Per l’Alto Commissario Onu per i diritti umani in Libia c’è una “catastrofe umanitaria”. La Cnn ha mostrato uomini ammassati gli uni sugli altri nei centri di detenzione, esposti alle peggiori violenze. Un volontario di una Ong tedesca ha raccontato all’Espresso di 47 persone su un gommone catturate il 6 novembre dalla Guardia Costiera libica: “Dalla nave i libici non si preoccupavano di chi era ancora in acqua. Li abbiamo visti frustare, picchiare e prendere a bastonate le persone a bordo che cercavano di buttarsi in mare per arrivare verso di noi”. Dalle comunicazioni radio si sentono gli appelli da un elicottero della Marina italiana: “Ci sono persone in mare, si stanno gettando in acqua, collaborate con la Ong, fermatevi!”. Ma la motovedetta libica, una delle quattro donate dall’Italia, non risponde, lascia in mare i morti e i vivi che moriranno, torna verso Tripoli e porta I sopravvissuti nei centri di detenzione.
Il Ministro Minniti è fiero: nel 2017 sono arrivati 55.000 migranti in meno, “è la luce in fondo al tunnel”. In realtà è la pagina più buia dell’Italia: gli imbarchi non sono stati fermati, 3.000 migranti sono morti in mare, 52.000 sono finiti nei lager, quelli del Governo libico e quelli, inaccessibili, gestiti dalle mafie. E il traffico di essere umani cresce, perché ai migranti imprigionati (da 700.000 a un milione secondo l’Onu) viene estorto con violenza nuovo denaro per tentare di ripartire. Quella che era stata presentata come la soluzione del problema -la cacciata delle Ong e l’accordo con la Guardia Costiera libica- si è rivelata un rimedio peggiore del male.
Dopo l’accordo con la Libia, e il precedente della Germania con la Turchia, la politica tesa a impedire l’arrivo dei richiedenti asilo prosegue in Niger, con l’invio delle nostre truppe. Si dice per combattere i trafficanti. Ma il traffico si combatte con investimenti strutturali e politiche di cooperazione e sviluppo, cioè con una strategia di cui non si vede traccia. Dei 28 interventi finanziati dall’Agenzia per la Cooperazione nell’Africa subsahariana (18 milioni) solo 1 riguarda il Niger. Ma la questione più grave è che il Fondo per l’Africa del Ministero degli Affari Esteri (200 milioni) è in gran parte utilizzato non per la cooperazione ma per il contrasto all’immigrazione (50 milioni in Niger), in contraddizione con le finalità per cui è stato istituito. Il tutto in un contesto in cui l’Italia, come l’Europa, continua a pensare all’Africa come a una terra da sfruttare -non a caso i Paesi con più materie prime sono anche quelli più poveri- e non come a un soggetto per un partenariato paritario.
Lo dimostra il boicottaggio dello ius soli: sulle migrazioni stanno vincendo il racconto della destra e la retorica dell’invasione, fatti propri dalla sedicente sinistra. Luca Borzani ha parlato di “un mutamento quasi antropologico dei comportamenti e delle idee degli italiani”. E’ necessario un cambiamento di prospettiva, che ci faccia guardare ai migranti anche dal loro punto di vista, non dalla terra ma dal mare, non dall’Italia ma dall’Africa. Nella società civile, senza cui la sinistra non esiste, ci sono ancora risorse di responsabilità e di solidarietà. Sono le leve per ripartire, e reinventare la sinistra e la politica. Non per tornare al passato ma per tentare il futuro.
Giorgio Pagano
Cooperante, presidente delle associazioni Mediterraneo e Funzionari senza Frontiere