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Lo UAAR spezzino commenta i fatti di Parigi e ricorda: "Nostre iniziative a Spezia e Lerici attaccate da integralisti" In evidenza

Ora che tutto si è compiuto e che le prime reazioni a caldo, spesso anche inopportune, cominciano a lasciare spazio a riflessioni più profonde e ragionate, il gruppo UAAR di La Spezia (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) desidera contribuire al dibattito culturale collettivo con una propria riflessione.

"I tragici fatti di Parigi, - esordisce il referente provinciale Cesare Bisleri - hanno indubbiamente scosso il mondo intero, in modo forse singolare e inaspettato, nonostante stragi, esecuzioni, persecuzioni, guerre fondamentaliste e atti di terrorismo occupino ormai già da molto tempo la scena internazionale. L'aspetto che distingue quest'ultimo sanguinoso eccidio dagli altri, è indubbiamente l'obiettivo particolare che si è voluto colpire. Un giornale di satira è la massima espressione della libertà di pensiero e di parola, in una nazione libera, che garantisce e tutela la libertà dei propri cittadini.

La "libertà", quel prezioso ed inviolabile diritto umano che solo in pochi Paesi del globo è stato conquistato dopo secoli di dure lotte, di guerre, di morti, di contestazioni e di martiri. Tra questi Paesi, proprio la Francia è diventato quello più rappresentativo, grazie alla sua storia ed al suo motto nazionale: "Liberté, Egalité, Fraternité", ormai un simbolo universale. La "libertà", un diritto la cui necessità e desiderio di condividerlo accomuna tutti gli esseri umani, di qualsiasi nazionalità essi siano, a qualsiasi religione essi appartengano, proprio come fossero tutti fratelli.

Charlie Hebdo, testata dichiaratamente atea, con la sua satira pungente, fosse anche più o meno condivisibile, era al servizio di tutti questi fratelli, non svolgeva una funzione tale da sostenere gli uni contro gli altri. Anche per questo motivo Charlie Hebdo dovrà continuare a vivere, più forte e determinato di prima, proprio per continuare a trasmettere e far conoscere a tutti questo desiderio di libertà e per non consentire a nessuno di cancellare secoli di progresso e conquiste sociali e civili, in nome di un nuovo oscurantismo.

Se gli attacchi terroristici fossero continuati colpendo obiettivi di altro genere, come supermercati, alberghi, metropolitane, templi di culto, stazioni di polizia, forse non si sarebbe sollevata una reazione tanto unanime, forte e compatta, come quella vista in questi giorni, che ha sorpreso tutti. Probabilmente, potremmo essere di fronte al più grosso errore strategico del terrorismo e a quella che potrebbe essere una svolta epocale nella lotta condivisa per il suo contrasto. L'obiettivo "libertà" è il valore che sta a cuore a tutti, ad atei e agnostici ma anche ai credenti di qualsiasi religione. Perché il bisogno di libertà è un istinto umano che non si deve soffocare con la violenza; la conquista di tal diritto val bene la pena di sopportare anche qualche risata non gradita.

Da oggi, dopo che più o meno tutti, convinti e meno convinti, hanno voluto esprimere la solidarietà alle vittime fregiandosi dello slogan "je suis Charlie", chi sfogando la propria rabbia e dolore, chi schierandosi apertamente, chi parandosi dietro la propria ipocrisia ed anche chi, nella propria indecisione, ha solo seguito l'onda emotiva della massa, diventa urgente ascoltare ognuno la propria coscienza, decidere onestamente da che parte stare e meritarsi di aver pronunciato quelle parole.
Abbassare la testa e cedere al ricatto dell'intimidazione significherebbe solo autocensurarsi e legittimare non solo la censura fondamentalista ed assassina ma anche quella più moderna, subdola e sottile che abbiamo ancora oggi anche nel nostro Paese, una censura, non ufficiale, ma che esercita quasi ogni giorno pressioni sui diritti umani e sulla libertà di espressione invocando un fantomatico ed inesistente "dovere di rispetto" ed un altrettanto aleatorio "diritto di non essere offeso", diventati quasi come un'icona.
L'Uaar non è una redazione di satira ma, nel nome della tutela di questo fondamentale diritto di libertà, ha sostenuto, e continuerà a sostenere, la satira, anche religiosa, quale veicolo di valori irrinunciabili.

Forse ad alcuni, il reclamato diritto di libertà, potrebbe sembrare un problema lontano e di altri, ma non è così, è un problema vicino e di tutti. Ricordiamo, ai più distratti, che solo pochi mesi fa, anche a La Spezia e Lerici, è stata proprio la "satira religiosa" proposta nella mostra "Sacrosante risate" promossa dall'Uaar, a scatenare polemiche ed attacchi inconsulti da parte di quelle frange negazioniste, attente e pronte a non riconoscere ad altri il diritto di espressione, sempre in nome di quel fantomatico ed inesistente "dovere di rispetto".

Oltre ad un tutt'altro che insignificante tentativo di censura degli eventi culturali legati alla mostra, operato in nome dell'inopportunità di "ferire alcune sensibilità", la rassegna satirica dei più prestigiosi vignettisti italiani e stranieri e la stessa Uaar hanno subito l'attacco convulso dei soggetti più integralisti. Significative alcune frasi pubblicate in seguito alla mostra di Lerici come: "ci siamo sentiti offesi per l'appoggio del Comune alla mostra, tra l'altro ospitata in un posto così importante, una piazza a due passi dalla chiesa di San Rocco" e ancora: "ci vuole più rispetto per un luogo cattolico, o almeno tale fino a ieri" , oppure: "una mostra inopportuna e inutile", (da Il Giornale della Liguria, 3 settembre 2014), per non citare altri implacabili commenti scaturiti sul web, fino all'immancabile sprezzante, e purtroppo ricorrente, provocazione: "si fa satira contro la Chiesa perché se si facesse contro L'islam ....ecc.ecc), quasi a voler rimarcare una nostalgia riferita a vecchi tempi in cui la censura non avrebbe permesso un tale affronto.

