Raccontare la storia di due pontefici entrambi viventi, immaginare di poter spiare le loro conversazioni private e filmare dialoghi a cui nessuno ha avuto l’opportunità di assistere è un progetto ad alto rischio. Poteva finire in un disastro e, invece, il film I due papi ha già conquistato la critica in attesa della prova del pubblico (Il film è in esclusiva al Nuovo per soli tre giorni: Lunedi 2 dicembre ore 15.30 e 21.15 - Martedi 3 ore 15.30 e 21.15 - Mercoledi 4 alle ore 15.00).
Il merito va in buona parte all’interpretazione dei due attori protagonisti: Anthony Hopkins nel ruolo di Benedetto XVI e Jonathan Pryce in quello di papa Francesco (al quale, tra l’altro, assomiglia moltissimo).
Ma anche alla sceneggiatura di Anthony McCarten (lo stesso di Bohemian Rhapsody e La teoria di tutto) che sfrutta al massimo il potenziale di un confronto fra due personalità e due visioni praticamente agli opposti. Che si tratti di grandi questioni di dottrina cristiana, come di minuzie della vita quotidiana. Da un lato, il papa tedesco che calza babbucce rosse, beve aranciata e ama la musica classica, dall’altro il pontefice argentino che indossa scarpe consumate da predicatore, beve vino rosso e canticchia brani pop.
Il film abbraccia il periodo che va dalla morte di Paolo Giovanni II e dal successivo conclave del 2005 che portò all’elezione di Joseph Ratzinger alle sue dimissioni nel 2013 e alla successiva elezione al soglio pontificio di papa Francesco con flashback sul passato di Bergoglio, in particolare, sugli anni della dittatura militare in Argentina (Bergoglio è stato più volte accusato di essere stato in qualche modo connivente con il regime di Videla).
Ma dà il meglio nei momenti di dialogo faccia a faccia tra i due pontefici. In particolare, il loro incontro a Castel Gandolfo immediatamente prima delle “dimissioni” di Benedetto XVI.Con Bergoglio che arriva a Roma deciso a chiedere il permesso di rinunciare alla toga cardinalizia e che si trova, in modo del tutto inatteso, a fronteggiare un pontefice determinato a fare di lui il proprio successore.
Anthony Hopkins e Jonathan Pryce sono mostruosamente bravi. E questo non sorprende. Mentre del tutto inaspettati sono certi scambi brillanti che strappano la risata. Come nella scena in cui Benedetto XVI è forzato a seguire le perentorie istruzioni del suo conta-passi (Anche un papa deve obbedire e non solo alla voce di Dio). O come quando Francesco gli accenna il motivo di Eleanor Rigby dei Beatles, e Ratzinger domanda: “Eleanor chi?”.