Alle ore 17.30 presentazione del libro con Massimo Cervelli (storico del calcio) e Edoardo Molinelli autore del libro “Cuori Partigiani. La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana” (Hellenation libri, 2019).
Alle ore 20.00 cena sociale (menù completo a 20 euro, studenti e precaro a 15 euro, info e prenotazioni al 329.0099418).
Alle 21.30 "Storia di una Repubblica", spettacolo a cura di Teatro della Resistenza, con Dario Focardi (voce) e Davide Giromini (voce, chitarra, fisarmonica, diamonica).
Ingresso libero
Info e prenotazioni al 3290099418
Scheda libro "Cuori partigiani"
Cosa hanno in comune Giacomino Losi da Soncino, detto “core de Roma”, secondo solo a Totti e a De Rossi per presenze con la maglia giallorossa, e Raf Vallone, definito “l’unico volto marxista del cinema italiano” per la sua carriera cinematografica eppure anche capace, da calciatore, di alzare la Coppa Italia vinta dal Torino nel 1936?
Cosa rende simili l’attaccante Carlo Castellani, bandiera dell’Empoli, e il mediano Bruno Neri di Faenza, nel giro della nazionale dopo aver militato nella Fiorentina e nel Torino?
Tutti questi atleti, non c’è dubbio, presero a calci un pallone nemmeno lontanamente paragonabile alla sfera non più di cuoio con cui al giorno d’oggi si gioca negli stadi di tutto il mondo. Ma oltre a questo, tutti loro, mentre sull’Italia fischiava il vento e infuriava la bufera dell’occupazione nazifascista, compirono la stessa scelta fatta allora da migliaia di ragazzi nel paese: lasciarsi tutto alle spalle per imbracciare il fucile e combattere contro tedeschi e fascisti.
Inizia in questo modo la storia mai raccontata dei Campioni della Resistenza: calciatori-partigiani come Armando Frigo, capace di segnare una doppietta con un braccio mezzo ingessato in un memorabile Vicenza-Verona 2 a 0 e poi fucilato dai tedeschi dopo aver eroicamente difeso il passaggio montano di Crkvice, in Jugoslavia; o come la bandiera lariana Michele Moretti, comunista e membro del gruppo partigiano che il 28 aprile del 1945 giustiziò Benito Mussolini in nome del popolo italiano.
Le gesta dei calciatori partigiani, raccontate con sapiente partecipazione da Edoardo Molinelli, attingendo al cuore del più popolare tra gli sport, danno un contributo speciale alla stessa comprensione della Resistenza come fenomeno di massa. E, finalmente, iscrivono la vita vera dei grandissimi ma spesso misconosciuti protagonisti di questo libro a una sola, grandissima squadra: quella che si riconosce nei colori della giustizia sociale e della libertà.
EDOARDO MOLINELLI - Pratese, classe 1981, scrive di calcio e politica su Minuto78. Fondatore e curatore del primo blog italiano dedicato all’Athletic Club di Bilbao, ha pubblicato per Hellnation Libri – Red Star Press il volume Euzkadi. La nazionale della libertà (2016).
Scheda spettacolo "Storia di una Repubblica"
In Storia di una Repubblica c'è il pallone, lo sport più amato dagli italiani italiano. C'è il pallone eppoi c'è la Resistenza. E i due si confondono nel racconto perché entrambi sono “giochi” collettivi e in un continuo intrecciarsi gli affetti e i ricordi della guerra si mescolano all’odore del prato e alle linee bianche di gesso del campo di un calcio ancora povero e pieno di passione.
In Storia di una Repubblica ci sono 2 microstorie di pallone ascoltate attraverso i racconti estivi di mio nonno.
Così emergono con forza le veglie, i canti, l’odore e il sapore di una stagione, quella dell’infanzia, che non dovremmo dimenticare mai, perché è da essa che nasce il nostro imprinting verso le emozioni del mondo. Ecco, sì, Storie di una Repubblica è la storia di un nonno che amava il pallone e che amava la Resistenza. Storia di una Repubblica è la storia di Bruno Neri che morì da calciatore partigiano. Questo spettacolo è dedicato a quelli come loro.
Da una intervista a Dario Focardi: “L’idea Storia di una Repubblica nasce nella primavera del 2010, dopo che mio nonno, classe 1915, partigiano ferroviere, come scriveva lui, se ne era andato a gennaio di quello stesso anno. In quel momento ho sentito il bisogno di mettere in fila le storie che mi raccontava nelle lunghe estati che passavo con lui al mare da bambino, di metterle in fila e di raccontarle agli altri. Come potrete immaginare non sono chiaramente tutte quelle che mi ha raccontato, ma sono quelle che più mi hanno segnato e che mi hanno fatto percepire da bambino cosa fosse stata la lotta partigiana. Però, in Storia di una Repubblica, c’è anche il pallone perché mio nonno era un grande tifoso e andava allo stadio fin da giovane almeno fin quando gliel’hanno permesso i fascisti e così ci sono i portieri con i berretti in testa, i palloni cuciti a mano, le scarpe con i chiodi di ferro e i grandi primi stadi costruiti dal fascismo per il Mondiale del 1934, primo fra tutti l’odierno Comunale di Firenze, che fu ideato dall’architetto Pierluigi Nervi e che era intitolato a Giovanni Berta. Quindi c’è il pallone e poi c’è la Resistenza, poi ancora la Resistenza e poi ancora il pallone e le due cose si confondono nel racconto perché entrambi sono “giochi” collettivi, e così, in un continuo intrecciarsi di piani e contenuti, gli affetti e i ricordi della guerra si mescolano all’odore del prato e alle linee bianche di gesso del campo di un calcio che allora era ancora povero e pieno di passione. In Storie di una Repubblica ci sono tre storie di pallone ascoltate attraverso i racconti estivi di mio nonno ed è da quei racconti estivi che emergono con forza le veglie, i canti, l’odore e il sapore di una stagione, quella dell’infanzia, che non dovremmo dimenticare mai, perché è da essa che nasce il nostro imprinting verso le emozioni del mondo. C’è il racconto della Partita della Morte, c’è l’ultimo spezzone del grande Arpad Weisz l’allenatore magiaro del Bologna ‘che tremare tutto il mondo fa’ e che fu ucciso in un campo di concentramento perché ebreo, e poi c’è Bruno Neri. Ecco, se c’è una cosa di cui sono sicuro rispetto a questo spettacolo è che quando ho cominciato a scriverlo esso sarebbe dovuto essere la storia di un nonno che amava il pallone e che aveva fatto la Resistenza, poi mano a mano che ci lavoravo sopra esso è diventato la storia di Bruno Neri, che morì da calciatore partigiano. Quel che posso dire è che questo spettacolo è dedicato a Bruno e a mio nonno perché senza quelli come loro oggi non saremmo liberi”.