Insomma, è tutta roba di ieri e di casa nostra, una situazione che dimostra inequivocabilmente come una sorta di abituale censura e voglia di mettere il bavaglio, sia da parte di alcuni cittadini che di appartenenti alle istituzioni, sia ancora vigente e assimilata ormai per tradizione; una situazione che evidenzia come il Vaticano sia una vera potenza e come, citando le stesse parole di Sergio Staino," ci sia ancora molto servilismo e molto desiderio di non apparire antipatici al suo potere". Ebbene, chi avesse anche solo sperato o desiderato una punizione esemplare a tanta odiata irriverenza, da oggi può, facendo i conti con la propria coscienza, riscuotere la propria soddisfazione.

La satira si è macchiata del sangue dei propri autori, ad ennesima dimostrazione che non si tratta di un vile mercato che desidera colpire un nemico solo quando è innocuo fuggendo da quello pericoloso, ma piuttosto di uno strumento intelligente che più che nemici ha obiettivi, laddove vi siano poteri assoluti, contraddizioni da smascherare e, soprattutto, diritti da difendere. Lo è sempre stata anche da tempi remoti ormai dimenticati, così come i suoi fautori sono sempre stati più attenti ai diritti del debole che non alla propria incolumità, opponendo alle armi, alla violenza e alla minaccia una semplice matita e una innocua risata.

Con questa riflessione, tutti i soci dell'Uaar di La Spezia esprimono il proprio profondo e commosso cordoglio ai famigliari delle 17 vittime (atei, cristiani, musulmani, ebrei) del terrorismo religioso, ribadendo fermamente la posizione e gli impegni della nostra associazione sul territorio: 1 – Noi dell'UAAR siamo dell'avviso che la satira vada difesa fino in fondo, senza limiti, anche quando prende di mira la religione (questa o quella) tanto quanto la politica, perché la satira è la massima rappresentazione della libertà di espressione e nessuno in democrazia è indiscutibile. 2 – Il nostro pensiero va, allora, ai valori della libertà, della democrazia, del pluralismo e della laicità, perché questi sono i veri obiettivi dei terroristi religiosi. 3 – Se qualcuno si ostinasse ancora a pensare che per contrastare il terrorismo di una religione (in questo caso l'islamica) sia necessario contrapporre le "radici" di un'altra religione (la cristiana) da inserire nella Costituzione Europea, rispondiamo che è un doppio errore: da un lato le radici cristiane non sono state genitrici (tutt'altro!) di quei valori (laici) menzionati sopra, dall'altro, voler contrastare una religione con un'altra religione sarebbe proprio un ulteriore motivo di contrapposizione e perciò di scontro. C'è una sola possibilità per combattere l'integralismo religioso: la laicità dello Stato, che si traduce in pari diritti per tutte le religioni, pari doveri per tutte le religioni e soprattutto, neutralità dello Stato verso tutte le religioni. 4 – Il seme dell'intolleranza è nel gene stesso della religione abramitica, madre delle varie ramificazioni monoteistiche, allorquando (primo comandamento) è scritto che "non avrai altro Dio all'infuori di me". Affermazione imperativa che lascia aperto un importante quesito: Perché? Perché non posso avere un altro dio all'infuori di "lui"? Cosa succede altrimenti? Noi condividiamo l'aforisma di Voltaire: "Coloro che possono farvi credere assurdità, possono farvi commettere atrocità". 5 – Siamo dell'idea che non ci sia alcuna guerra di religione in atto. I terroristi islamici hanno ammazzato centinaia di musulmani perché erano "moderati", e ancora continuano ad ammazzarli (vedi Boko Haram in Nigeria). Hanno colpito le scuole (Peshawar) perché sono la sede della cultura e dell'istruzione (due valori che i terroristi aborrono). Le prime vittime di questo integralismo-terrorismo sono, quindi, i musulmani stessi. Non è nemmeno una guerra di civiltà: è uno scontro con terroristi che vogliono attentare alla libertà in senso lato, per imporre il "pensiero unico" (il loro) di tipo medievale. 6 – Anche noi in Italia abbiamo i nostri "talebani": tutti coloro che, indifferenti della nostra Costituzione, limitano la libertà altrui e vogliono imporre a tutti i loro "valori". 7 – Noi dell'Uaar, che pure siamo abitualmente oggetto di offese e basse considerazioni, senza per questo prendere a pugni nessuno, continueremo le nostre lotte per i diritti e per avere uno Stato veramente laico, con lo stesso ragionamento pacato e lucido che ci contraddistingue e non rinunceremo a nessuna delle nostre attività sul territorio in nome di un finto ed ipocrita pudore.

D'ora in poi, potremo dire orgogliosi: "Je suis Charlie" e il nostro impegno futuro sarà nel meritare sempre l'onore e il diritto di pronunciare queste parole. Chi ci condivide, potrà contare sulla nostra presenza.
Viva Charlie Hebdo, viva la libertà!

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