Correva l’anno 1862, non troppi mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia, quando iniziò a prende forma quella che sarebbe poi divenuta la prima grande opera del nuovo Stato nazionale; inaugurato nell’agosto 1869 dal Generale ed architetto Domenico Chiodo, è sempre stato al centro di una vincente visione strategica.
In pochi anni La Spezia richiamò un gran numero di lavoratori provenienti da tutta Italia, proiettandosi così da piccolo borgo a capoluogo di provincia, decuplicando la popolazione residente, superando i 70.000 abitanti in meno di 30 anni. Divenne in breve tempo un polo di sviluppo tecnologico e cantieristico di prim’ordine, culla di una fiorente attività culturale e turistica: la Città si era fortificata all’interno del suo argine di prestigio competendo con le principali città italiane.
Oggi la Marina Militare deve prendere atto che una grossa fetta dell’infrastruttura arsenalizia non soddisfa più le esigenze tecnico-logistico-militari e risulta in totale degrado. Sono ormai evidenti anche le scelte legate alle nuove assunzioni di personale dipendente, che palesano quella che è la reale volontà ed esigenza dello strumento militare: nessuna nuova seria ondata di assunzioni ed entro una manciata di anni in arsenale ci saranno più edifici vuoti e fatiscenti che operai.
Il buon senso del padre di famiglia, ora più che mai, deve prendere il posto delle rigide posizioni assunte negli anni da Marina Militare e Comune della Spezia: è necessario intavolare un costruttivo dialogo finalizzato alla riqualificazione degli edifici storici, delle aree che sboccano sul mare, della rete stradale interna. La città ha bisogno di espandersi a livello culturale, tecnologico e sociale; le aree in disuso dell’arsenale offrono un’occasione per entrambi gli attori di trarre copiosi vantaggi canalizzando le scarse risorse economiche esclusivamente verso quelle che sono le reali esigenze: la Marina avrebbe l’occasione di concentrarsi sullo sviluppo ed ammodernamento dello strumento militare (nuovi progetti per nuove costruzioni più adeguate e al passo con i tempi) e la città, con la collaborazione attiva degli enti locali, potrebbe riqualificare e gestire le infrastrutture ormai obsolete per la funzione militare ma interessanti per nuovi progettualità; forse la soluzione non sarà mai la cessione definitiva, bensì un affidamento per una gestione a lungo termine.
Per Fratelli d’Italia, l’Arsenale è un bene inestimabile per tutta la cittadinanza e deve tornare ad essere un crocevia di cultura, innovazione, turismo, idee, in grado di richiamare giovani e non, arricchendo quindi l’intera area spezzina con risorse intellettuali e innovative attività produttive.
La valorizzazione dell’Arsenale è un compito molto impegnativo che richiede visione, progetti, coraggio (soprattutto coraggio) e una forte solidarietà tra Amministrazione e cittadinanza; non è una questione economica bensì di volontà: imprenditori locali fremono per poter investire ed avviare cornici economiche vantaggiose per l’ottenimento del più prestigioso complesso coordinato e multi disciplinare mai visto, a livello nazionale e internazionale.
Non è accettabile quindi che si mandi al macero la storia della Spezia come effetto di una miope visione strategico-funzionale dell’impianto arsenalizio e in tal senso si potrebbe iniziare immediatamente dal recupero di tutto quanto integri un valore storico (uomini, edifici, mezzi, cimeli,…), ampliando, sviluppando e rendendo pienamente fruibile il Museo Tecnico Navale, che diverrebbe in poco tempo punto nevralgico di attrazione turistica, a integrazione, per esempio, del flusso crocieristico già presente.
Alessandro Collevecchio
per Fratelli d’Italia La Spezia