Che la sanità spezzina sia completamente allo sbando non è un fatto nuovo. Ma sono pochi coloro che ne conoscono i numeri reali, così come in pochi conoscono le condizioni in cui versano i reparti del S. Andrea e in cui opera il personale sanitario, a meno che non se ne abbia una testimonianza diretta e a quel punto l’esperienza lascia il segno. “La Spezia conta 100 operatori sanitari ogni 10 mila abitanti, contro i 153 della media regionale e i 200, il doppio, del territorio genovese, detenendo così il numero medio di operatori sanitari più basso della Liguria – afferma Piera Sommovigo – Abbiamo infatti oltre un migliaio di operatori in meno, esattamente 1100, rispetto a quelli previsti: 2100 invece di 3200”.
Dal 2019 ad oggi la situazione sanitaria pubblica in provincia è drasticamente peggiorata. “Nel 2019 come Asl 5 avevamo 510 posti letto, oggi ne abbiamo 420, ben 90 in meno. E sempre nel 2019 contavamo 1063 infermieri ridotti oggi a 1024 (- 39) e 6 ispettori della prevenzione ridotti ad appena 2 unità, di cui uno vicino alla pensione. Considerando che ben 1000 spezzini non hanno neppure il medico di base, si arriva a una conclusione semplice quanto dolorosa: la salute a Spezia non è un diritto per tutti”.
Se si aggiunge che la pandemia avrebbe dovuto, se non aumentare il personale sanitario, di certo non diminuirlo, questi numeri pesano come macigni e la domanda è “come potremmo cavarcela in caso di nuova emergenza sanitaria con così pochi medici e infermieri?”. Purtroppo non serve attendere un’eventuale nuova ondata di contagi per avere una risposta. Lo sanno bene i malati oncologici abituati all’assenza di spazi dedicati e accessi privilegiati e, tanto meno, all’assistenza domiciliare e neppure a uno specialista di fiducia, venendo seguiti ogni volta da un medico diverso. “Quando si seguono le logiche del risparmio e si sceglie la politica dell’accentramento, a pagarne lo scotto sono ovviamente i pazienti”.
Se al quadro, già desolante, si aggiungono liste di attesa infinite e specialisti in fuga, non può stupire che l’emigrazione ospedaliera, come già dichiarato, a Spezia sia tra le più alte d’Italia (99° su 107 province). “Non possiamo aspettare 5 anni, che poi diventeranno 10, per avere l’Ospedale del Felettino. È impossibile andare avanti così senza finanziamenti che sono stati invece destinati dalla Regione a strutture private. Voglio chiarire a questo punto, però, che non sono contro la sanità privata, ma per la massima incentivazione del servizio sanitario pubblico, e non solo perché non tutti possono pagarsi le cure e perché il diritto alla salute è un diritto fondamentale, ma anche perché il servizio pubblico garantisce la massima qualità, essendo sottoposto a concorsi e regole ferree”.
“Concludo, con una nota che parrebbe una barzelletta se non fosse invece l’amara realtà: la Regione Liguria sta organizzando un incontro dal titolo ‘Sanità 2022 - Dagli ospedali al territorio: cura, eccellenze, innovazione’ che si terrà il 3 giugno alle 16.30 all’Auditorium dell’Autorità Portuale a Spezia. Ebbene, dopo non aver investito neppure un centesimo su un piano infrastrutturale per il S. Andrea contribuendo di fatto ad anni di cedimenti e allagamenti vari, e dopo aver accentrato il sistema sanitario su Genova riducendo l’ospedale spezzino a un ospedale di serie B, annullando reparti e trasformandone altri in mere succursali, come pediatria, oggi per la Regione la sanità è diventata improvvisamente una questione politica. Le elezioni possono fare miracoli”.