Ogni giorno centinaia di persone della provincia spezzina si trovano a varcare la soglia del Pronto Soccorso, alla ricerca di risposte urgenti. Ma la realtà che incontrano è ben diversa da quella che si aspettano.
Camici stanchi, corridoi affollati, lunghi tempi di attesa e un sistema che, ormai da anni, scricchiola sotto il peso delle proprie carenze.
La rete di emergenza-urgenza, che dovrebbe essere il cuore del Servizio Sanitario delle ASL, è ormai da anni sotto pressione.
I segnali di degrado si sono accentuati soprattutto dopo la pandemia del 2020, rivelando un sistema in forte difficoltà a causa della carenza di risorse, sia in termini di personale che di infrastrutture, dovute ad un processo di indebolimento che dura da più di dieci anni. Questo ha creato un circolo vizioso che ha messo in ginocchio il sistema, costringendo il Pronto Soccorso spezzino a fronteggiare una pressione insostenibile, aggravata anche da accessi impropri e da un’assistenza che fatica a rispondere in modo adeguato ai bisogni crescenti della popolazione.
Il dato più significativo è quello che riguarda gli accessi impropri. A sentire gli addetti ai lavori circa il 25% degli ingressi non sono urgenti. Sono in molti, infatti a rivolgersi ai Pronto Soccorso per problemi che potrebbero essere facilmente gestiti dal medico di famiglia o da strutture territoriali, ma questi servizi sembrano incapaci di rispondere in modo adeguato, riflettendo una crescente sfiducia nei confronti della medicina di prossimità.
Il Pronto Soccorso inoltre deve fare i conti con una tipologia di pazienti sempre più complessa.
Il maggiore impegno gestionale riguarda soprattutto i pazienti cronici multipatologici, che rappresentano la frossa fetta degli accessi, seguiti da coloro che necessitano di un’assistenza prevalente, come i pazienti oncologici, psichiatrici e quelli con patologie assistenziali. Questi pazienti, che necessitano di cure continue, occupano le strutture di emergenza, sovraccaricandole e rallentando ulteriormente il flusso dei casi urgenti.
Moltissimi utenti non sanno nemmeno come funziona il triage, il processo che stabilisce la priorità di cura, e non hanno idea del sistema a cinque codici colore, che sarebbe invece fondamentale per gestire le emergenze.
Il tempo di attesa è un incubo e puó arrivare a più di 8 ore prima di essere ricoverati.
Ma il nodo più grave è la carenza di personale e la difficoltá del direttore del Pronto Soccorso nell’assicurare un numero adeguato di medici e infermieri. Non si tratta solo di numeri insufficienti, ma di un vero e proprio fenomeno di disaffezione e di fuga dal sistema sanitario pubblico.
La causa principale di questa emorragia è lo stress. La demotivazione è tale che molti medici preferiscono abbandonare il pubblico per cercare alternative meno stressanti e meglio remunerate.
Alla percentuale della carenza di personale va aggiunto un altro nodo relativo agli operatori sanitari che beneficiano delle “limitazioni alle mansioni”, restrizioni che impediscono agli operatori, ad esempio, di coprire turni notturni, movimentare carichi, lavorare in specifici reparti o essere reperibili, fornendo così un quadro falsato della reale disponibilità della forza lavoro.
In ultimo da segnalare la criticitá del fenomeno del “boarding”, in costante aumento, che riguarda i pazienti costretti a rimanere nei Pronto Soccorso in attesa di un posto letto, con il risultato che il sistema è paralizzato: i pazienti non vengono trasferiti nei reparti, creando un blocco che rallenta l’intero sistema.
Azione Provinciale chiede alla politica di porre l'attenzione a questi dati per poter fornire soluzioni adeguate.
Azione La Spezia