La cartografia storica, se ben interpretata, permette di ottenere moltissime informazioni utili al recupero paesaggistico e architettonico di luoghi dalla grande valenza storica e culturale. La geografia generalmente è intesa come disciplina didattica, mentre è importante sottolineare anche l’aspetto legato allo studio geografico contemporaneo delle trasformazioni del territorio nel tempo per dare base scientifica alle scelte future di gestione paesaggistica e del patrimonio culturale.
Il tema è stato trattato durante il seminario “Dalla mappa al territorio” proposto dal Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali – DUSIC dell’Università di Parma, che ha permesso di mettere a confronto geografi, storici, storici dell’arte, archeologi, urbanisti, architetti, geologi e naturalisti per far emergere esperienze applicative in cui le fonti geografico-storiche possano attivare saperi utili a indagare il territorio e le sue vocazioni ambientali. In particolare, si è riflettuto sul ruolo della cartografia a grande scala, spesso inedita e manoscritta ma dalle grandi potenzialità documentarie, custodita nei più svariati archivi.
Tra i relatori del Convegno, anche gli spezzini Professoressa Luisa Rossi, geografa docente e ricercatrice universitaria, e Stefano Danese, esperto di storia militare e Consigliere della Proloco del Golfo.
La Professoressa Rossi ha spiegato che il Dipartimento dell’Università di Parma ha ereditato il gruppo di ricerca che alcuni anni fa è stato attivato con un dottorato che aveva sede presso l’Università di Genova ed era diretto dal Prof. Massimo Quaini, studioso del paesaggio e del territorio ligure. “Ho partecipato al Dottorato come docente, coinvolgendo alcuni studenti spezzini. Il Prof. Quaini è mancato alcuni anni fa, per cui il dottorato si è concluso. Alcuni ex allievi hanno vinto docenze a Parma, che è quindi diventata il nuovo punto di riferimento di noi geografi spezzini”.
Il Convegno si è sviluppato in due sezioni. Una prima dedicata al territorio spezzino, dove il Prof. Carlo Gemignani e la spezzina Valentina De Santi hanno illustrato che cosa è stato fatto fino ad ora sullo studio delle dinamiche ambientali e paesaggistiche nel territorio spezzino e di Porto Venere basandosi sulle informazioni tratte dalla documentazione archivistica militare di MARIGEMINIL. “Si sta lavorando su questo tema da una quindicina di anni – ha spiegato la Professoressa Rossi – però purtroppo quello che viene prodotto a livello scientifico, rimane avulso dalle scelte politiche e dalla conoscenza dei cittadini. Al Convegno abbiamo invitato tra i relatori anche non accademici per sottolineare l’importanza del legame tra scienza sociale e studi locali”.
Stefano Danese, Consigliere della Pro Loco del Golfo, ha proposto un intervento sul ruolo della cartografia storica e della ricerca archivistica per il recupero architettonico di manufatti storici. La Pro Loco, infatti, ha tra i suoi soci e consiglieri anche esperti che, attraverso lo studio e la valorizzazione di archivi pubblici e privati locali e centrali, hanno portato a valorizzare e riscoprire documentazione storica inedita, diventando un punto di riferimento per la ricostruzione di fatti e infrastrutture del recente passato.
Attraverso questi studi, svolti negli ultimi 20 – 30 anni, sono stati resi disponibili al Comune della Spezia documenti e disegni utili ad un corretto recupero della Batteria Valdilocchi, come ha spiegato Stefano Danese: “Ho analizzato accuratamente la cartografia storica relativa alla batteria studiando documenti non solo appartenenti alla mia collezione privata, ma anche alcune interessanti carte custodite presso MARIGEMINIL e l’Archivio di Stato di Roma. Con l’ausilio delle planimetrie e delle sezioni di progetto originali è stato possibile ricostruire fedelmente lo schema distributivo e funzionale della batteria. Nella planimetria si può apprezzare l’originale distribuzione degli spazi al piano terra e la funzione attribuita a ciascuno di essi. Senza questi importanti documenti originali, il manufatto sarebbe rimasto una scatola vuota, mentre ora è possibile apprezzarne il corretto funzionamento. Grazie all’intervento del Comune abbiamo così riscoperto una parte della nostra storia.”
