“Ora basta, lasciate lavorare le nostre imprese!” È questo la scritta apparsa su uno striscione posizionato al di fuori dell’edificio di Confcommercio La Spezia, in via Fontevivo. Uno slogan inaugurato questa mattina alla presenza di Gianfranco Bianchi e Roberto Martini, presidente e direttore di Confcommercio Imprese per l’Italia La Spezia, i membri della giunta Confcommercio e molti imprenditori a rappresentanza di tutti i settori del commercio, dei servizi e del turismo. L’iniziativa, che si è svolta nel rispetto delle misure anti-contagio, vuole essere un segnale per dare voce a tutta l’amarezza degli imprenditori del territorio, duramente colpiti dalle restrizioni messe in atto dal Governo.
“È ormai passato un anno dall’arrivo del Covid nel nostro paese – ha detto il presidente Gianfranco Bianchi -. Ed esclusi i due mesi estivi, nessuno è riuscito a lavorare senza dover purtroppo segnare drastici cali sui propri fatturati. Pur comprendendo al massimo la necessità di tutelare la salute dei cittadini riteniamo sia giunto il momento di ridare a tutti la possibilità di lavorare, anche a quelle aziende che fino ad oggi sono state chiuse o comunque fortemente limitate. Mi riferisco in modo particolare alla filiera della cultura, dello sport, della ristorazione e del turismo. Ripartire non significa riaprire senza criterio. I protocolli ci sono. Le condizioni per poter operare in sicurezza, in ogni settore, esistono. Chiediamo che vengano istituite delle zone rosse a zona, in quelle aree dove effettivamente vi è un incremento di casi, facendo dei mini lockdown dove è necessario, ma dando la possibilità a tutti gli altri di lavorare. Chiediamo inoltre che ci sia un’accelerata nell’erogazione dei ristori e che essi siano adeguati. I ristori non devono andare solo a coloro che sono stati obbligati a chiudere, ma a tutte le attività che hanno avuto importanti cali sul fatturato e che per restare aperte si sono dovute indebitare. L’Italia – conclude Bianchi – è stato il primo paese a chiudere e a quanto pare sarà l’ultimo a riaprire. 300mila imprese sono a rischio chiusura e 200mila autonomi rischiano di perdere il proprio lavoro. Questo significa che nelle scelte governative c’è qualcosa che non ha funzionato”.
Come anticipato, all’iniziativa di questa mattina erano presenti diversi imprenditori a testimonianza di come la crisi non stia colpendo effettivamente solo quelle aziende obbligate a chiudere o fortemente limitate, ma riguardi tutti.
Vittorio Graziani, vice presidente Confcommercio e titolare concessionaria Simauto:
“Il settore automobilistico, esclusi i primi mesi di lockdwon risalenti alla scorsa primavera, non è mai stato penalizzato dalle chiusure, in quanto è stato fortunatamente considerato tra le attività necessarie. Eppure, nonostante siamo sempre stati aperti sia per quanto riguarda la vendita sia l’assistenza, abbiamo avuto considerevoli perdite. In un momento di crisi le persone sono portate a tagliare le spese più importanti e non necessarie, come le automobili. Inoltre il fatto di aver fortemente limitato gli spostamenti ha avuto come conseguenza quella di sentire meno la necessità di sostituire l’auto, oltre a non aver avuto quasi mai necessità di assistenza. Il nostro settore è un settore è solito a fare fatturati molto alti ma i margini di ricarico sono bassissimi, ecco perché anche cali di percentuali che possono sembrare all’apparenza esigue rischiano invece di farci cadere in un baratro. Ristori non ne abbiamo avuti, gli unici veri aiuti ricevuti sono stati rappresentati dagli ecoincentivi che però hanno una durata limitata e per questo ci auguriamo vengano riproposti in quanto ci hanno portato un po’ di ossigeno, anche se siamo ben lontani dal recuperare quanto perso.
Tiziano Tacchini, titolare Dimensione fitness Wellness di Ceparana:
“I centri sportivi, tolti i mesi estivi, sono in lockdown da marzo. E non abbiamo la minima idea di quando potremmo riaprire. Un problema che si sta allargando a macchia d’olio perché sono ferme le palestre, le piscine, i centri polifunzionali, ma di conseguenza tutto l’indotto che ne deriva è fermo. Che la salute pubblica sia al primo posto non lo mettiamo in discussione ma è necessario trovare le giuste condizioni per poter far ripartire questo mondo. Quello che mi sento di chiedere al Governo è di accelerare i tempi e darci modo di lavorare. Ogni giorno che passa la situazione è sempre più difficile da sostenere a livello economico. Ma il problema non è solo questo perché i centri sportivi rappresentano una parte importante del tessuto sociale, un aspetto che non va trascurato”.
