Stop al pane precotto venduto sfuso, come fosse fresco di panificio. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 14712 respingendo il ricorso di una società della grande distribuzione, considerata responsabile per aver violato le norme sulla panificazione e venduto nel supermercato di una grande catena pane acquistato da una ditta estera e "ottenuto dal completamento, previa cottura, di prodotto parzialmente cotto e surgelato", privo di etichetta e di confezione.
I ricorrenti chiedevano addirittura un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per violazione dei principi in tema di libera circolazione e libero commercio.
Secondo la Suprema Corte, se l'obbligo di confezione ed etichetta è un limite alla libertà di impresa, questo è comunque giustificato dall'utilità sociale, che è quella di informare il consumatore delle caratteristiche del prodotto, come previsto dall'articolo 41 della Costituzione.
“Plaudiamo a questa sentenza – commenta il Direttore di Confartigianato, Giuseppe Menchelli - che favorisce la trasparenza e aiuta il consumatore ad acquistare con consapevolezza. Una decisione importante anche per i panificatori artigiani spezzini, al loro lavoro e alla qualità di un prodotto d'eccellenza”.
Per la categoria dei Panificatori di Confartigianato la soddisfazione di veder riconosciuto il proprio impegno quotidiano di produttori di qualità, un ulteriore passo avanti verso la trasparenza nei confronti dei consumatori e nella tutela della qualità.
Ora per Confartigianato serve una legge nazionale che riguardi le etichette e i paesi d'origine del pane precotto per tutelare i consumatori e dare l'opportunità di capire con un colpo d'occhio se stiamo acquistando pane fresco o qualcos'altro.