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Speciale GDS, #Amministrative2017 - videointervista a Cristiano Ruggia In evidenza

“La Spezia deve diventare una città protesa sul mare, ma con i piedi ben radicati a terra”.


Vice sindaco uscente; nei primi cinque anni dell’era Federici è stato assessore con deleghe molto importanti, come, tra le altre, lavori pubblici, urbanistica e bilancio, arredo urbano. Laureato in architettura e con un passato nell’Accademia navale; appassionato di calcio e di storia politica e navale. Ha scelto di abbandonare la professione di architetto per dedicarsi attivamente alla politica.
Alle amministrative è sostenuto dal PCI e dalla lista Progressisti per Ruggia.

Iniziamo dal presente: può fornirci un giudizio sulla passata amministrazione? Ad oggi secondo lei quali sono le emergenze che la città si trova a dover affrontare?
Un giudizio senza dubbio positivo, perché mi ha visto protagonista. Credo che solo chi legittimamente ha fatto opposizione o chi è in mala fede non riconosce oggi che la città è migliorata e cambiata in meglio, riuscendo a diventare punto di riferimento ad esempio per le Cinque Terre e per tutta la provincia. Una città che ha tenuto sul tema dell’industria ed è migliorata anche come città accogliente scelta dai giovani come luogo di aggregazione. Per quanto riguarda invece le emergenze, credo che una soprattutto sia da annotare, cioè l’occupazione. Da comunista ho scelto di affiancare al mio nome il simbolo forte della falce e del martello, proprio perché credo che sia sull’occupazione che si debba lavorare: il simbolo che sta vicino al mio nome come candidato, cioè la falce e il martello, rappresentano proprio questo.

Il suo sogno: immagini la città con lei sindaco, come la vede fra 5 anni, al termine del suo mandato?
Il sogno è riuscire a coniugare i settori che alla Spezia devono fare da traino. Riuscendo in questo, al termine del mio mandato, restituirei ai cittadini una città migliore, dove convivono in equilibrio industria, turismo e terziario. Per dirla con lo slogan che ci contraddistingue: sogno una città protesa sul mare con piedi radicati nella terra.

Avendo fatto parte della giunta uscente, ha riscontrato delle mancanze nell’attività di governo della città?
Sarebbe stucchevole se dicessi che tutto quello che è stato fatto è stato fatto bene. La mole di lavoro e le incombenze che Federici ha dovuto affrontare sono aumentate in modo esponenziale, per questo ci sono stati dei limiti e credo che il più grande sia stato il rapporto con i cittadini o con il consiglio comunale e con le altre istituzioni, questo deriva da una situazione generale della democrazia rappresentativa che ha portato, ad esempio, all’abolizione delle circoscrizioni; la stessa legge elettorale del comune favorisce una dicotomia tra membri del consiglio comunale. Credo che si debba assolutamente ricostruire un rapporto saldo con i cittadini.

Quale sarà il suo primo atto ufficiale da sindaco, nel caso venisse eletto?
Con la fascia tricolore, andare a visitare il monumento della Resistenza. Credo che i simboli siano molto importanti e il tema della Resistenza alla Spezia, che è città medaglia d’oro al merito civile, deve tornare ad essere significativo.

Alla Spezia devono convivere più esigenze e bisogni (porto, marina militare, turismo, bisogno di nuovi posti di lavoro, etc.) il suo programma tiene conto di questa esigenza? Se sì, che risposte fornisce?
Ritengo che sia fondamentale, ma bisogna declinarli ed essere conseguenti per non essere superficiali: per questo, nel mio programma ho inserito delle proposte che evidenziano il futuro. Credo che la vera sfida della nostra città sia tenerli insieme, perché l’industria deve convivere con la città e il turismo deve continuare ad essere volano, ma non può rappresentare l’unica alternativa per il mondo del lavoro. Una sfida ambiziosa potrebbe essere quella di riunire in un unico assessorato commercio, turismo e terziario.

Lei è candidato con il Partito Comunista Italiano. Siamo nel 2017 e molti definiscono scomparsa l’epoca delle ideologie contrapposte: c’è ancora spazio per definirsi comunisti oggi?
Sì, siamo nel 2017 e proprio quest’anno ricorrono i 100 anni dalla rivoluzione d’ottobre che, seppur con le sue contraddizioni, ha rappresentato un momento topico. Credo sia utile per la società definirsi comunisti oggi: la crisi non accenna a diminuire e il futuro è difficile da programmare, ma proprio quando il partito comunista era forte questi disagi erano attenuati: le politiche di oggi vanno verso la scelta moderata, mentre io credo che ci sia oggi più che mai bisogno di comunismo e di sinistra.

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