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Duello nel Golfo: caccia all’ultimo indeciso In evidenza

di Gianluca Solinas - L’analisi dei flussi pubblicata dall’istituto Cattaneo sulle dinamiche nel Comune della Spezia lascia speranze consolidate al centrodestra e qualche dubbio in più al centrosinistra.


Se è vero che sia Melley che Forcieri non hanno “pescato” più di tanto dal bacino del centrosinistra, è anche vero che bastava guardare chi entusiasticamente nei giorni passati nei rispettivi point ed iniziative elettorali dei due candidati festeggiava, per rendersi conto che le folle entusiastiche avevano più a che fare con la “Milano da bere” di craxiana memoria che non con la sinistra propriamente detta. Nemmeno quella più radical chic.


E allora è stata davvero l’astensione, il non-voto a penalizzare la squadra che rappresenta l’attuale governo cittadino, così come il M5S è stato penalizzato da una scarsa presa al di fuori del “giro” penta stellato. Insomma, se sei capace di rivolgerti solo ai tuoi è difficile che altri ti ascoltino e senza iniezioni di “sangue fresco” pescato tra i delusi della politica, non si va da nessuna parte, specialmente se dall’altra parte della barricata c’è un centro destra che è riuscito ad esportare l’unico “metodo Genova” che pare funzionare anche altrove, cioè quello inventato e strutturato da Giovanni Toti.


Ora ci si rincorre come fidanzatini in lite, orgoglio di parte buttato in prima pagina sui giornali, guanti di sfida e tutti a dire “non mi vendo” e “no al mercato delle vacche”. Bene.


Peccato che il mercato sia già chiuso e che gli accordi siano già fatti, il fieno in cascina, i patti e le strette di mano già concordati. Nessuno che è artefice del proprio destino può piangere sul latte che ha versato e risultare credibile.
Ricostruire il centrosinistra” pare una banalità ma a ben vedere sarebbe forse stato meglio non disintegrarlo prima fomentando odio e ripicche personali.


Prendersela con le liste civiche (come se esistessero solo da poco) è abbastanza ridicolo da parte di chi avrebbe dovuto rappresentare per primo quel mondo e si è invece lasciato superare da quelle vere (Guerri ad esempio) che sul territorio e sull’ascolto hanno costruito il loro successo.


Quindi sia il PD che il M5S hanno poco da recriminare verso gli altri e dovrebbero casomai guardare ai passi compiuti nel passato e soprattutto da quelli che sono stati incapaci di compiere.
Ora c’è un ballottaggio possibile per entrambi gli schieramenti classici. Uno scontro a due che parte dai blocchi contrapposti come ai tempi della neonata seconda repubblica, quella che vedeva scontri al vetriolo fra i due poli.
Non è più il tempo delle alleanze contro la destra, anche perché fra Peracchini e la Le Pen c’è un oceano di differenze, non è facile convincere chi ha espresso sentimenti che rasentano l’odio verso il PD a fare fronte comune contro “l’avanzata delle destre”, anche se si tratta di chi fa parte di quella che si definisce sinistra senza se e senza ma.


Le indicazioni di voto da parte dei candidati usciti sconfitti dal primo turno lasciano il tempo che trovano e resta da vedere chi preferirà andare a votare al ballottaggio invece di andare al mare. Data la scarsissima affluenza della prima tornata infatti, pensare di recuperare votanti al ballottaggio è una pura utopia.
Eppure è proprio dalla enorme folla dell’astensione che si potrebbe ricavare ciò che serve in termini di voti.
Il centrosinistra farà di tutto per “chiamare alle armi”, contro la destra populista, il popolo della sinistra, peccato che lo abbia preventivamente messo da parte in malo modo.


Il centrodestra potrà contare sul bacino di voti del primo turno ai quali si potranno aggiungere in parte i voti di Melley e Forcieri (a meno di colpi di scena improbabili), i quali probabilmente non prenderanno posizioni ufficiali ma lasceranno libertà di voto ai propri sostenitori (almeno in apparenza) i quali il PD generalmente lo sopportano come il limone negli occhi.
Nota la posizione del M5S, da sempre contrario a fornire indicazioni di voto ai propri sostenitori ma non si può escludere che la parte (consistente) di provenienza destrorsa dei grillini vada a votare centrodestra per fare un “dispetto” al nemico numero uno: Matteo Renzi (e la sua rappresentanza locale).


Anche il popolo di Giulio Guerri appare difficilmente propenso a favorire chi ha rappresentato il nemico principale nel corso di questa consigliatura, e seppur mancando indicazioni palesi ad oggi del candidato civico, sembra difficile che qualcuno dei suoi possa convergere su Paolo Manfredini.


Resta da vedere quanto Pierluigi Peracchini saprà dimostrarsi “autorevole” nelle due settimane scarse che mancano al voto, accontentando l’elettorato moderato, attento alle mosse troppo azzardate, agli annunci di sapore estremo, quindi replicando lo stile Toti che ha portato fortuna alla coalizione di centrodestra anche alle regionali scorse.


Che i ballottaggi siano paragonabili alla lotteria dei rigori, come ha detto Renzi nei primi commenti al voto di domenica scorsa, è vero. Ma nei rigori la differenza la fa non solo la fortuna, c’è anche la capacità del singolo di “convincere” il pallone ad andare in rete, con un tiro angolato, una bordata imprendibile, un cucchiaio rischioso. Vedremo chi sarà capace di mettere la palla in rete, chi si guadagnerà la fiducia del maggior numero di elettori, chi sarà in grado di essere più convincente.


Poi, ed è questo che in fondo conta davvero, chi sarà capace di governare al meglio la sua (e soprattutto nostra) città.

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