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Da Bardine a Vinca: le stragi nel settore occidentale della Linea Gotica per le quali nessuno, o quasi, ha mai pagato In evidenza

Presentato il libro di Daniele Rossi “La giustizia negata” al Centro Sociale Anziani di via Corridoni

Grande interesse, e anche molta commozione e indignazione, al Centro Sociale Anziani di via Corridoni per la presentazione, a cura delle Sezioni ANPI Centro, Muggiano e Fivizzano-Casola e dell’Associazione Culturale Mediterraneo, del libro di Daniele Rossi “Le stragi nazifasciste rimaste impunite nel settore occidentale della Linea Gotica”. All’iniziativa, presente un pubblico numeroso, sono intervenuti anche Carmine Mezzacappa, autore della Prefazione al libro, e il vicesindaco del Comune di Fivizzano Giovanni Poleschi.


Giorgio Pagano, presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo e co presidente del Comitato Unitario della Resistenza, storico, ha presentato il libro evidenziando innanzitutto che in tutte le stragi, tranne la prima a Bardine di San Terenzo Monti, parteciparono i fascisti in una tragica emulazione con i tedeschi: “Alla base degli orrori nazisti vi furono gli ordini di Hitler del novembre e dicembre 1942 e poi l’ordine di Kesselring del 1° luglio 1944, in cui il principio della rappresaglia soppiantò quello della lotta militare contro i partigiani; alla base degli orrori fascisti vi fu il decreto di Mussolini del 18 aprile 1944, che inserì tra i soggetti da condannare a morte non solo i partigiani e i renitenti alla leva repubblichina, ma anche tutti coloro che li sostenevano”.

 

Si fece anche di peggio, sterminando centinaia di innocenti, che nulla avevano a che vedere con la lotta partigiana: “Furono giorni di estrema violenza, di caccia bestiale all’uomo, alla donna da violentare, al bambino da scaraventare in aria e da uccidere a mitragliate”. Pagano ha poi ricordato i dati nazionali: 23 mila morti, uccisi in 5.222 stragi e uccisioni. Oltre il 20% è da attribuirsi ad azioni fasciste, il 14% ad azioni congiunte di fascisti e nazisti. A livello statistico, ad ogni episodio organizzato dai nazisti corrispondono 4,44 vittime, mentre se l’azione è organizzata congiuntamente dai fascisti e dai tedeschi, si arriva a 6,15 vittime per episodio. “Chi scampò ai massacri – ha affermato Pagano – ricorda il dialetto carrarino, o massese, o garfagnino degli assassini”.


Daniele Rossi, dopo aver sottolineato lo stretto rapporto tra Resistenza spezzina e Resistenza lunigianese – su 51 partigiani caduti nel territorio del Comune di Fivizzano 9 erano spezzini, tra cui Ottavio Manfroni detto “Spesa”, da cui trasse nome la Brigata “La Spezia” della Divisione “Lunense” – si è soffermato sulle stragi principali, citando documenti e testimonianze e illustrando immagini strazianti: Bardine, 159 innocenti uccisi; Vinca, 147 morti, 196 considerando gli altri eccidi di quei giorni; e poi Tenerano, Regnano, Bergiola Foscalina, Fosse del Frigido. E prima ancora Forno, autori i tedeschi e i fascisti della Decima Mas.


“A Bardine – ha spiegato Rossi – i fascisti furono chiamati dai nazisti solo ad assistere, una sorta di ‘zuccherino’, poi furono chiamati a partecipare in prima persona, tant’è che la strage di Vinca, dove non operavano partigiani, fu dovuta probabilmente, per ragioni di rancore personale, alla volontà del fascista di Carrara Giovanni Bragazzi”. Ma, per fare un esempio, “nessuno dei nazisti condannati per le stragi di Bardine e di Vinca ha mai fatto un giorno di carcere, perché la Germania nel dopoguerra non concesse mai l’estradizione”. E i fascisti, “grazie all’amnistia, pur condannati all’ergastolo, fecero pochissimi anni di carcere: Bragazzi cinque, altri meno, tutti gli altri non arrivarono a sei o sette”.


“Prevalse la ragion di Stato – hanno sostenuto Pagano e Rossi –, l’estradizione era sgradita sia ai tedeschi che agli italiani, perché la Germania Ovest doveva entrare nella Nato e perché, se l’Italia chiedeva l’estradizione, doveva poi concederla per i fascisti italiani autori delle stragi di cui chiedevano l’estradizione i greci, gli albanesi… Prevalse, inoltre, una malintesa volontà di pacificazione: le amnistie, a partire da quella di Togliatti, furono gestite in modo tale da garantire l’impunità per molti e l’assoluta continuità dello Stato”. “Il fascismo non è mai morto – ha concluso Rossi – qualcosa abbiamo sbagliato, dobbiamo reagire e ricreare l’unità degli antifascisti”.

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