Domani alle 19.00 al Bar' Akk di san Terenzo, si terrà l'incontro con la giornalista del Secolo XIX Sondra Coggio che presenterà "Chiamatela Amelia: bastardelli spezzini fra '800/ '900". Cinque Terre edizioni. Un tempo l'abbandono dei figli era motivato da una società che non ammetteva la procreazione fuori dal matrimonio, ma anche dalla miseria: eliminare una bocca era una scelta obbligata per garantire la sopravvivenza delle altre e accanto all'ingresso di orfanotrofi e brefotrofi un era collocata "la ruota", una bussola rotante che permetteva di introdurre i neonati nell'ospizio in completo anonimato, abolita ufficialmente nel 1923.
In molti casi i genitori non abbandonavano l'idea di poter rintracciare i propri figli in un futuro migliore, per cui lasciavano segni particolari: una medaglia tagliata a metà, l'immagine di un santo, un foglio con una frase, un biglietto con il nome imposto.
Attingendo all'archivio della Provincia, del Comune e delle biblioteche della Spezia Sondra Coggio, cronista del Secolo XIX e già collaboratrice dell'agenzia ANSA, ha ricostruito la storia degli "esposti" spezzini corredandola di una ricca documentazione fotografica che parte dall'800. "Impossibile riconoscere qualche storia privata – spiega la giornalista - Nella storia non vi è alcun nome vero. Gli orfani ebbero nomi alla moda del tempo. Se il commissario in servizio al momento amava la musica, dava ai bambini nomi di musicisti famosi. Se era attratto dalla natura, sceglieva nomi legati agli alberi, ai prati, alle stelle. Nell'epoca colonialista i commissari scelsero parole altisonanti, come Vittoria, Vincita, Leonetta».