"Avevo 42 anni, ero battezzato ma non praticavo la fede cristiana. Negli occhi di Caviezel-Gesù ho visto gli occhi di un Altro che cercava i miei, un intenso sguardo d'amore che ha colmato quel desiderio incompiuto di felicità che mi portavo dentro da anni, un desiderio bello e scomodo come una sete. Quell'esperienza straordinaria mi ha trapassato il cuore, posso dire che la mia conversione vera è cominciata lì, a Cinecittà dove Gibson aveva scelto, oltre che a Matera, di girare la Passione di Cristo. Da allora la mia esistenza è cambiata radicalmente, Gesù è diventato il compagno quotidiano della mia vita, ho finalmente deciso di sposare Maria, la donna con cui convivevo da circa 15 anni e da cui avevo avuto tre figli, ho fatto tantissime serate in tutta Italia raccontando quanto mi era successo sul set e facendo amicizia con migliaia di persone che venivano ad ascoltarmi. Contemporaneamente ho pagato a caro prezzo la mia conversione: contratti disdetti, emarginazione da molti circuiti artistici, una sorta di sottile mobbing lavorativo di cui non ho mai capito il perché". Ora Sarubbi si cimenta con una nuova avventura e dopo molti anni torna in scena con "Il mio nome è Pietro", un monologo su testi di Giampietro Pizzol e con la regia di Otello Cenci. È la storia dell' uomo scelto da Gesù per guidare la prima comunità cristiana; interrogato dai sacerdoti del Tempio di Gerusalemme dopo il suo primo miracolo, rivive i tre indimenticabili anni trascorsi con il Maestro che gli aveva cambiato il nome e la vita. Lo spettacolo – che ha debuttato in giugno al festival Desidera di Bergamo – dopo due applauditissime esibizioni con "tutto esaurito" al Meeting di Rimini arriva a Porto Venere dove sabato 28 giugno prossimo alle ore 21.30 viene messo in scena nella splendida cornice di Piazza San Pietro con lo scopo di raccogliere fondi per la riparazione Chiesa di San Pietro. In caso di pioggia lo spettacolo si terrà presso la Chiesa di San Lorenzo. Racconta, in un susseguirsi di episodi dove l'intensità drammatica lascia a tratti spazio a note di sana comicità, la vita di un uomo in cui lo spettatore può rivedere i difetti, le fragilità e le attese di ciascun uomo: Simone è affascinato dallo sguardo del Messia, decide di seguirlo ma continua a interrogarsi su chi sia davvero quello strano personaggio, fa i conti con una suocera che non manca di mettere in evidenza i suoi limiti, resta senza fiato quando Gesù lo mette a capo della Chiesa nascente, rinnega il Maestro ma non riesce ad abbandonarlo. E dopo la Resurrezione, quando viene chiamato a rendere conto davanti ai sapienti del Tempio della guarigione miracolosa operata su uno storpio, non può fare altro che raccontare il miracolo della sua conversione. "A Pietro è accaduto ciò che è accaduto a Zaccheo, alla Samaritana, a Matteo, e che viene riassunto in maniera magistrale da Sant'Agostino: "Visus est et vidit", fu guardato e allora vide, divenne capace di guardare se stesso e la realtà in una maniera radicalmente nuova. Se ci pensiamo bene, ci accorgiamo che il Vangelo è pieno di quegli sguardi d'amore con cui Gesù fissava coloro che incontrava. A me è accaduto di fare la stessa esperienza, per questo ho deciso di cimentarmi con un'esperienza teatrale non facile ma che racconta un po' anche di me. E ho scoperto quanto sono vere le parole di papa Francesco: il cristianesimo non è una questione di convinzione, ma di attrazione". "Il mio nome è Pietro", in fondo, è proprio questo: l'eccezionale avventura di un misero pescatore e il fascino dell'incontro con un Maestro che gli ha sconvolto la vita affidandogli un compito vertiginoso di cui non si sentiva degno: uno spettacolo d'uomo, raccontato da un uomo di spettacolo. Pietro Sarubbi, 52 anni, ha lavorato in teatro con Zeffirelli, Lavia, Kantor e Finzi Pasca, nel cinema con Salvatores, Marco Risi e Nanny Loy. John Madden lo ha scelto per "Il mandolino del capitano Corelli" e Mel Gibson per il ruolo di Barabba ne "La Passione di Gesù". In televisione ha preso parte a numerosi film e fiction e a spettacoli come Zelig, Casa Vianello e Camera Cafè. Dal 2007 insegna alla Civica Scuola di Cinema di Milano. Il testo di "Il mio nome è Pietro" e la genesi dello spettacolo sono raccontati nell'omonimo libro scritto da Giampietro Pizzol e Pietro Sarubbi e edito da Mimep-Docete.