Mireille Duchamp, rappresentante Alait e amministratore e direttore tecnico Union Tour di Mondotravel:
“I tour operator e gli agenti di viaggio hanno avuto un calo del lavoro dal 90 al 95%. E non da ora, ma da sempre. Non c’è stata ripresa nemmeno in quei mesi estivi dove bene o male altri hanno lavorato. Purtroppo il turismo ha preso una piega diversa questa estate. Quasi tutti i viaggiatori hanno optato per il fai da te. Molti sono venuti in Liguria conoscendo già il territorio e quindi non si sono affidati alle guide turistiche o alle agenzie. Tant’è vero che i bonus vacanze erogati dal Governo sono stati un flop. Ulteriore mazzata rappresentata dal crollo verticale della presenza di turisti stranieri, sui quali il territorio spezzino e ligure si regge principalmente. È stato un anno da dimenticare. Chiediamo urgentemente di intervenire con ristori adeguati, che fino ad ora si sono rivelati inefficaci e di accelerare la vaccinazione creando passaporti vaccinali in modo da poter viaggiare in sicurezza. Tutti i nostri comparti sono pronti per ricevere le persone nel più totale rispetto delle norme vigenti, ma sono proprio le persone che mancano”.
Serena Bertolini, guida turistica abilitata e presidente AGTL Spezia aderente a Confcommercio:
“La nostra situazione è tragica. Noi abbiamo completamente perso la stagione 2020. Abbiamo lavorato leggermente in autunno ma solo per pochissime settimane. Per il 2021 non siamo affatto tranquilli. Al momento abbiamo ricevuto già molte cancellazioni. Molto dipenderà dal vaccino. Per noi al momento lavorare è difficile perché i turisti non ci sono e quindi per sopravvivere abbiamo bisogno di aiuti. L’unico sostegno effettivo è stato quello del Mibact lo scorso dicembre ma molti miei colleghi sono rimasti esclusi in quanto avevano un codice ateco diverso da quello previsto dal bando. La nostra associazione nell’attesa di sviluppi ha ideato l’iniziativa ‘Girovagando’ che ci permette di far conoscere il territorio ai locali, ovviamente zona gialla permettendo”.
Enrico Ghironi, membro del consiglio di Federalberghi e titolare dell’Hotel Ghironi:
“Portare avanti il lavoro in queste condizioni è sempre più difficile. Inizialmente eri motivato dal fatto che determinate misure restrittive sarebbero servite per uscire da questa situazione nel più breve tempo possibile ma a distanza di un anno e con la consapevolezza che il periodo sarà ancora lungo, cominciamo a sentire la stanchezza, fisica e psicologica. Inutile dire come il settore alberghiero abbia avuto drastici cali sul fatturato. Gli hotel sono sempre rimasti aperti ma di fatto i clienti non ci sono stati. Noi, non essendo collocati in una zona prettamente turistica, lavoriamo molto con le aziende e proprio per questo temiamo che la crisi stia iniziando a farsi sentire anche nel settore industriale perché c’è sempre meno movimento. E nonostante tutto i costi continuano a esserci e stanno diventando insostenibili. Penso solo a tutte le voci presenti in una bolletta dell’energia: i consumi sono pochissimi eppure ci sono tantissimi costi fissi che fanno lievitare il costo di circa 6 volte rispetto alla spesa dei consumi. E questo è solo un esempio, che si può applicare in mille altri casi. È una situazione paradossale”.
Lidia Mineo, presidente Terziario Donna Fipe, e titolare Orange Cafè:
“Abbiamo bisogno di lavorare. Di farlo in sicurezza, rispettando tutte le normative, come del resto abbiamo fatto sin dall’inizio. E aggiungo che un po’ più di coraggio nel fare dei controlli e nell’aiutarci a far sì che tutti rispettino le regole non guasterebbe. Onestamente dover obbligatoriamente chiudere le proprie serrande alle 18 e vedere in giro maxi assembramenti per le strade fa davvero arrabbiare. Quando i locali chiudono le persone non vanno a casa, rimangono in giro. E a quel punto non c’è più l’operatore che vigilia e che possa controllare il mantenimento delle misure di sicurezza. Una volta fuori i responsabili non sono più i locali. È evidente quindi come i controlli debbano essere più adeguati e come il problema vada ricercato spesso e volentieri non all’interno delle attività, ma al di fuori. Abbiamo avuto perdite che si attestano intorno al 50% e sicuramente per i ristoranti i cali sono stati ben maggiori. Contestiamo inoltre queste aperture e chiusure continue e improvvise che non ci permettono di organizzare e programmare nulla”.