Stefano Danese ha spiegato che la costruzione della Batteria Valdilocchi fu iniziata nel 1880, inserendosi nel sistema fortificato Ottocentesco del golfo della Spezia per la difesa della piazzaforte marittima. Il manufatto era organizzato su due livelli praticabili: il piano terra con i locali logistici, il piano superiore con le piazzole delle artiglierie, mentre un terzo livello, interamente interrato, ospitava le cisterne con il sistema per la raccolta e la depurazione delle acque piovane.
Disarmata all’inizio della Prima Guerra Mondiale per inviare i pezzi di artiglieria al fronte orientale, fu utilizzata come polveriera negli anni ’20 del XX secolo e poi danneggiata dalle truppe tedesche in ritirata al termine della Seconda Guerra Mondiale.
La batteria venne così abbandonata, uscendo progressivamente dal circuito dei luoghi vissuti della costa orientale del Golfo della Spezia. La vegetazione ha ricoperto gradualmente la struttura. Entrata nella disponibilità del Comune della Spezia nel 2018, la Batteria Valdilocchi è stata oggetto di un progetto di ristrutturazione e rigenerazione che, muovendo dallo studio e dalla riscoperta della storia, ha restituito quest’architettura militare alla città.
Molto interessante l’intervento presentato dalla Professoressa Luisa Rossi riguardante parte di uno studio più vasto, pubblicato nel libro edito dall’Istituto Geografico Militare “La misura del paesaggio”. “Occupandomi di geografia, ho studiato il caso della brigata napoleonica che, su incarico di Napoleone, realizzò rilievi geografici nel golfo spezzino. Ho ricostruito la vicenda consultando gli archivi parigini, ricostruendo l’intera vicenda della quale ci interessano i rilievi, il primo esempio di cartografie a curve di livello di un territorio vasto, ovvero tutto il comune di Porto Venere, da Fezzano al Tino e Tinetto, compreso il versante esterno delle falesie, delle ‘rosse’ e delle ‘nere’, fino a Tramonti.
L’eccezionalità di questo rilievo, legato alla costruzione di un medio arsenale tra il Varignano e Le Grazie, era finalizzato a realizzare un plastico del territorio da poter studiare poi a Parigi: Napoleone, che non è mai venuto alla Spezia, voleva capire come era strutturato il territorio. Per realizzarlo, la brigata napoleonica ha prodotto molti disegni, acquarelli, spaccati, alzati annotando persino il colore delle facciate delle case di Fezzano. Nelle carte troviamo addirittura la posizione e la distribuzione dei muretti a secco, che ci ha permesso di capire cosa si è conservato fino ad oggi e cosa varrebbe la pena riprendere. La cartografia fornisce infatti importanti informazioni sulle quali basare la progettazione del territorio e il restauro e valorizzazione dei manufatti storici”.
Hanno completato la sezione dedicata al territorio spezzino Daniela Pittaluga e Claudia Marchini, del Dipartimento di Architettura dell’Università di Genova, che hanno proposto un intervento sulle fortificazioni spezzine sottolineando il legame tra fonti storiche ed archivistiche, che definiscono indirette, e l’analisi diretta sul campo, per confrontare la conformazione originale e attuale dei luoghi, ai fini dell’esecuzione di un corretto restauro. Recentemente è stata compresa l’importanza anche di edifici di architettura “minore”, come ad esempio le batterie, in quanto parte integrante della storia del nostro territorio.
La Professoressa Rossi ha aggiunto che la seconda parte degli interventi non hanno riguardato il territorio spezzino, ma che è stato interessante capire come la cartografia storica è stata utile ad altri territori e allo sviluppo delle metodologie di gestione degli stessi. “Leonelli ha presentato una relazione sull’evoluzione delle frane nel tempo. Ferrario ha lavorato sui paesaggi agrari delle Cinque Terre e del Veneto. Alessia Morigi e Filippo Fontana sui canali tombati della città di Parma”.