C’è un paradosso, alla Spezia, nella vita della città e più in generale dell’intera provincia.
Questo paradosso si chiama emergenza abitativa, un fenomeno che si sta aggravando di giorno in giorno, come testimoniano impietosi i dati dei centri d’ascolto della Caritas.
Solo negli ultimi dodici mesi, infatti, le richieste di aiuto da parte di persone e di intere famiglie rimaste senza un tetto hanno raggiunto la cifra record di duecentocinquanta.
Il che vuol dire che ogni mese sono almeno venti o venticinque quanti si rivolgono alla struttura diocesana per chiedere un letto dove dormire e un tetto sotto il quale ripararsi.
Al netto delle richieste ripetute e, ovviamente, di quelle presentate direttamente ai competenti servizi dei Comuni.
Ma perché lo abbiamo chiamato un paradosso? Perché la provincia della Spezia, nonostante i consistenti flussi migratori, è in calo demografico ormai da alcuni decenni. Con alti e bassi, certo, ma con un saldo abitativo decisamente negativo rispetto agli ultimi decenni del secolo scorso.
Questo significa, ed è facile constatarlo girando per le strade, che sono tante le case sfitte, lasciate a se stesse, in periferia addirittura abbandonate.
Ci sarebbe dunque da dare risposte sufficienti a chi ha bisogno di un tetto, ma questo non avviene. E la pressione sulla Caritas e sulle altre strutture religiose non fa che crescere.
“Se dovessimo fare un bilancio di quanto sta accadendo - ha detto ieri l’altro il direttore della Caritas don Luca Palei parlando con i giornalisti - potremmo dire che un giorno sì e un giorno no riceviamo telefonate di famiglie sfrattate dall’oggi al domani.
Molte segnalazioni arrivano anche dalla rete che abbiamo con le forze dell’ordine. E spesso veniamo chiamati perché ci sono famiglie con bambini che si trovano letteralmente in mezzo alla strada“.
Le cause di questo fenomeno sono plurime: dalla crisi economica ed occupazionale a quella che, specie in alcuni settori occupazionali come il terziario e il turismo, è stata provocata dalla pandemia.
Gli sfratti sono il frutto di situazioni difficili sul piano economico, cui spesso si aggiungono quelle di famiglie in crisi.
Eppure molti appartamenti, spesso vuoti dopo la morte dell’ultimo inquilino, restano sfitti, desolatamente chiusi. “Rivolgo un appello affinché si possano trovare delle soluzioni – dice don Luca, spalancando le braccia –: la situazione infatti si sta aggravando. Il mio appello è rivolto a tutti, istituzioni e privati, in particolare a chi ha delle case sfitte”.
Nel frattempo la diocesi fa la sua parte. L’Istituto diocesano per il sostentamento del clero ha già messo a disposizione alcuni appartamenti, religiosi e religiose fanno altrettanto.
Ma i bisogni crescono e, purtroppo, non sono sufficienti le situazioni temporanee e di prima emergenza. Il rischio è anche quello di depressioni e di malattie, capaci anche di provocare ulteriori difficoltà di carattere sociale.