Sarà presentato anche il libro “Illuminato Fichera. La libertà nell’era del carcere”.
Nell’epoca dei social si sta affermando quella che gli studiosi definiscono la “democrazia di opinione” che tende a celebrare i processi ed a dispensare pene sull’onda dell’emozione o, ancor peggio, in funzione del consenso elettorale. Si tratta di un fenomeno che contrasta con lo stato di diritto anche se, talvolta, lo prende a pretesto per un dibattito improntato più alla vendetta che alla giustizia. Tutto questo non può far dimenticare il tema della giustizia e, per discesa, quello delle pene fra le quali la reclusione e l’ergastolo. Da tempo, ormai, è aperto un dibattito sul carcere (e sulla qualità della detenzione) inteso come “pena incapace a rieducare” e come afflizione posta a cardine dell’intero sistema. Se ne mette in dubbio, in particolare, la centralità e gli effetti di stigmatizzazione che ne derivano. Non si tratta di temi astratti ma di problematiche che investono l’intera società in tutte le sue espressioni e che concorrono a definire la qualità del nostro ordinamento giuridico. Questi temi saranno affrontati nel corso del convegno L’uomo ed il suo reato: fine pena 9999” che si terrà venerdì 22 marzo nella Sala Dante (Via Ugo Bassi,4) con inizio alle ore 15.30. L’amministrazione comunale di La Spezia ha gentilmente concesso agli organizzatori la gratuità della sala dimostrandosi sensibile al tema.
L’iniziativa è stata voluta dall’associazione Liberarsi Onlus, da Ristretti Orizzonti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, da Lavocedegliergastolani e da Yairaiha onlus con uno scopo ben preciso: focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla centralità del carcere come pena.
Luca Bresciani (docente di Diritto Penitenziario e Procedura Penale presso l’Università di Pisa), fra i relatori del convegno, ricorda che oggi “l’intervento punitivo sconta una concezione dell’individuo come mero destinatario o di una sofferenza per il male da lui provocato o di un intervento riabilitativo che è pensato essenzialmente a ridimensionare il timore di una possibile ricaduta. Il senso della pena finisce, così, con l’esaurirsi in un assoggettamento del condannato alle ragioni del “sistema”, trascurando qualsiasi visione prospettica in grado di promuovere una ricostruzione dei legami inter-soggettivi che il comportamento delittuoso ha infranto. Dunque la pena che non ha perduto significato e funzioni, (specie se dura) continua a svolgere anche nel mondo contemporaneo il ruolo di strumento privilegiato in una logica di prevenzione e di giustizia retributiva a vantaggio delle vittime. Ma, perché possa essere adeguatamente valorizzato il “senso” della pena, deve assumersi come condizione di credibilità la capacità dello Stato-punitore di saper garantire condizioni di vita carceraria il più possibile consone alla dignità umana di ogni detenuto: la dignità come diritto personale fondamentale che la Costituzione protegge: «Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità umana».
La riflessione verterà, dunque, sul carcere non come momento di pura afflizione ma come opportunità di rieducazione. Si ascolteranno non solo studiosi, giuristi ed operatori del settore ma anche testimonianze dirette di chi il carcere lo ha vissuto nell’espiazione di una pena.
Il programma prevede interventi di Licia Vanni (responsabile trattamento casa circondariale La Spezia) Deborah Cianfanelli (avvocato ma anche membro del direttivo del Partito Radicale) Daniel Monni (studioso di diritto penale), Pasquale Zagari (ergastolano), Ornella Favero (direttrice di Ristretti Orizzonti), Giuliano Capecchi (Presidente Associazione Liberarsi) e Nadia Bizzotto (Comunità Papa Giovanni XXIII) ma anche di Carmelo Musumeci (ergastolano che durante la detenzione ha conseguito tre lauree ed è autore di diversi romanzi e pubblicazioni).
Nell’ambito del convegno sarà presentato il volume “Illuminato Fichera. La libertà nell’era del carcere” firmato da Daniel Monni e Carmelo Musumeci.