La richiesta vorrebbe la sospensione temporanea dei canoni di locazione, una mossa a favore dei venditori in difficoltà. Ad acuire il timore delle aziende operanti nel settore, si aggiunge la possibilità che la chiusura delle attività subisca un’ulteriore proroga a causa del persistente dilagare del Coronavirus nel nostro paese. A firmare la lettera sono state più di 50 aziende tessili, tra cui troviamo anche grandi firme come Trussardi, Valentino e Roberto Cavalli.
Come se la passano le imprese della moda in Italia
Il propagarsi del virus sta portando non poche conseguenze sull’economia italiana. Infatti, per il solo settore della moda sono previste perdite pari al 50% degli incassi nel corso del 2020. Le passerelle che erano ormai pronte da mesi sono state tutte rimandate a settembre e le serrande dei negozi continuano a restare chiuse ormai da fine febbraio. Confindustria Moda sta facendo di tutto per difendere gli interessi delle 66mila imprese che si trova a rappresentare, le quali fatturano annualmente 95,5 miliardi di euro e che danno un posto di lavoro a più di 580 mila persone. Reagire di fronte a questa situazione non è semplice ma diventa prioritario. Tra i settori su cui investire di più c’è sicuramente quello digitale che può, non solo offrire nuove opportunità di vendita, ma anche innovare prodotti e processi. Non a caso sono sempre di più le realtà che hanno puntato su questo canale già da diverso tempo. Basta pensare al network di YOOX, detentore di un portale e-commerce, dove si possono ad esempio acquistare borse online firmate, insieme a molti altri accessori e articoli di abbigliamento a prezzi spesso molto convenienti.
Dall’altro lato della medaglia, malgrado il malcontento e l’economia in stallo, si vede un’Italia unita che vuole farcela. Infatti, molte aziende hanno modificato i loro prodotti e si sono dedicate alla sartoria, realizzando camici e mascherine da donare agli ospedali. Un gesto di solidarietà e vicinanza che non è passato inosservato.
Cosa succede a livello globale
A risentire delle ripercussioni del Covid-19 non sono solo le aziende di moda italiane, ma tutte le attività a livello globale. Si tratta infatti di una crisi che vede coinvolti praticamente tutti i paesi del mondo, comprese quelle zone già segnate da povertà e indigenza. Le aziende del settore nel corso degli ultimi decenni, hanno avviato processi di delocalizzazione della produzione, aprendo fabbriche di abbigliamento in molti paesi dell’Asia, dove la manodopera e i costi sono nettamente inferiori. Oggi, i dipendenti di queste fabbriche si vedono costretti a dover lavorare nonostante la pandemia, rischiando il contagio pur di potersi assicurare uno stipendio. Il problema principale però sorge quando la linea di produzione, che viene commissionata alle fabbriche di questi paesi, non viene pagata. Di conseguenza, i proprietari delle fabbriche si trovano davanti alla bancarotta ed impossibilitati a pagare lo stipendio dei loro dipendenti. In alcuni Paesi il governo, insieme ai datori di lavoro, è tenuto a pagare almeno una parte di salario ai dipendenti, ma spesso ciò non avviene. Purtroppo in paesi come il Bangladesh, ad esempio, sono stati ritirati ordini che equivalgono a 2,6 miliardi di euro, provocando il licenziamento o la cassa integrazione non retribuita di oltre un milione di persone impiegate nel settore dell’abbigliamento. Dati sconcertanti che stanno segnando l’economia mondiale e che purtroppo continueranno ad incidere profondamente anche nei prossimi mesi.