ne scaturisce.
L'essere donna in questi termini ci da una responsabilità enorme, quella di una forza creatrice in grado di rivoluzionare il mondo per conferire al futuro un aspetto più umano, dove le differenze non si annullano, ma divengono elemento di crescita collettiva, di una società capace di tutelare e valorizzare l'umanità, come aspetto fondamentale di cui le donne sono naturali portatrici".