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L'Arsenale e la città: dal piccolo borgo agricolo alla città industriale In evidenza

La data del 14 aprile 1862 segna per la città della Spezia una svolta socio-culturale ampia e molto rapida, vediamo perchè.

La data del 14 aprile 1862 segna una svolta socio-culturale ampia e molto rapida per la nostra città. La posa della prima pietra dell’Arsenale Marittimo portò un territorio rurale dall’uso della zappa, dei mulini ad acqua e dei telai a mano a quello della draga a vapore. 

L’impatto fu emotivo, ma anche ambientale e sociale. L’area in cui stava sorgendo l’Arsenale era pari a dieci volte la superficie dell’abitato della Spezia di allora, giungendo fino a Rebocco e Marola su tutta la Piana di San Vito. 

Tutte le attività economiche allora presenti ne giovarono, tranne il turismo. Al visitatore, infatti, si presentava un panorama ben diverso rispetto al passato, quando un piccolo borgo di mare si affacciava su un golfo incontaminato. Un grande cantiere che occupava la pianura e le falde delle colline, imponeva una serie di divieti e restrizioni che scoraggiavano i turisti. 

Ma nella nostra città in questo periodo si registrò una controtendenza rispetto al resto del Paese, dove migliaia di persone stavano emigrando verso le Americhe e il Nord Europa. La Spezia nel 1862 divenne la nuova frontiera, una sorta di “far west italiano”, che vide un aumento demografico rapido e repentino, paragonabile solo alle città del Nuovo Mondo. Le autorità dovettero anche ridurre gli afflussi da Lunigiana e Garfagnana, la cui popolazione più giovane si trasferiva nel Golfo alla ricerca di un futuro più sicuro e stabile dal punto di vista economico. I giornali nazionali parlavano spesso della Spezia e nell'immaginario collettivo era un sogno che si avverava: il riscatto del Bel Paese, per secoli colonizzato e ridicolizzato dalle potenze straniere!

La popolazione spezzina in soli venti anni passò da 11.000 abitanti del 1861 a 31.000 del 1881, continuando a crescere con questo ritmo ancora per molti decenni. Una delle conseguenze fu l’ampliamento dell’agglomerato urbano, tendenza che portò non pochi problemi dal punto di vista sociale e sanitario. La crescita interessò anche gli altri borghi del Golfo, segno che la costruzione dell’Arsenale aveva avuto un forte impatto economico su tutto il territorio.

Secoli di immobilismo vennero improvvisamente ribaltati dal piano di sviluppo pensato da Domenico Chiodo e messo in campo, dopo la sua morte, dalla Marina Militare e dal Comune. Venne costruito il collegamento ferroviario con Genova, effettuata la regimazione delle acque, furono edificati  nuovi quartieri residenziali e popolari, oltre che un sistema di fortificazioni unico al mondo, con vie di accesso rotabili, area artigianale e industriale per piccole imprese, costruzioni edili, cantieristica navale, porto mercantile. 

Il polo militare-industriale che stava nascendo dal nulla alla Spezia ad opera dello Stato, impiegò la scarsa forza lavoro disponibile sul posto e ne richiamò in grande numero da tutto il Paese. Tuttavia venne lasciato poco spazio al privato, in quanto per la maggior parte questo cambiamento venne gestito dallo Stato o da forze straniere, provocando una sorta di torpore dell’iniziativa privata locale che, malgrado in possesso di ottime conoscenze tecniche, non riuscì mai ad affermarsi, forse anche a causa di una certa cultura rurale che era più orientata verso un salario fisso. 

Nonostante la città apparisse vivace, la ricchezza non era molto diffusa in quanto la maggior parte della popolazione era costituita da operai con salari bassi che patirono molto l’aumento del costo della vita. Inoltre, la costruzione dell’Arsenale e delle fortificazioni portarono alla nascita di un sistema fondato su numerosissime piccole imprese che non raggiunsero mai dimensioni importanti. 

I tempi di costruzione furono incredibilmente serrati: nel 1869 l'inaugurazione dell'arsenale, nel 1885 il completamento delle 46 fortificazioni, delle mura cittadine e la diga foranea subacquea che permise di ampliare il porto commerciale, il quale assorbì come forza lavoro coloro che, al termine delle grandi opere pubbliche militari, persero la loro occupazione. 

La produzione di navi da guerra proseguiva spedita, prima presso l’arsenale e poi nei cantieri navali civili, portando la Marina italiana alla fine del XIX secolo ad occupare una posizione di eccellenza in Europa, quasi al pari della Francia. 

Alla Spezia c’erano le spiagge e la passeggiata: il mare era parte integrante del paesaggio e della vita quotidiana. Successivamente, però, con l’ampliamento del porto e l’arrivo delle grandi industrie, gli sbocchi a mare sparirono progressivamente, ed oggi rimangono un ricordo sbiadito su fotografie in bianco e nero. 

A fine secolo si rese necessario anche collegare il Golfo a Parma e al nord Italia per supportare lo sviluppo del polo industriale e del porto. Genova e Livorno temevano questa espansione e fecero di tutto per rinviare opere come la ferrovia Spezia – Parma. Una volta realizzata la linea,  questa ebbe un impatto sociale ed economico enorme sulla Lunigiana, paragonabile a quello della base navale sul golfo: gran parte della popolazione si spostò a valle e nacquero nuovi centri urbani. Questo portò allo spopolamento di numerosi borghi montani, e anche un poco a dimenticare l’antica via Romea o Francigena, percorsa per secoli da migliaia di pellegrini in cammino verso Roma.

(Testo liberamente tratto da un articolo di Silvano Benedetti)

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