fbpx

Accedi al tuo account

Nome utente*
Password *
Ricordami

Da un’idea nasce un romanzo, un viaggio appassionante ci racconta come In evidenza

di Anna Mori – In questa scoperta ci accompagna Giacomo Pinelli, scrittore da 25 anni e organizzatore di laboratori di scrittura creativa.

Giacomo, classe 1975, ha scelto alcuni anni fa di spostarsi da Milano e stabilirsi nel paese del nonno paterno, in Alta Lunigiana. Per quattro anni ha svolto l’incarico di direttore editoriale per la Fedelo’s Editrice di Parma e della White Books. E’ co-fondatore del circolo culturale ‘Giro di Parole’ e del Laboratorio Artistico Permanente ‘La Mistica del Tuono’. Al suo attivo diversi romanzi pubblicati e sceneggiature teatrali.

Organizza laboratori di scrittura creativa nelle scuole medie e superiori, e recentemente anche su piattaforma online, e ha tenuto lezioni a studenti universitari sull’arte di scrivere. E’ il creatore di ‘Scrivere la fantasia’, ‘Pagine da imbrattare’ e ‘Retrospettiva ‘900’, workshops di scrittura creativa per le scuole e per gli adulti in Lombardia, Toscana e Liguria.

Ha condotto il laboratorio dedicato alle scuole per il progetto ‘Sicura…mente Donna’, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Uciim.

Ha realizzato video tutorial sulla scrittura creativa per l’associazione ‘Sono in Movimento’, che si occupa di persone affette da sclerosi multipla.

Lo abbiamo incontrato per capire come può nascere un romanzo e come ci si può avvicinare al mondo della scrittura.

I canoni legati alla vita attuale pongono piuttosto per il rapido, il veloce, la vita nelle grandi città, lei ha fatto la scelta contraria, ovvero di dedicarsi ad una professione che richiede lentezza e riflessione trasferendosi in un piccolo centro, perché?

E’ vero la vita contemporanea impone ritmi serrati anche in provincia. Vengo da una grande città come Milano perché ero in cerca di una vita più lenta. Dedicarsi alla scrittura impone una ricerca interiore, una documentazione che inevitabilmente porta a dilatare il tempo. E’ buffo però pensare che quando ho un romanzo che mi solletica e dei personaggi che mi chiedono di essere raccontati, il tempo si confonde. Quindi scrivo sempre, scrivo anche di notte, scrivo in qualsiasi momento, anche quando sembra che il tempo non ci sia. E soprattutto, cosa importante, cerco di rimanere in contatto con il mio romanzo anche quando non scrivo materialmente.
Dico sempre che si scrive anche quando non si sta scrivendo. Essere ricettivi e cogliere quegli aspetti della vita quotidiana che possono essere travasati nel romanzo è fondamentale. Come diceva lo scrittore Tabucchi “Prima di essere un’antenna trasmittente, lo scrittore è un’antenna ricevente”. Quindi bisogna essere curiosi e assorbire tutto quello che capita attorno a noi e dentro di noi per poi riuscire a trasporre, anche in minima parte, nelle nostre pagine.

Come e quando ha capito che quello che avrebbe voluto fare nella vita è scrivere?

Il romanzo che mi ha spalancato le porte della scrittura è “Narciso e Boccadoro” di Herman Hesse che ho letto tra i 16 e i 17 anni. Ho letto qualcosa prima, ma quel romanzo mi ha davvero messo in contatto con delle vibrazioni interiori che evidentemente non conoscevo. Quindi ho iniziato a scrivere brevi racconti che erano mere imitazioni di ciò che avevo letto e ho assorbito tutto il mondo di questo straordinario scrittore e lentamente ho cercato uno stile mio. Ho sempre amato scrittori che magari si differenziavano anche dal mio stile come Kerouac, Hemingway, Kundera, Fenoglio o Tabucchi. Ho cercato di pescare, anche inconsciamente, elementi di questi maestri della letteratura per poi creare uno stile personale. Di Herman Hesse si tende a ricordare soprattutto “Siddharta” che è un grande romanzo, però per il mio sentire “Narciso e Boccadoro” è stata la svolta.

Cosa significa quindi oggi essere uno scrittore?

Essere uno scrittore oggi è essere uno scrittore di qualsiasi epoca. Si raccontano storie, si cercano, è un lavoro di attesa, di ricerca, anche di frustrazione. Quando i personaggi iniziano a solleticarmi le caviglie perché vogliono essere raccontati, a quel punto mi devo arrendere e cercare di raccontarli nella maniera più personale possibile, con parole mie, originali. L’errore più grave è rifugiarsi in espressioni preconfezionate, plastificate, che si sentono sempre in giro. Questo lo dico sempre ai ragazzi delle scuole perché è un concetto importante: dentro di noi abbiamo le parole per raccontare qualsiasi tipo di esperienza, emozione, sogno, situazione. Saranno nostre e saranno originali e dunque belle. Quando invece ci rifugiamo dentro espressioni che conoscono tutti, come in una sorta di pigrizia, non si rende merito alla letteratura e alla parola stessa. E poi bisogna curare tanto i dialoghi perché come facciamo parlare i nostri personaggi fa la differenza.