Martina Riolino, presidente Fipe giovani Confcommercio e titolare ristorante Origami:
“Nel settore della ristorazione per lavorare è essenziale poter programmare. Ma la programmazione ci è stata impedita. Queste aperture a spot ci rendono difficile fare qualsiasi tipo di progetto e quindi non riusciamo nemmeno a vedere un futuro. Abbiamo bisogno di certezze. Avremmo preferito una chiusura totale ma con la consapevolezza poter riprendere con un’apertura vera e non con una mezza misura. Questo continuo tira e molla ci rende la vita impossibile. Non riusciamo a organizzare il personale, i rifornimenti, le modalità di lavoro. Il nostro mestiere non si può improvvisare. Poter pianificare è fondamentale”.
Endrio Secondini, membro consiglio Fipe e titolare dell’Antica Hosteria Secondini:
“Ci sono troppe contraddizioni. Io non posso aprire con 30 coperti su 60, poi viene autorizzato un maxi assembramento per il derby Milan – Inter. Noi non possiamo lavorare, ma al supermercato o nei centri commerciali non c’è nessuno a contingentare gli ingressi. Per non parlare poi dell’inutilità del poter aprire a pranzo e non a cena. Per un ristorante non fa alcuna differenza. Lavorando in sicurezza e rispettando i protocolli come abbiamo sempre fatto, non si può davvero continuare a pensare che a cena il virus circoli e a pranzo no. Tra l’altro così facendo si rischia anche di perdere di credibilità. Noi ce la mettiamo tutta ma a un anno dal covid non è cambiato niente. Purtroppo nemmeno le spese e le imposte sono cambiate, che sono sempre le stesse e non sappiamo più come affrontarle”.
Laura Porcile, presidente terziario donne Confcommercio e titolare The Terminal:
“Non si possono fare progetti, né a breve né a lungo termine. Un altro discorso di cui forse se ne parla sempre troppo poco è relativo al personale. In vista della bella stagione se dovessimo riaprire dovremmo potenziarlo ma allo stesso tempo non avendo certezze non possiamo farlo. Qualche giorno fa ho parlato con il nostro fornitore di gelati artigianali e non sono stata in grado di dirgli se avrei preso o meno i gelati. Il problema enorme di noi ristoratori è anche questo. L’impossibilità di gestire, prendere decisioni e programmare il lavoro. Servono certezze.
Francesco Bellacosa, responsabile settore logistica Confcommercio La Spezia:
“Rappresento il comparto portuale, dei trasporti e della logistica. Un comparto che ha avuto la fortuna di poter operare sin dai primi giorni del lockdown ma che ha comunque risentito, come tutto il Paese, del calo delle importazioni, delle esportazioni e della produzione nazionale. Il porto della Spezia ha subito un calo dei traffici che si attesta attorno al 17 per cento. Nel secondo semestre del 2020 c’è stata una piccola ripresa ma la situazione è drammatica. All’interno del nostro sistema c’è stato un drastico calo delle attività crocieristiche. Da quasi 700mila passeggeri del 2019 ne sono arrivati 54 mila. Più del 90 per cento dei traffici sono andati persi. Il futuro è un’incognita e speriamo che ci governa possa trovare una soluzione ai nostri problemi e a quelli del paese”.
Claudio Portunato, Presidente Fnaarc Confcommercio, agente di commercio:
“Se non c’è richiesta non c’è lavoro. Noi potenzialmente possiamo lavorare ma è chiaro che a seconda dei settori ci sono più o meno problemi. Le aziende di commercio che normalmente lavorano con alberghi, ristoranti o comunque con attività legate al settore del turismo sono di conseguenza in difficoltà perché essendo quei settori in crisi, di conseguenza lo siamo anche noi. Se un ristorante non lavora è chiaro che non avrà bisogno di rifornimento. Tutta la filiera purtroppo è bloccata”.
Sabrina Canese, presidente nazionale Assofermet e titolare ferramenta:
“La nostra categoria ha sempre lavorato. Siamo stati ritenuti, sin dall’inizio, un’attività essenziale ma ora è essenziale che tutti i nostri colleghi imprenditori, che lavorano in altri settori, riprendano a lavorare. Esprimiamo la nostra solidarietà a tutte quelle categorie duramente colpite da questa situazione. Le aziende sono al collasso ed è opportuno velocizzare e veicolari gli sforzi affinché si proceda a un ritmo decisamente più serrato con le vaccinazioni. Ma nel frattempo le aziende devono essere messe in condizioni di lavorare perché a rischio c’è la tenuta economica del paese”.