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Ass. Rambaudi: "Ripristinare fondo sociale e non autosufficienza"

Ricostituire un finanziamento minimo per il fondo sociale e per quello della non autosufficienza che nel 2012 sono stati completamente azzerati dal Governo, per consentire a Regioni e Comuni di far fronte alle richieste provenienti dal territorio, sopratutto per contrastare le situazioni di povertà.

È quanto chiederanno la coordinatrice degli assessori al welfare delle Regioni, Lorena Rambaudi, insieme ai suoi colleghi, giovedì 17 ottobre nel corso dell'incontro previsto a Roma con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini e il viceministro, Cecilia Guerra, all'indomani dell'approvazione della legge di stabilità. La delegazione degli assessori è pronta sostenere la necessità di ripartire dal 2009, ultimo anno in cui i due fondi hanno avuto un finanziamento adeguato: 520 milioni per il fondo delle politiche sociali e 400 milioni per il fondo della non autosufficienza. "E' questo infatti – sostiene l'assessore Rambaudi – il minimo vitale al di sotto del quale non si puo' andare per riuscire a mettere in campo politiche sociali di contrasto alle varie povertà". Dal 2009 è stato tutto un susseguirsi di tagli e riduzioni fino ad arrivare all'annus horribilis del 2012, quando i due fondi sono stati completamente azzerati dal Governo. "Nonostante la decurtazione statale – continua Rambaudi – l'impegno delle Regioni non è mai mancato, anzi dal 2009 al 2012 è aumentato, sia in termini percentuali che assoluti". Gli assessori al welfare delle Regioni sono pronti a dare battaglia anche sul versante della salute, affinché si possa assistere ad un rientro delle riduzioni operate sui Lea, i livelli essenziali di assistenza, attraverso il nuovo Patto della salute, che hanno determinato un incremento delle richieste a favore dei più deboli, da parte delle amministrazioni locali. "Il sistema dei servizi sociali – conclude Rambaudi – rappresenta anche un potente strumento di incremento dell'occupazione sul territorio, visto che nelle politiche sociali operano più di 900mila unità, di cui circa 500.000 inserite nelle istituzioni no-profit e nella cooperazione. A questi vanno aggiunti anche coloro che si occupano del lavoro di cura familiare, badanti e assistenti all'infanzia, stimati in oltre 1.200.000 persone. Per cui ridurre il budget delle politiche sociali e non rifinanziarlo correttamente significa anche ridurre ulteriormente l'occupazione".

 

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