Una foto vista tante volte sulla pagina social della Società Marittima di Mutuo Soccorso di Lerici, un Tricolore che racconta una storia di Resistenza e di coraggio.
"Questa bandiera è importantissima per la nostra storia e oggi la vogliamo riproporre- racconta Bernardo Ratti, presidente della Mutuo Soccorso- è la bandiera che la Marittima issò nuovamente dopo la Liberazione".
"Per qualche anno non fu esposta alcuna bandiera fuori della Sede in quanto la Società si rifiutò di esporre il tricolore con lo scudo sabaudo, mai issato dalla Marittima. Le autorità dell'epoca convocarono la Dirigenza chiedendo espressamente di esporre la Bandiera ufficiale quale obbligo. Fu risposto che la bandiera era il Tricolore senza croci e con a fianco la bandiera di Genova, la Croce di San Giorgio, unica croce ammessa dalla Società".
Prosegue Ratti: "La Marittima era stata fondata da Democratici repubblicani, e ancora nel ventennio la maggioranza dei soci era d'ispirazione democratica, magari tanti non impegnati politicamente, tanti che pensavano solo agli imbarchi, al lavoro, tanti erano sempre in navigazione, ma la linea era quella.
Le autorità lericine dell'epoca minacciarono la chiusura della Società, ma dovettero desistere sia per il rischio di ostilità dei cittadini (tutte le famiglie avevano a che fare con la Marittima, punto di riferimento dei Naviganti già da decenni) sia per l'intervento dell'armatore Gio Batta Bibolini, legato alla Società.
Non fu comunque più esposta alcuna bandiera sino alla Liberazione, tranne per qualche occasione speciale (ad esempio il Nastro Azzurro di Tarabotto, socio, che lo dedicò alla Società) ma sempre senza scudo.
La Marittima fu sopportata per anni: le autorità fecero buon viso a cattivo gioco, ma tanti soci erano tenuti sotto controllo, anche a bordo dei vari 'vapori' per via delle loro continue frequentazioni con gli Stati Uniti e l'Inghilterra prima della guerra. Tra questi il Comandante Ugo Faridone, che alla fine della guerra rischiò per l'aiuto agli Ebrei".
"Questi episodi, ben conosciuti, ci furono confermati da Michele Baracchini, Direttore di Macchina, Presidente sino al 1991, vecchio liberale, che all'epoca era già socio. Nei verbali dell'epoca è stato scritto lo stretto indispensabile...", conclude Bernardo Ratti.