Relatore al meeting del Propeller Club, a Porto Lotti, presentato dal presidente Giorgio Bucchioni, Alessandro Becce, Ceo di FHP Holding portuale, ha proposto la sua visione sul futuro della logistica e della portualità, dopo aver reso omaggio all’ hub della Spezia (“è qui che è nata la mia carriera”) e ricordato Marco Simonetti (“che mi manca”), suscitando un prolungato applauso.
Dedicata la prima parte del suo intervento al Fondo del quale gestisce l’operatività portuale in Italia, Alessandro Becce ha subito tenuto a distinguere tra i Fondi finanziari e quelli che investono in attività, come FHP, cui fanno capo venticinque società operative con le quali fattura sette miliardi di euro e che danno lavoro a 20mila dipendenti. Nella seconda parte ha illustrato quale è il progetto e quale, in base a quello, la mission di una realtà internazionale come FHP, che ha raggiunto una posizione di rilievo nella portualità e nella logistica sia nel Mare Adriatico sia nel Mare Tirreno.
Una crescita partita dal Porto di Marina di Carrara, scalo ideale per le merci varie, che è stato il primo presidio, nel 2019, del Fondo che si è poi sviluppato nel Tirreno a Livorno e nell’Alto Adriatico a Monfalcone e a Marghera e nei quali gestisce otto terminal che movimentano 50 milioni di tonnellate e che rappresentano il 20 per cento dell’intero mercato italiano della siderurgia, dell’agroalimentare, del lapideo, del forestale e del project cargo.
Si è così costituita in pochi anni, nella logica del network, una holding con un piano sul lungo termine basato su digitalizzazione, sistemi formativi avanzati e sostenibilità ambientale, in una funzione, quella appunto delle merci varie che, accanto a quella dei container, è rilevante per la portualità italiana, tenuto conto non solo degli otto terminal in quattro presidi ma anche dei 300mila metri quadrati di aree coperte (“che corrispondono a 46 campi di calcio”), importanti anche per attivare un circuito virtuoso di riequilibrio energetico attraverso l’utilizzo di queste superfici con il fotovoltaico, insieme all’economia circolare nella gestione dei rifiuti. Che è anche la strada per superare le difficoltà nel rapporto città e porto, usciti dall’integralismo ambientale.
In parallelo alla logica del network, Alessandro Becce, ha indicato la collaborazione non solo tra i terminal nello stesso porto, come avviene a Marina di Carrara, ma anche, pur nel rispetto del principio della concorrenza, tra i porti della Spezia, Marina di Carrara e Livorno, nel Tirreno, per avviare sinergie che rappresentano un ulteriore elemento di crescita. Nel Porto di Marina di Carrara per esempio la condivisione di risorse e di servizi con gli altri terminalisti, Tarros, Grendi e Perioli, è stata realizzata proprio allo scopo di creare maggiore efficienza.
La condivisione auspicabile oltreché tra i terminalisti anche tra i tre porti del Tirreno è stata sostenuta dall’ingegner Becce sia assicurando che il Tirreno rappresenta un elemento centrale delle strategie di FHP, sia dal fatto che, ancora per esempio, dal 2019 al 2022, a FHP a Marina di Carrara ha quasi triplicato i volumi passando, grazie all’intermodale, da zero a dieci coppie di treni a settimana.
Altro elemento strategico di crescita a Marina di Carrara è il project cargo sia nei servizi sia nell’espansione ulteriore nell’oil & gas con FHP che prevede di investire 20 milioni di euro per l’espansione nell’area ex Imerys, sia nelle energie rinnovabili, nei magazzini e per il potenziamento dei mezzi.
In conclusione l’estensione del concetto di network già nell’ambito del sistema portuale del Tirreno Orientale è indicato da Becce come strumento per una gestione che dimostra di “massimizzare il valore prodotto dagli asset disponibili”.