Il muletto, o carrello elevatore, è una delle macchine più versatili e indispensabili in un’azienda moderna ed efficiente. Nel corso del tempo ha assunto sempre maggiore importanza tanto da evolversi in diverse varianti per soddisfare particolari esigenze e permetterne un uso ancora maggiore; offre un alto rendimento e richiede un uso appropriato e responsabile al fine di evitare spiacevoli incidenti. Queste macchine possono essere alimentate in modo tradizionale con motori a scoppio diesel, benzina o gas ma esiste anche una diffusissima tipologia con motore elettrico alimentato da potenti e durature batterie che andremo ad analizzare nel dettaglio per capire il loro funzionamento.
Le batterie per carrelli elevatori reallizzate da Orzi Carrelli sono costituite da celle elettrochimiche al cui interno agiscono diverse sostanze. Il biossido di piombo rappresenta l’elettrodo positivo del dispositivo mentre il piombo spugnoso è il polo negativo; una soluzione di acido solforico è impiegata come elettrolito all’interno dell’accumulatore. La batteria, dunque, è costituita da piastre di piombo e, seppur con le modifiche apportate negli anni, mantiene lo stesso principio della pila di Alessandro Volta e più specificamente della batteria al piombo del francese Gaston Plantè del 1859. La sovrapposizione di rame e zinco della pila di Volta all’interno di una batteria moderna al piombo sono rappresentate da lastre di piombo intervallate da un separatore che solitamente è composto in polietilene o altra sostanza plastica isolante. Il piombo delle piastre immerso nella soluzione elettrolita si ammorbidisce dandogli la tipica consistenza “spugnosa” e con il processo di prima carica si da vita all’accumulatore che inizia ad immagazzinare elettricità attraverso il processo dell’ossidoriduzione. Il processo di ossidoriduzione è indotto da una fonte esterna di elettricità che permetterà ai due poli dell’accumulatore di continuare a generare nel tempo un flusso di elettroni capace di originare corrente elettrica continua utilizzabile. Durante il processo di scarica l’elettrolito reagirà con il piombo delle piastre generando solfato di piombo consumando l’acido solforico presente nella soluzione alla fine di tale processo la vita della batteria sarà giunta al termine e la tensione elettrica calerà sempre più.
Esistono numerosi tipi di batterie che attuano lo stesso principio con diversi metodi per rendere l’accumulatore più efficiente e duraturo possibile. Le batterie VRLA hanno delle tipiche valvole unidirezionali a pressione al posto dei tappi per il rabbocco e sono commercializzate con gel per immobilizzare l’elettrolito o con separatori in microfibra di vetro per trattenere meglio l’elettrolito. Le batterie al gel sono caratterizzate da uno speciale gel che ha il compito di trattenere l’acido dell’elettrolito. In questo tipo di soluzione non c’è necessità di ripristinare l’acqua durante l’operatività dell’accumulatore e senza gassificazione si previene anche la perdita o fuoriuscita dell’acido dall’involucro. Le batterie con gel hanno una durata maggiore e non necessitano di manutenzione come invece avviene per le batterie tradizionali. Il gel evita anche la formazione della stratificazione dell’acido e la creazione dei cristalli di solfato di piombo che ostacola il corretto funzionamento dell’accumulatore.
Come già accennato le batterie tradizionali, con elettrolita a base di acqua e acido solforico, tendono a sviluppare piccoli problemi che possono incidere sulla durata della batteria e sulla sua naturale funzione di immagazzinare e rilasciare corrente continua. La stratificazione dell’acido è un fenomeno che avviene nella fase di ricarica dell’accumulatore che genera acido solforico puro in prossimità delle piastre che il peso specifico maggiore rispetto all’acqua costringe al fondo dell’involucro. È necessario sottoporre la batteria a sovraccarica per permettere l’ebollizione e quindi la risalita e il rimescolamento dell’acido all’interno della batteria. La sedimentazione invece interessa il distacco di particelle attive dalle piastre durante i frequenti cicli di carica e scarica che sedimentandosi al fondo crea uno strato consistente di piombo. Se lo strato sedimentato supera la soglia del proprio alloggiamento raggiungendo le piastre può generare fenomeni di cortocircuito.