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Acam, finisce un’èra: via libera all’aggregazione con Iren In evidenza

di Gabriele Cocchi – 24 favorevoli, 6 contrari e Forcieri astenuto nel consiglio comunale di ieri sera. La maggioranza si spacca: Guerri e Caratozzolo votano contro.

 

Se non è la parola “fine”, è la conclusione amara del primo tempo di una storia piena zeppa di errori. Il finale, invece, resta ancora tutto da scrivere.

Si respirava un clima di rassegnazione ieri sera, durante il consiglio comunale che alla fine ha dato il via libera alla delibera di approvazione dell’aggregazione di Acam con Iren (il riassunto dei momenti salienti nel servizio video di Francesco Truscia). Non tanto perché la maggioranza ha fatto crac – con il presidente Giulio Guerri e il suo compagno di gruppo Massimo Baldino Caratozzolo che hanno espresso voto contrario –, quanto perché si è dovuto prendere atto, volenti o nolenti, con una punta di tristezza, che Acam a conti fatti non esiste più.

Oggi si conclude una storia di oltre 110 anni della società Acam, così come l’abbiamo conosciuta – ha esordito il sindaco Pierluigi Peracchini – un’azienda che è passata da essere un gioiello a diventare una tragedia. Nella mia vita ho fatto il sindacalista, ho combattuto la logica dell’aggregazione quando però c’erano ancora le condizioni per salvare l’azienda. Dopo l’accordo di san Valentino, il 18 febbraio 2009, le decisioni conseguenti furono prese solo in maniera parziale: mi ricordo che Strozzi (Ivan Strozzi, l'allora amministratore delegato di Acam spa, ndr) chiuse un derivato facendoci perdere 14 milioni di euro, poi ci fu il fallito matrimonio con Hera, poi ci giocammo l’ultima carta e venne chiamato Gaudenzio Garavini (l'attuale amministratore unico di Acam spa, ndr). Ai lavoratori venne presentato un conto di oltre 160 esuberi, cercando di tutelare le banche e scaricando il conto sui lavoratori. Poi non mi sono più occupato di Acam, fino al 29 giugno, quando sono diventato sindaco”.

Peracchini ad ogni modo ha rivendicato i punti migliorativi dell’accordo strappati a Iren: “Quando mi sono seduto su questa sedia ho avuto l’amara sorpresa di vedere già chiusa, il 23 giugno, la gara europea di aggregazione, deliberata in primavera. Questo non è un atto che ha una volontà politica in questa maggioranza, non è una delibera della maggioranza – ha continuato il sindaco – Quando abbiamo preso coscienza di questa situazione ho cercato soluzionii alternative, ma non ne sono state trovate. Allora mi sono preso la responsabilità di trattare condizioni migliorative con Iren ad accordo già chiuso: pari garanzie per tutti i lavoratori; mantenimento dell’autonomia operativa di Acam Ambiente e Acam Acque per dieci anni e non cinque; accollamento ed estinzione da parte di Iren della fideiussione di oltre 12 milioni di euro per l’operazione Saliceti, che grava sul Comune della Spezia; la garanzia di un posto in consiglio d’amministrazione, perché il territorio possa esprimere una condivisione degli obiettivi”.

Da più parti sono volate accuse al gruppo consiliare del Partito Democratico per la disastrosa gestione dell’ex municipalizzata durante gli anni scorsi, anche se il consigliere Luca Erba ieri sera ha riconosciuto le colpe storiche del centrosinistra.

“Vede Erba, nella vita non esiste solo la continuità amministrativa, ma anche quella politica – gli ha risposto a stretto giro Andrea Costa, capogruppo di “La Spezia Popolare” – Apprezzo il tentativo di prendere le distanze da quegli anni, ma penso che questa sera bastasse chiedere scusa ai cittadini per aver ridotto l’azienda in queste condizioni. Non c’eravate voi, ma c’erano comunque i vostri padri politici, qualcuno dei quali siede ancora nei banchi del consiglio regionale”.

A votare “no” all’aggregazione, oltre a Caratozzolo e Guerri, sono stati anche Donatella Del Turco e Jessica de Muro del M5S e Massimo Lombardi di “Spezia Bene Comune” e Luigi Liguori di "Spezia bella forte e unita"", mentre Lorenzo Forcieri si è astenuto.

“Un punto fondamentale di questa vicenda è che Acam è una ricchezza, non è un peso – ha osservato Lombardi – È vero, è stata gestita male, per usare un garbato eufemismo, lottizzata da tutti i partiti, affidata ad amministratori molto discutibili e comunque chiacchierati, ma rimane pur sempre una ricchezza. Altrimenti Iren, che legittimamente e lecitamente ricerca il profitto, non l’acquisirebbe, almeno di non voler pensare che faccia un’operazione in perdita per disegni sotterranei. Noi siamo fermamente convinti che Acam sia una risorsa, una delle risorse più importanti per il risorgimento della nostra città, da tutti i punti di vista ed è per questo che Iren è disposta a farsi carico di una parte dei suoi debiti. Ma allora se è vero, come è vero, che è una ricchezza, una risorsa, allora deve rimanere agli spezzini e guardate che non è un discorso campanilistico, ma di buon senso, buona amministrazione e di cinico interesse, se vogliamo: è una ricchezza e non la dividiamo, ma la facciamo fruttare e ne godremo i frutti”.

Lombardi ha anche puntato il dito contro le politiche aziendali di Iren: “Dal gennaio di quest’anno è entrato nel vivo il processo di integrazione e armonizzazione per i circa 6.000 dipendenti del gruppo Iren, che attualmente conta circa 200 contratti integrativi aziendali e, quindi, con diversità di trattamenti all’interno della stessa società. Iren punta alla semplificazione e unitarietà della gestione del personale, riducendo il costo del lavoro, e conseguentemente ha disdettato tutti i contratti integrativi, rompendo di fatto il confronto in merito con i sindacati che dopo oltre un anno non aveva prodotto risultati. Chi ci garantisce che non accadrà come a Parma, dove le Rsu di Iren hanno così commentato l’iniziativa di Iren: “La disdetta unilaterale di tutti gli accordi aziendali è un oltraggio alla dignità dei lavoratori (…) L’intento aziendale di “stimolare un costruttivo confronto” cancellando 50 anni di accordi aziendali è un insulto ai rappresentanti dei lavoratori". Dunque, in questo contesto le garanzie rilasciate ai lavoratori non possono essere considerate come impegni effettivi: trascorso un certo periodo di tempo anche i lavoratori “spezzini” probabilmente dovranno accettarel’omogeneizzazione normativa e la riorganizzazione aziendale e affrontare il nodo di nuovi probabili esuberi".

Se il percorso di aggregazione con Iren in campagna elettorale veniva contestato dalla coalizione di Peracchini, oggi viene giudicato l’unica soluzione sul tavolo per salvare l’azienda. “Tra una soluzione percorribile e un salto nel buio, credo che sia poco da fare”, ha spiegato Giacomo Peserico della lista "Toti-Forza Italia".

Non è corretto speculare politicamente su una tragedia come questa – ha ribattuto Peracchini in un secondo intervento – Io non vi ho mai visto fare una battaglia su Acam quando era il momento, io c’ero, al fianco dei lavoratori”.

Intanto gli spezzini dicono addio a un’azienda che nel bene e (soprattutto) nel male ha segnato la storia della loro città. Come una mamma indulgente, con 550 milioni di euro nascosti sotto il materasso.

 

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