"Per esempio - afferma Vittorio Alessandro - la riforma introduce, per i presidenti e i direttori, il possesso di requisiti che la legge in vigore, invece, non richiede.
Il presidente del parco, per le cui competenze nulla finora è stato previsto, dovrà infatti avere, secondo il testo riformato, "comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche o private". I direttori - oggi tratti da un "albo di idonei" da anni, ormai, divenuto una barriera corporativa di professionisti di svariatissima estrazione - secondo il testo approvato dal Senato, saranno scelti con selezione pubblica fra "dirigenti pubblici con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, persone di comprovata esperienza professionale di tipo gestionale, soggetti che abbiano già svolto funzioni di direttore di parchi nazionali o regionali per almeno tre anni nonché persone che abbiano esperienza di gestione di aree protette marine per il medesimo periodo". Non si capisce quale sia, in questo, il denunciato peggioramento normativo. Si potrà argomentare che - a fronte dell'assenza di requisiti nel testo vigente - sia meglio prescrivere, per i dirigenti dei parchi, il possesso di competenze di carattere naturalistico, ma l'esperienza sembra insegnare cose diverse.
Sì pensi, per esempio, al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, dottore in economia e commercio e dirigente bancario, insignito da Europarc Federation del più ambito riconoscimento europeo nel campo della conservazione della natura.
Non sono un naturalista, ma un ammiraglio delle Capitanerie di porto e ho potuto, in emergenza, scegliere il direttore del Parco Nazionale delle CinqueTerre attraverso una selezione pubblica, con risultati eccellenti".
Il Presidente del Parco delle Cinque Terre tocca poi un altro punto: "L'articolo di Rumiz associa, poi, gli agricoltori - già dalla legge ammessi a far parte dei consigli direttivi - ai cavatori e ai tagliaboschi. Ciò sembra irrispettoso nei confronti non soltanto dei lavoratori, ma anche e soprattutto degli eccellenti percorsi intrapresi dai parchi verso una economia agricola rispettosa dei luoghi e dei consumatori, creatrice di paesaggi riconosciuti patrimonio dell'umanità e di percorsi enogastronomici apprezzati in tutto il mondo".
"Sulle royalty (già previste dalle norme vigenti, ma solo a favore di enti pubblici diversi dai parchi), sull'organico all'osso, ma anche su altri argomenti non toccati dall'articolo - quali le aree marine protette, la componente scientifica nei parchi, la loro sorveglianza - il percorso del testo di riforma dovrà restare aperto al confronto e alla partecipazione. È importante, però, che non prevalgano toni malinconici o da conflitto referendario (che tutti denunciano, ma pochi sanno nei fatti evitare), ma anche quell'allarmismo, talvolta emergente nel mondo ambientalista che, quando infondato, si rivela infine controproducente", conclude Vittorio Alessandro.