Più si è aderenti alla realtà e si capisce la situazione e come i personaggi devono parlare in quel determinato frangente, più si avvince il lettore. Perché chi ci legge si può ritrovare in quello che stiamo raccontando e se c’è un’immedesimazione, si spinge il lettore ad accompagnarci fino alla fine della nostra storia, convincendolo a compiere quel gesto fondamentale che è girare pagina e continuare a leggerci, perché altrimenti lo si perde e perdere il lettore è ciò che di più brutto può succedere ad uno scrittore.

Cosa vuol dire per lei incoraggiare gli aspiranti scrittori?

Non so se si diventa scrittori o se è una condizione esistenziale che è già in noce dentro di noi. Anche se non avessi mai scritto una pagina, sarei lo stesso uno scrittore perché ciò che mi piace e mi gratifica è raccontare storie. Una bella storia non significa una storia a lieto fine o soltanto solare, significa invece andare a sondare tutte le pieghe della condizione umana, delle storie degli uomini, raccontare le storie piccole dentro la storia grande. Questo è quello che mi affascina da sempre. Quindi essere scrittore oggi credo che sia paragonabile ad una risposta universale senza tempo e cioè sentire la necessità e la bellezza di raccontare storie. E’ quello che poi dico a tutti quelli che si approcciano alla scrittura e chiedono il mio aiuto, che partecipano ai miei laboratori o mi sottopongono i loro romanzi.

Oltre a sentire queste storie, bisogna anche capire quello che agitano dentro di noi, perché spesso si finisce per parlare di quello che più ci preme, da altre situazioni, da altre scene, da altri momenti. Il percorso è arzigogolato, non è mai una linea dritta. E’ importante rimanere sempre in contatto con le proprie storie, i propri personaggi. Poi va a scelte personali: ci sono tutt’oggi romanzieri che cercano di trasmettere una morale, uno stile di vita. Io non ho mai creduto in questo, nel romanziere che insegna la vita.

Possono essere i personaggi che creiamo che danno una visione dell’esistenza e questo avviene in maniera naturale quando costruiamo un personaggio, però è importante che sia lui a parlare, non l’autore stesso, altrimenti si crea quell’effetto di ‘saggio’, di ‘persona illuminata’ che si può trovare anche al bar, o piuttosto in piazza, quella persona che ti vuole insegnare la vita. Non credo che questo sia il ruolo dello scrittore però per ognuno è diverso. Quindi il consiglio che do a chi si approccia alla letteratura naturalmente, come primo elemento indispensabile, è cercare la propria voce leggendo e scrivendo tanto, allenando le parole a trovare il coraggio di uscire. E poi si può raccontare veramente di tutto, la storia di un bottone che cade da un tavolino, ad esempio, può essere più avvincente di un’epopea di pirati e avventurieri, l’importante è scriverla bene, affascinare il lettore, mantenerlo ancorato alla nostra storia. Si può scrivere anche di mondi che non esistono e che ci siamo immaginati, l’importante è che il lettore ritrovi qualche caratteristica dell’essere umano dentro la nostra trama e a quel punto lo hai conquistato.

Ha qualche segreto da svelarci su come fai a capire chi ha talento?

Il talento è sfuggente, si può intuire da piccoli elementi, da un incipit particolare. Mi capita spesso, soprattutto nelle scuole, di intravvedere il talento in certe frasi strutturate bene, nella scelta e nella cura delle parole, nelle carezze che si fanno alle parole che si scelgono. Ci sono frasi semplici che arrivano senza bisogno di artifici, quindi si intuisce li.
Dato che la letteratura è un lavoro di ispirazione e talento, ma anche di tanto artigianato, nella cura che ci si mette ad affinare un proprio testo, ho visto molte persone creare una bella idea e trama e poi non riuscire a completare il lavoro, per pigrizia o mancanza di fiducia, o perché qualcosa li distraeva. Si ha l’impressione che più si mette e meglio sia, e invece non è così. Arrivare all’essenziale è difficilissimo, implica riletture, mettere in dubbio fino all’ultimo qualsiasi elemento della propria narrazione. A me è capitato di eliminare dei personaggi che fin dall’inizio vivevano nelle pagine del mio romanzo, poco prima di andare in stampa, perché mi sono reso conto che appesantivano il testo e non servivano. E’ una questione di coraggio che si acquisisce con il tempo. Piano piano bisogna affinare il nostro stile e le nostre storie arrivando a raccontare quello che vogliamo con le parole essenziali. Ovviamente è un processo molto lungo.

Cosa direbbe a chi aspira diventare scrittore?

