Inizia con i rintocchi delle campane di San Bernardo alla Chiappa il “racconto autobiografico” che il giornalista Enrico Colombo ha dato alle stampe proprio alla vigilia del recente 25 aprile, il giorno che ricorda la fine della guerra. Il titolo del libro, infatti, insieme al suo contenuto, ci riporta indietro di ottant’anni, al tragico e purtroppo indimenticabile, per chi lo ha vissuto, periodo bellico: “La guerra raccontata attraverso gli occhi di un fanciullo”.
Colombo, negli ultimi decenni, è stato una delle “voci” più caratteristiche ed amate di Tele Liguria Sud, la televisione diocesana spezzina. Ha condotto trasmissioni molte delle quali in diretta, ha fatto interviste, ha espresso opinioni, ha raccontato storie. Ora ha deciso di scrivere, e di raccontare se stesso. Di questo va ringraziato, perché non c’è nulla di più efficace e di più espressivo, nel racconto di tragedie come quella della guerra - che tutto il territorio spezzino fu costretto a subire e a patire sino all’ultimo giorno - del ricordo di quanti quelle vicende le vissero in prima persona. Ed è interessante cogliere in quegli “occhi di fanciullo”, insieme sgomenti ed indagatori, le radici di una vocazione, quella di un giornalismo che comprende il dovere e l’importanza di narrare i fatti così come sono. Sapendo che non bastano le condanne esplicite e pur doverose nei confronti di chi sganciava bombe su obiettivi “civili” o di chi mitragliava senza risparmio persone inermi.
Alle tragedie, poi, spesso se ne uniscono altre, come quella della morte della mamma in un letto di ospedale, raccontata con parole struggenti. Racconto al quale seguono le parole finali: “Devi difendere questi tesori che sono e saranno la fonte di energia cui attingere e dissetarti, per affrontare i giorni che verranno con il coraggio che solo i grandi dolori sanno infondere”.
(Egidio Banti)