Rimanere in contatto con le proprie storie e i personaggi anche quando non si ha materialmente il tempo o la voglia di mettersi davanti ad una pagina bianca. Trattare bene la parola ed essere credibili e aderenti alla realtà. Questo si ottiene soprattutto, a mio parere, attraverso i dialoghi ed espressioni che siano nella semplicità ma assolutamente originali. E poi essere curiosi e onnivori nella scelta delle letture, documentarsi, lasciarsi anche sorprendere, perché ci sono modi diversi di approcciarsi alla stesura di un racconto o di un romanzo.
C’è chi predilige preparare una scaletta ed essere fedele fino in fondo a questa, oppure c’è chi si lascia una possibilità di variare e magari anche di stravolgere una trama, quando arrivano idee e intuizioni che non erano previste. E quindi essere assolutamente ricettivi verso il mondo esterno, verso noi stessi e i personaggi. Una volta costruiti dei personaggi, una volta che gli si è dato corpo e profondità, i personaggi diventano creature, abbiamo creato qualcosa che prima non c’era. Se io immagino un personaggio con delle caratteristiche, con un modo di camminare, con una luce particolare negli occhi, con un nome, l’ho creato perché pochi minuti prima non esisteva e quindi è un atto di creazione.

Può succedere che siano proprio i personaggi a portarci in luoghi che noi non conoscevamo o contemplavamo. Bisogna essere bravi a mantenere un equilibrio tra ciò che il personaggio ci può far scoprire, tenendo noi il controllo. Sembra assurdo, ma a volte i personaggi scivolano in situazioni e in direzioni che non sappiamo gestire. Può capitare che gli affidiamo delle caratteristiche che poi stonano con ciò che si voleva dire. Bisogna sempre essere in contatto con le proprie storie. Questo implica una grande fatica mentale ed emozionale, ed è proprio per questo che non tutti scrivono perché non sentono questo bisogno, è qualcosa che a tratti va scovato, stimolato, stanato. Allora anche nei momenti in cui non arrivano le pagine buone che rimarranno nel nostro racconto, è fondamentale rimanere in contatto con la nostra storia.

Lei organizza anche tanti laboratori di scrittura creativa, perché?

I laboratori che ho iniziato a proporre nelle scuole anni fa sono un serbatoio di energia e sorpresa e non smettono mai di stupirmi. Proprio perché incontro persone di diversa età, sempre in un momento della loro vita fondamentale in cui la necessità di potersi esprimere ed essere liberi nella fantasia, di immaginare storie e di renderle su carta e raccontarle è primario, anche se loro non si rendono conto. Dico sempre che non insegno a scrivere perché dopo vent’anni io stesso sto ancora imparando a scrivere. Cerco piuttosto di metterli in contatto con la propria fantasia e creatività. Questo credo sia fondamentale a prescindere da quello che vorranno fare nella vita, scrivere o meno. Gli spazi di creatività aiutano davvero a sentirsi più in contatto con sé stessi.

I laboratori sono rivolti a tutti perché possono stimolare la propria voglia di immaginare, di acchiappare le parole che stanno attorno a noi e poi di regalarle agli altri. Una storia è nostra fino a che la stiamo scrivendo, ma poi c’è il momento dello stacco, anche doloroso, si può creare una sorta di quasi instabilità quando si capisce che si deve affidare la storia al mondo, agli altri. Si spera che la leggano in tanti, ma anche se dovessero leggerla solo due persone, non sarà più nostra e c’è la quasi matematica certezza che chi legge la masticherà in maniera diversa da come l’abbiamo ideata. Quindi, si condivide, non è più solo nostra e questa è la conclusione di un percorso. Ed è meraviglioso perché abbiamo regalato agli altri la nostra creatività, la nostra fantasia. I personaggi, che un istante prima non esistevano e a cui abbiamo dato corpo e profondità, ora cominciano ad esistere, li abbiamo portati in fondo con caparbietà, con la voglia di mettere in discussione le nostre stesse parole, le nostre pagine e questo è sorprendente. E’ bello vedere un’idea che nasce, si sviluppa, che cambia e che manda in crisi e che infine viene raccontata. E’ un percorso creativo e anche spirituale.

È GRATIS! Compila il form per ricevere via e-mail la nostra rassegna stampa.

Gazzetta della Spezia & Provincia non riceve finanziamenti pubblici, aiutaci a migliorare il nostro servizio con una piccola donazione. GRAZIE

Vota questo articolo
(0 Voti)
Redazione Gazzetta della Spezia

Redazione Gazzetta della Spezia
Via Fontevivo, 19F - 19123 La Spezia

Tel. 0187980450
Email: redazione@gazzettadellaspezia.it

www.gazzettadellaspezia.it

Articoli correlati (da tag)

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

Studio Legale Dallara

Informiamo che in questo sito sono utilizzati "cookies di sessione" necessari per ottimizzare la navigazione, ma anche "cookies di analisi" per elaborare statistiche e "cookies di terze parti".
Puoi avere maggiori dettagli e bloccare l’uso di tutti o solo di alcuni cookies, visionando l'informativa estesa.
Se invece prosegui con la navigazione sul presente sito, è implicito che esprimi il consenso all’uso dei suddetti cookies.